Spesso nel leggere questa celebre parabola evangelica ci soffermiamo sulla visione umanistica del talento, inteso come quel dono o quelle capacitร che abbiamo e che siamo invitati a mettere a frutto. Questa lettura, perรฒ, รจ troppo riduttiva e moralistica. Rileggendo con attenzione il testo, ci rendiamo conto che il centro di tutto sta nella fiducia โrischiosaโ che il padrone mostra ai suoi servi sin dallโinizio, affidando a ciascuno di loro una fetta importante delle sue ricchezze.
Si discute sul valore effettivo di questa unitร monetaria, il talento, ma a dire degli studiosi, il valore di uno di essi si aggirava ai tempi di Gesรน attorno a qualche decina di chilogrammi dโoro. Certamente somme a sei zeri! Questo padrone, in altre parole, dร in mano ai servi ingenti capitali.
ร cosi che fa Dio con ciascuno di noi: Egli non vuole di fronte a sรฉ degli esecutori inermi, ma creandoci come esseri intelligenti, relazionali e con il dono grandioso di una volontร libera ci rende suoi interlocutori, chiamati a cooperare con la nostra vita ai doni della grazia. Dio dona a tutti la sua grazia, il tesoro piรน prezioso del suo amore e della sua amicizia, ma aspetta da ciascuno di noi che questi doni vengano accolti e messi a frutto.
I doni di Dio, diversi per ciascuno, a seconda della sua generositร e dei suoi disegni, rappresentano per noi esseri umani delle grandi responsabilitร . Ogni dono, se ci pensiamo bene, perchรฉ abbia un valore, porta con sรฉ un grande carico di responsabilitร e deve essere messo in uso. Nessun dono bello e funzionale puรฒ essere tenuto chiuso in un cassetto!
E in effetti, i primi due servi questo lo hanno ben compreso: hanno colto il valore del dono e hanno saputo essere coraggiosi, pieni di spirito di iniziativa e di inventiva, tanto da farne aumentare il valore. Cosรฌ accade nella nostra vita quando riconoscendo i doni di Dio, li mettiamo a frutto, servendo lui e i fratelli con generositร e senza paura di sbagliare. Sin da bambini ci insegnavano: chi fa puรฒ sbagliare, mentre chi non fa sbaglia sempre!
Ed รจ proprio di fronte allโimmobilismo del terzo servo, che per paura nasconde il dono ricevuto, che il padrone fa emergere tutta la sua severitร . Lโuomo, quando รจ paralizzato dalla paura di sbagliare e teme la sua stessa ombra, finisce per chiudersi persino di fronte ai doni di Dio, li seppellisce e non li mette a frutto nรฉ per sรฉ nรฉ per gli altri.
Questo accade quando si ha una concezione sbagliata di Dio: non si riconosce la sua generositร nel concedere i suoi doni e si rimane bloccati su un concetto del Dio giudice-vendicatore. La paura paralizza lโamore e finisce per allontanare dalla vera amicizia con Dio. ร questo il rischio di una religiositร formale, priva di iniziativa, che ingabbia Dio negli schemi rigidi e del dovere, spegnendo ogni slancio dโamore.
Leggendo questa parabola tutti noi oggi dovremmo domandarci: come vedo Dio nella mia vita? ร un padre amorevole, che si fida di me e mi vuole far crescere nel suo amore oppure รจ il giudice temibile che รจ pronto a condannarmi per i miei errori? Questa parola oggi ci ricorda che peggio dellโerrore e della caduta cโรจ solo lโimmobilismo, la paralisi del cuore, segno di mancanza di amore!
