Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 19 Novembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: โœ Mt 25, 14-30

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Spesso nel leggere questa celebre parabola evangelica ci soffermiamo sulla visione umanistica del talento, inteso come quel dono o quelle capacitร  che abbiamo e che siamo invitati a mettere a frutto. Questa lettura, perรฒ, รจ troppo riduttiva e moralistica. Rileggendo con attenzione il testo, ci rendiamo conto che il centro di tutto sta nella fiducia โ€œrischiosaโ€ che il padrone mostra ai suoi servi sin dallโ€™inizio, affidando a ciascuno di loro una fetta importante delle sue ricchezze.

Si discute sul valore effettivo di questa unitร  monetaria, il talento, ma a dire degli studiosi, il valore di uno di essi si aggirava ai tempi di Gesรน attorno a qualche decina di chilogrammi dโ€™oro. Certamente somme a sei zeri! Questo padrone, in altre parole, dร  in mano ai servi ingenti capitali.

รˆ cosi che fa Dio con ciascuno di noi: Egli non vuole di fronte a sรฉ degli esecutori inermi, ma creandoci come esseri intelligenti, relazionali e con il dono grandioso di una volontร  libera ci rende suoi interlocutori, chiamati a cooperare con la nostra vita ai doni della grazia. Dio dona a tutti la sua grazia, il tesoro piรน prezioso del suo amore e della sua amicizia, ma aspetta da ciascuno di noi che questi doni vengano accolti e messi a frutto.

I doni di Dio, diversi per ciascuno, a seconda della sua generositร  e dei suoi disegni, rappresentano per noi esseri umani delle grandi responsabilitร . Ogni dono, se ci pensiamo bene, perchรฉ abbia un valore, porta con sรฉ un grande carico di responsabilitร  e deve essere messo in uso. Nessun dono bello e funzionale puรฒ essere tenuto chiuso in un cassetto!

E in effetti, i primi due servi questo lo hanno ben compreso: hanno colto il valore del dono e hanno saputo essere coraggiosi, pieni di spirito di iniziativa e di inventiva, tanto da farne aumentare il valore. Cosรฌ accade nella nostra vita quando riconoscendo i doni di Dio, li mettiamo a frutto, servendo lui e i fratelli con generositร  e senza paura di sbagliare. Sin da bambini ci insegnavano: chi fa puรฒ sbagliare, mentre chi non fa sbaglia sempre!

Ed รจ proprio di fronte allโ€™immobilismo del terzo servo, che per paura nasconde il dono ricevuto, che il padrone fa emergere tutta la sua severitร . Lโ€™uomo, quando รจ paralizzato dalla paura di sbagliare e teme la sua stessa ombra, finisce per chiudersi persino di fronte ai doni di Dio, li seppellisce e non li mette a frutto nรฉ per sรฉ nรฉ per gli altri.

Questo accade quando si ha una concezione sbagliata di Dio: non si riconosce la sua generositร  nel concedere i suoi doni e si rimane bloccati su un concetto del Dio giudice-vendicatore. La paura paralizza lโ€™amore e finisce per allontanare dalla vera amicizia con Dio. รˆ questo il rischio di una religiositร  formale, priva di iniziativa, che ingabbia Dio negli schemi rigidi e del dovere, spegnendo ogni slancio dโ€™amore.

Leggendo questa parabola tutti noi oggi dovremmo domandarci: come vedo Dio nella mia vita? รˆ un padre amorevole, che si fida di me e mi vuole far crescere nel suo amore oppure รจ il giudice temibile che รจ pronto a condannarmi per i miei errori? Questa parola oggi ci ricorda che peggio dellโ€™errore e della caduta cโ€™รจ solo lโ€™immobilismo, la paralisi del cuore, segno di mancanza di amore!

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