Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 15 Agosto 2023

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Nella solennità dell’Assunzione di Maria la Chiesa ci invita a contemplare la conclusione della vita terrena della Beata Vergine, un evento pasquale, in cui – colei che è ricolmata del favore divino – realizza in se il frutto maturo della gloria, partecipando pienamente della risurrezione del Figlio.

Qualcuno ama definire questa solennità come “la Pasqua di Maria”: essa infatti è la trasformazione che la vita della Madre ha subito nella luce della Pasqua di Gesù. I nostri fratelli orientali chiamano questa ricorrenza “dormitio Mariae”, per indicare come la sua morte sia stata più un addormentarsi nel Signore, che quell’evento drammatico di dissoluzione che è la morte umana.

Riflettendo attentamente su tale mistero, che ci supera infinitamente, possiamo certamente concludere che se Cristo, vero Dio e vero uomo, come chiaramente rivelato nei Vangeli ed oggetto della nostra fede, è passato per la morte fisica per poi risorgere al terzo giorno, anche sua Madre, benché preservata da ogni macchia di peccato originale e attuale, ma sempre creatura umana, ha dovuto passare attraverso un’esperienza mortale.

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Tale passaggio, però, è stato certamente singolare, privo della corruzione tipica dei corpi creati, più in linea con un transito dalla vita terrena alla vita eterna, non solo con l’anima, ma subito anche con il corpo, una specie di trasformazione o di ingresso in una dimensione nuova e luminosa. Ed ecco che accanto alla tradizione orientale, si inserisce quella più occidentale che definisce questo evento come assunzione di Maria al cielo.

Guardando con i nostri occhi mortali in questa abbondanza di luce, nonostante l’infinito superamento della nostra comprensione, possiamo scorgervi alcuni forti spunti per la nostra vita di fede. In Maria Assunta nella gloria siamo anzitutto chiamati a riconoscere che la nostra patria è nei cieli: ogni creatura umana è creata e pensata per il cielo. La vita terrena è l’inizio di questo percorso, ma essa si compie nella piena comunione con Dio nell’eterno. A questa sorte gloriosa – come già accaduto in pienezza per Cristo Gesù e per Maria – sono chiamate non solo le anime, ma anche i corpi, di cui nel Credo noi professiamo che alla fine dei tempi risorgeranno.

In questa luce emerge fortemente l’attenzione che noi cristiani rivogliamo alla dimensione fisica: il corpo non è un accessorio secondario, qualcosa da usare ed abusare a nostro piacimento, ma vero tempio dello Spirito, disegnato per la gloria. Quello che Maria è già ora, per singolare privilegio, saremo anche noi alla fine dei tempi, quando anche i nostri corpi risorgeranno nella gloria.

Maria, infine, ci indica la via: la sua fede obbediente e incondizionata, sin dal sì all’Angelo, passando per il nuovo sì sotto la croce del Figlio, fatto di dolore e di offerta, fino alla conclusione della sua vita terrena, è stata la porta attraverso la quale è entrata abbondante la grazia, quella vita divina che si è poi realizzata in pienezza nel frutto della gloria in cui ora è immersa e verso la quale attrae tutti noi con la sua bellezza.

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