Lo schiaffo del vangelo
โSe non fai il bravo, guarda che passa il vescovo!โ
In passato con questa espressione popolare lโadulto, in genere il genitore o un parente, richiamava il piccolo a comportarsi bene, pena una bella sberla! Si tratta dellโantichissimo metodo educativo attraverso la minaccia della punizione, che resiste in tutte le epoche, e si trova in tutte le culture. Ma cosa cโentra il vescovo?

Lโespressione fa riferimento al piccolo โschiaffoโ che il Vescovo dava nellโamministrare il Sacramento della Confermazione. Dopo aver impresso sulla fronte del cresimando una croce con lโolio del Crisma, il vescovo dava una leggera sberla sulla guancia. Era lo stesso schiaffo dellโantica investitura militare che in questo caso richiamava il cresimato al compito di sentirsi โsoldatoโ di Cristo. La liturgia con il tempo ha sostituito lo schiaffetto con una piรน evangelica stretta di mano, accompagnata dalle ancor piรน evangeliche parole โla pace sia con teโฆโ.
Ma quello schiaffetto del rito di una volta (per fortuna decaduto molto prima anche della mia Cresima), rimane ancora nella memoria dei piรน adulti, e perdendo il suo significato rituale, รจ diventato simbolo di punizione, anche divina. Sembra proprio che la minaccia di una punizione sia ancora ben radicata nel nostro modo di sentire e vivere la religione e il rapporto con Dio. Bisogna ammettere che lo stesso brano del Vangelo di Matteo di questa domenica, tende a rafforzare questa convinzione della religione fondata sulla minaccia della punizione e sulla promessa di un premio.
Ma siamo sicuri che sia cosรฌ? Dio ci attrae a sรฉ con la paura della punizione? Gesรน รจ venuto per mettere in guardia i suoi discepoli e noi che se non facciamo i bravi finiamo male, e se ci comportiamo bene saremo premiati? Gesรน parlando ai suoi discepoli alla vigilia del suo cammino di passione, morte e resurrezione, usa un linguaggio forte e legato anchโesso (come in tutte le altre parabole) allor stile oratorio del suo tempo. Lโimmagine del giudizio finale con pecore e capri divisi, e che รจ stato rappresentato migliaia di volte nelle raffigurazioni dellโarte, in realtร non ci parla dellโaldilร ma dellโaldiquร , di noi ora che siamo in vita. Non รจ una immagine che vuole fare paura, ma che vuole colpire per rivelare.
Siamo tentati di fissare la memoria solo sulle ultime parole del brano evangelico โโฆe se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eternaโ, ma la vera novitร , il vero Vangelo, sta in altre parole: โlo avete fatto a meโฆโ e โโฆnon lo avete fatto a meโ. Ecco la vera rivelazione del Vangelo, che scardina la religione della minaccia e del premio, ma ci dice il โperchรฉโ fare il bene e โperchรฉโ non fare il male, e non sta nella minaccia di punizione o nella promessa di un premio.
Ogni atto di amore che facciamo ha giร dentro il premio, nellโistante stesso in cui lo facciamo: รจ lโincontro con Dio stesso, giร ora, in colui a cui facciamo quellโatto dโamore. E ogni atto violento e di male che facciamo รจ giร una punizione, perchรฉ arriva a evitare Dio, a non incontrarlo anche se lo abbiamo a portata di mano.
Il Vangelo ci rivela che Dio non รจ lontano e dietro un alto bancone in stile giudice televisivo, impegnato solo a pigiare il bottone di premio o esclusione, ma รจ nel mio prossimo, specialmente nel piรน debole che ha fame, sete, รจ straniero, povero, ammalatoโฆ e Dio รจ persino in colui che ha sbagliato. Il โperchรฉโ della nostra fede non sta nella minaccia, ma รจ nella possibilitร reale e concreta di incontrare Dio! La nostra รจ una religione della relazione non del conflitto.
Se cโรจ uno schiaffo valido in questa domenica, รจ proprio in quelle cinque parole (come le dita della nostra mano): โlo avete fatto a meโ, che cambia Dio con noi, e cambia anche le relazioni tra di noi, e puรฒ cambiare il mondoโฆ
Se davvero superassimo la logica del premio e della punizione, lasciandola agli show televisivi, ma accogliessimo lo stile dellโincontro con Dio giร ora, davvero tutto cambierebbe non solo in cielo ma soprattutto qui sulla terra.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)
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