Se serve, ci sono

Oggi Gesรน davvero rischia tanto con quello che diceโฆ
Rischia di risultare fortemente ingiusto e anche contraddittorio!
โBeati voi poveriโฆโ sono le parole con cui inizia a rivolgersi ai suoi discepoli, rincarando poi con i successivi โbeati voi che avete fame e voi che piangeteโฆโ.
ร questo il messaggio del Vangelo? Gesรน invita alla sopportazione della povertร senza impegnarci a combatterla? Gesรน invita a non far nulla per chi รจ nella miseria economica e per chi soffre fame e tristezza?
Gesรน appare quasi contradditorio quando sembra voler bilanciare il โbeatiโฆโ con lโaltra espressione che รจ โguai a voiโฆโ, e qui condanna i ricchi, coloro che sono sazi e quelli che ridono. Perchรฉ sono da condannare tutti coloro che hanno dei beni, magari accumulati in modo onesto con il lavoro? E perchรฉ รจ un male avere la pancia piena e soprattutto che male cโรจ nel ridere?
Forse questi miei dubbi sono comuni a quelli di altri che si pongono tanti interrogativi riguardo queste righe del Vangelo. Penso che sia un bene non far tacere tutte le domande e i dubbi che possono nascere. Anzi penso siano fondamentali. Se le parole di Gesรน non suscitano interrogativi e anche qualche interiore protesta, allora significa che non stiamo affatto ascoltando, e davvero il Vangelo rimane chiuso in un cassetto remoto della nostra vita.
ร bene dunque ritornare discepoli e cercare di capire quello che queste parole di Gesรน vogliono dirci, perchรฉ il Maestro vuole scuoterci dal nostro torpore religioso ed esistenziale.
Prima di tutto รจ bene ricordare che Gesรน usa il linguaggio della sua epoca, e lo stile comunicativo di allora era quello delle โbenedizioni/maledizioniโ che volevano toccare sul vivo gli ascoltatori, ma non dividerli in buoni e cattivi, benedetti e maledetti. Quello che viene detto nel โbeati voiโ e โguai a voiโ รจ riferito alle stesse persone che si trovano a vivere sempre tra lโuna e lโaltra parte. E poi il โguai a voiโ non รจ un augurio di male ma รจ piรน simile ad un lamento, un โmi dispiace per voi cheโฆโ, โahimรจ voi cheโฆโ.
Poi รจ importante ricordare che il Maestro con queste parole non sta parlando a tutti, ma ai suoi discepoli, che avevano scelto di lasciare tutto per stare con lui, che avevano capito che per cambiare il mondo nello stile di Gesรน bisognava mettere Lui come prima ricchezza e che questo poteva sempre comportare rinunce faticose e anche poco allegre. Gesรน parla ai discepoli dicendo loro che la povertร anche materiale che hanno scelto li fa protagonisti del piano di Dio che vuole rendere il mondo come il suo regno, dove nessuno รจ misero, solo, abbandonato, e soprattutto nessuno รจ triste. ร davvero un guaio (โguai a voiโฆโ)
se dimentichiamo questa opportunitร offerta di essere liberi dai condizionamenti dei beni materiali, anche quando li possediamo. Sarebbe davvero un guaio, che rattrista il Signore prima di tutto, se non siamo noi a possedere i beni ma sono i beni a โpossedereโ noi, rendendoci cinici e chiusi, preoccupati di ridere per noi stessi e non di noi stessi. Il discepolo รจ povero ma non misero, possiede i beni che la vita gli ha dato (con onestร ovviamente) ma non รจ prigioniero dei beni e cosรฌ trova sempre nuove strade per condividerli.
Beati siamo noi se crediamo a questa proposta del Vangelo, anche se talvolta sembra una follia dal punto di vista del calcolo umano, ma รจ lโunica che davvero trasforma il mondo in un luogo di sorrisi condivisi, con tutti. โGuai a me se non annuncio il Vangelo!โ dice San Paolo nella prima lettera ai Corintiโฆ Guai a noi se non diventiamo ricchi di Vangelo, e quindi ricchi di umanitร โฆanche se ci costa tutto lโoro del mondo.
Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)



