don Gianmario Pagano – commento al Vangelo di domenica 22 Dicembre 2019

Giuseppe è una figura fondamentale nel Vangelo di Matteo. Gesù non potrebbe appartenere alla discendenza di Davide senza di lui.

Senza Giuseppe Gesù non potrebbe essere il Messia. Si capisce allora come per il giudeo-cristiano Matteo sia fondamentale che l’annuncio dell’angelo si rivolto a Giuseppe, anziché a Maria.

Il punto di vista maschile sull’Incarnazione serve a legare strettamente Gesù alle promesse divine, come si vede anche dalla genealogia che introduce il vangelo di Matteo e precede immediatamente il racconto delle origini del Messia. Si entra subito “in medias res”, nel mezzo dei fatti: Maria è incinta e Giuseppe è un “giusto”, cioè un uomo che pratica la Torah, perciò si domanda come può risolvere la situazione salvando Maria e nello stesso tempo salvando la fedeltà alla Legge di Dio che prescrive il ripudio pubblico (la lapidazione sarebbe stata una conseguenza, ma probabilmente non era più praticata a quei tempi).

La Rivelazione del piano divino irrompe nella sua vita e le cose vanno come sappiamo: Giuseppe diventa, a tutti gli effetti, padre del Messia per vocazione. C’è un modo più serio e impegnativo di diventare padri di quello biologico. A Dio serviva un padre così. E al mondo oggi servirebbero tanti Giuseppe.

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