don Ezechiele Pasotti commenta il Vangelo del 26 aprile 2015

don Ezechiele Pasotti commenta il Vangelo del 19 aprile 2015

Nella quarta domenica di Pasqua, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù dice:

“Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore”.

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

[ads2]Il Vangelo di oggi apre uno squarcio particolarmente ricco sul mistero della Pasqua, con l’immagine del Buon Pastore che dà la propria vita per le pecore. A differenza del mercenario, a cui non importa nulla delle pecore, perché non le conosce e gli “servono” solo per guadagnare il suo salario alla meno peggio; il Buon Pastore “conosce” le sue pecore, ma di una conoscenza particolare: quella “conoscenza infinita, totale e immediata che sussiste in eterno tra il Padre e il Figlio, divina ‘conoscenza per Amore di Carità’… E questo porta il Pastore che così ‘conosce’ e quindi ama il suo gregge, ed è riamato dal suo gregge, a donare la sua vita per le sue pecore, affinché le sue pecore abbiano la vita…” (T. Federici). È una conoscenza sapienziale che è propriamente nuziale. “Per il Pastore e Sposo e Agnello, donare la sua vita è perderla del tutto per crearla negli altri, e qui ritrovarla e viverla nella comunità d’amore”. Ecco il mistero della Pasqua che celebriamo, lontanissimo da ogni clericalismo mercenario che ci porta a “servirci” degli altri,  ad “usare” gli altri: le pecore a servizio dell’istituzione, della parrocchia, dei pastori. Oggi, nella Pasqua settimanale, siamo invitati ad entrare in contatto, con il Buon Pastore, in  questa  esperienza nuziale, che è l’Eucarestia, che ci unisce intimamente a Cristo, mediante la comunione con i fratelli, che trasforma anche noi in “pastori” misericordiosi verso gli altri, capaci di perdono, di accoglienza, di dare la nostra vita per gli altri, liberandoci, poco a poco, ma radicalmente, dallo spirito del “mercenario” radicato in noi.

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