Ricco Senza Nome e Povero Lazzaro
Il commento di don Claudio offre una riflessione incentrata sulla gratitudine e l’umiltร nell’accogliere la salvezza divina. L’analisi principale si concentra sulla guarigione dei dieci lebbrosi dal Vangelo di Luca, sottolineando come solo il samaritano straniero torni indietro a ringraziare Gesรน e venga quindi salvato.
Il commento mette in parallelo questo racconto con la storia di Naaman il Siro, un generale pagano che viene guarito dalla lebbra grazie alla fede e all’obbedienza, enfatizzando come i “piccoli” (una schiava e i servi) siano il motore della storia in entrambi i testi.
Infine, si fa riferimento alla lettera di Paolo a Timoteo per invitare tutti i fedeli a ricordarsi di Gesรน Cristo e a rimanere grati e fedeli alla salvezza offerta. L’obiettivo generale รจ promuovere la riconoscenza come via per la salvezza e l’accoglienza docile della parola di Dio.
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Trascrizione generata automaticamente da Youtube e rivista tramite IA.
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Ehi, servi senza pretese ma capaci di riconoscere quello che il Signore ha fatto per noi; servi che hanno gratitudine nei confronti del Signore che a nostro favore ha operato prodigi.
Subito dopo il testo che abbiamo ascoltato domenica scorsa, al capitolo 17 del Vangelo secondo Luca, ci viene proposto l’episodio della guarigione di dieci lebrosi, dei quali perรฒ uno solo, pur straniero, torna indietro a ringraziare Gesรน. Dieci furono guariti dalla lebbra, ma โ annota con finezza l’evangelista โ uno solo รจ stato salvato. “La tua fede ti ha salvato”. La guarigione prodigiosa compiuta da Gesรน รจ stata l’occasione della salvezza, che perรฒ viene ottenuta solo da chi riconosce che l’origine della salvezza รจ Gesรน e torna per rendergli grazie.
Questo samaritano riconoscente รจ il modello del servo senza pretese, ed รจ uno straniero. Luca insiste su questo aspetto: discepolo di Paolo, ha fatto esperienza di tanti greci, stranieri per il popolo di Israele, che si sono avvicinati alle antiche Scritture del popolo eletto e si sono convertiti a Cristo.
Noi stessi siamo degli stranieri per il popolo dell’Alleanza eppure siamo stati evangelizzati e abbiamo avuto la fortuna di accogliere quella Parola di Dio. Abbiamo accolto la proposta e ci siamo messi al seguito del Maestro come discepoli docili che vogliono diventare sapienti. Riconosciamo quello che egli fa per noi.
La Prima Lettura ci propone un breve brano di un lungo racconto che converrebbe leggere per intero, e consiglierei davvero di andare a cercare nel Secondo Libro dei Re, il capitolo 5, e leggerlo per intero, perchรฉ รจ una splendida narrazione in cui รจ protagonista un generale di Siria. Un uomo valoroso, nemico di Israele, che ha fatto dei danni alla terra di Israele e ha una malattia alla pelle (genericamente viene chiamato lebbroso). Tramite una ragazza presa schiava in Israele, viene a conoscere che c’รจ un profeta nel popolo eletto capace di dare guarigione, e il generale passa attraverso il re di Siria, il quale lo manda al re di Israele con una lettera, e le autoritร ritengono che sia un pretesto politico: “Come si puรฒ chiedere la guarigione di un lebbroso?”.
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Eliseo sa della faccenda e fa chiamare Naaman il Siro e gli propone semplicemente sette bagni nel Giordano. Naaman a questo punto si offende e ritiene, con l’orgoglio nazionalista, che i fiumi di Damasco siano piรน belli di quella pozzanghera del Giordano. Dice: “Se avessi dovuto fare il bagno, l’avrei fatto a casa mia”. “Io mi immaginavo: quest’uomo uscirร , invocherร il suo Dio, pronuncerร delle formule magiche, toccherร la parte malata”. Si aspettava qualche cosa di straordinario, aveva dei propri schemi in testa, lui aveva giร l’idea di quello che avrebbe dovuto fare il profeta. Invece, il profeta, senza nemmeno uscire di casa, gli ha detto con nonchalance: “Bagnati sette volte nel Giordano”.
I servi gli fanno notare: “Se ti avesse chiesto una cosa faticosa, non l’avresti forse fatta? Ti ha chiesto una cosa facile, fidati, e falla”.
Notiamo che in tutto questo racconto il motore della storia sono i piccoli. Tutto parte da una giovane schiava che ha la notizia: “C’รจ un profeta in Israele che potrebbe guarire il mio padrone”. E adesso sono i servi che prendono la parola e dicono al generale: “Fidati, ti ha chiesto una cosa da poco, dagli retta, prova”. I re, i generali non sono grandi saggi, i piccoli invece hanno quella intelligenza sapiente che permette di arrivare al buon risultato.
Naaman accetta, scende nel Giordano, si bagna sette volte e la sua carne ritorna sana, la sua pelle sembra quella di un giovanetto. Torna indietro con grande riconoscenza, si inginocchia davanti al profeta e vuole fargli grandi regali. Eliseo non accetta nulla. Naaman chiede allora la possibilitร di portarsi via un po’ di terra di Israele per farsi una specie di Terra Santa nel suo giardino, in modo tale da adorare il Dio di Israele su quella terra particolare. E il racconto continua narrando di come il servo di Eliseo corra dietro a Naaman e si faccia pagare, lui si faccia dare i doni. A quel punto รจ il servo che prende la lebbra.
L’aviditร di chi ha voluto guadagnarci in quella vicenda religiosa produce la lebbra. ร una storia profetica con grandi insegnamenti morali, che in confronto con il brano evangelico, insiste soprattutto sulla gratitudine, sulla riconoscenza, ma ci dice proprio questa necessitร di fidarci della Parola di Dio e accettare quello stile che la Rivelazione propone.
“Il Signore ha rivelato a tutti i popoli la sua giustizia”. Il Salmo 97 รจ un tipico salmo universalista, lo leggiamo il giorno di Natale. Tutti i popoli hanno visto la salvezza del Signore, come Naaman il Siro, come il samaritano del Vangelo. Cosรฌ noi italiani, stranieri per Israele, abbiamo avuto la possibilitร di aderire alla salvezza proposta dalla rivelazione di Dio. Ci รจ stata data la possibilitร , ma non รจ automatico che siamo salvi; รจ necessario accoglierla e, senza pretese, seguirla con saggezza.
Scrivendo al discepolo Timoteo, l’apostolo Paolo lo invita a ricordarsi di Gesรน Cristo, a riportare al cuore, al centro di ogni suo pensiero, Gesรน Cristo morto e risorto. “Io sono incatene”, dice l’Apostolo, “ma la Parola di Dio no, non รจ incatenata. E sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perchรฉ anch’essi raggiungano la salvezza. E fallo anche tu: collaboriamo per la salvezza degli altri. Rimaniamo fedeli nonostante tutto. Se moriamo con lui, con lui anche vivremo; se resistiamo, otterremo la ricompensa; se lo rinneghiamo, lui rimane fedele, ma noi perdiamo tutto”.
E allora, l’invito che l’Apostolo fa al figlio Timoteo รจ l’invito della sapienza divina a ciascuno di noi: ricordati di Gesรน Cristo, ricordati di tutto quello che ti ha fatto, sii riconoscente, riconosci quello che ti ha giร dato e sii grato. Prova gratitudine, mostra atteggiamento grato nei confronti di chi ti ha offerto la salvezza e con sapienza accoglila e seguila docilmente.
