don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 1 Ottobre 2023

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Guai in vista. Quando nella Bibbia si parla di due fratelli a cominciare da quei due, Caino e Abele, passando da Giacobbe ed Esaù è facile che vada a finire male. O, perlomeno, ci siano dei cocci da aggiustare. Se poi i due sono in competizione (il secondo nel vangelo di oggi in realtà dice “io!” ed è la tipica risposta da primo della classe) il rischio aumenta. Per fortuna oggi no, alla fine troviamo solo le solite incoerenze.

Come spesso capita diciamo una cosa e ne facciamo un’altra. Ed è ovvio che quello che conta è ciò che facciamo… Non l’azione singola – ho cercato di fare sempre bene, poi mi scappa il malestro e sono rovinato -. – Ho fatto sempre male, ne faccio finalmente una buona ed eccomi premiato in Paradiso in prima fila -. Si parla della direzione che diamo alla nostra vita. Di ciò che facciamo a partire dal pentimento. Quello che ripete papa Francesco dicendo che il tempo è superiore allo spazio… 

Ci eravamo lasciati domenica scorsa con il distribuire in parti uguali a diseguali. È ciò che si fa in famiglia. Alla sera ci si mette a tavola e si mangia, sia che sia sia lavorato tutto il giorno sia che si sia poltrito ad oltranza. Perché ciò che arriva dal padrone della vigna o – meglio – dal capofamiglia è calcolato sull’amore di chi dà e sul bisogno di chi riceve. Per fortuna non sul nostro merito. Il Vangelo di oggi parla ancora del “Regno di Dio”, la vigna. L’immagine del popolo eletto. È anche la sposa del Cantico dei Cantici, colei al quale il Signore canta il suo cantico d’amore in Isaia 5.

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Essere quella sposa, sapersi amati da Te, questa è la felicità che ci consegni. Non solo: è condividere questa consapevolezza. Fare in modo che ogni uomo lo sappia. Possa andare a lavorare nella vigna anche se è rimasta un’ora sola di sole. Possa rimboccarsi le maniche anche se fino ad ora ha sempre risposto “no” al Tuo invito. In questo brano ritorna una parola forte del Vangelo: “volontà”. Fare la volontà del Padre. Che è, appunto, il fatto che nessuno si perda. Che tutti gli uomini siano salvati.

Ovvio che i pubblicani e le prostitute dovrebbero saperlo che sono peccatori e che con le loro forze non si salveranno. Per questo sono in pole position nel cammino verso di Te. Non possono sbagliarsi, illudendosi di riuscire a farecela da soli. Bisogna che si affidino a Te. Poi non è detto che si lascino salvare. Speriamo di sì, che tutti in un un modo o nell’altro ci pentiamo e accettiamo il Tuo dono. Che lo facciamo con i fatti, con quello che testimoniano le nostre azioni. Il pentimento si misura dalla disponibilità a lavorare per il bene, per la crescita della comunità. Per la famiglia dei figli di Dio. 

Tra questa parabola e quella dei vignaioli pagati lo stesso salario, c’è l’entrata in Gerusalemme che Ti porterà sulla croce. La purificazione del tempio, un segno escatologico che preannunzia i tempi definitivi. La condanna del fico sterile, del popolo che manderà a morte Te, il Salvatore. C’è poi la richiesta da dove venga la Tua autorità a cui Tu non rispondi perché con i fatti stai per mostrare che viene dalla croce e dalla tomba vuota. Non a caso il Cantico dei Cantici, il canto d’amore per la sposa-vigna, veniva letto nel tempio nella settimana della Pasqua ebraica. Il Figlio, chiamato e in grado di fare la volontà del Padre, capace di dire “sì” con le parole e nei fatti sei Tu, Gesù. 

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Il Vangelo ci parla sempre di Te. Ora ci conduce a passi spediti verso la Passione. Se cerchiamo di stare con Te, che lo vogliamo o no, la strada è sempre quella.

don Claudio Bolognesi