La sua nascita lo aveva portato a piantare la sua tenda in mezzo a noi, ad assumere fino in fondo i tratti della nostra umanitร . Il mistero del suo amore lo spingerร ancora piรน oltre: a porre la sua dimora dentro di noi, segno di un Dio non da inseguire attraverso chissร quali vie segrete svelate a pochi iniziati, ma da accogliere come cibo che puรฒ saziare la nostra fame e sete di senso.
La vita cristiana โ offerta che tutti possono accogliere purchรฉ consapevoli della propria fame e della propria sete โ non รจ allora anzitutto un culto da offrire o unโetica da assumere. Troppo spesso abbiamo ridotto il Cristo a un modello da imitare, che tuttavia rimane allโesterno della nostra vita. La proposta di vita cristiana non รจ fare di noi dei buoni cristiani. ร molto di piรน: รจ arrivare a vivere di colui del quale ci si nutre. Noi diventare lui, Cristo! ร poter giungere a dire con Paolo: โNon sono piรน io che vivo, ma Cristo vive in meโ (Gal 2,20).
Gesรน ha vissuto in un certo modo, ha scelto preferenzialmente una vita di condivisione con gli ultimi, ha riportato al centro lโuomo a prescindere da tutto ciรฒ che ne avesse potuto deturpare la sua dignitร (peccatore, pubblicano, prostitutaโฆ), ha praticato la giustizia, ha amato fino alla fine coloro dai quali non ha ricevuto che rinnegamento e tradimento. Dicendo ai discepoli di mangiare lui come pane di vita, chiede loro di assumere questa scelta di vita.
ร questo il senso del nostro partecipare allโEucaristia e nutrirci del pane della vita. Questo รจ il senso del nostro โfare la comunioneโ. Tre sono le condizioni per fare degnamente la comunione: 1) essere in stato di grazia e cioรจ senza peccato mortale; 2) sapere e pensare Chi si va a ricevere; 3) essere digiuni da almeno unโora. Tuttavia, se queste non sono precedute e accompagnate dalla disponibilitร a lasciar scorrere nella mia vita la vita stessa di Dio, lโEucaristia rischia di rimanere soltanto un rito.
Se non mangiate la carne del Figlio dellโuomoโฆ non avete in voi la vita.
La proposta รจ paradossale. Ci viene detto che se vogliamo gustare la vita siamo chiamati ad entrare nel dinamismo del dono. Ma come? Da che mondo รจ mondo la vita la si puรฒ gustare solo se la si preserva. Fatichiamo a comprendere che la vita si guadagna donandola, si ottiene spendendola, si conquista affidandola.
Quel giorno, alla vista della folla, Gesรน aveva chiesto ai dodici di procurare il cibo per tutta quella gente ed essi non erano riusciti a mettere a disposizione che cinque pani e due pesci. Verranno giorni, perรฒ, in cui non basterร mettere a disposizione quello che abbiamo: sarร necessario affidare quello che siamo, dando noi stessi da mangiare.
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Nutrirsi di Cristo pane di vita significa riconoscere che il mio pane, vale a dire lโintera mia esistenza, va offerta, consegnata. Eppure, quanti ambiti, nella nostra vita, sottratti alle esigenze evangeliche!
Diventare pane, ossia diventare seegno di una ospitalitร familiare, di una presenza discreta, di un dono pronto per essere consumato.
Il pane va offerto. Offrire me stesso come pane significa adoperarsi perchรฉ a tutti sia data opportunitร di cibo, di vestito, di casa. Che cosโaltro vorrebbe esprimere il gesto del nutrirci di quello stesso pane che tra poco spezzeremo, se non che lโumanitร tutta diventi un corpo solo, nutrita da un unico pane? Sarebbe un gesto vuoto se non traducesse questa intenzione recondita.
Il pane va offerto. Nel Cenacolo, dove incombe lโombra del tradimento quel pane verrร offerto a colui che tradisce come a Pietro che rinnega. Cโรจ in me la disponibilitร ad offrire il pane del perdono e della riconciliazione, il pane di unโamicizia che non viene meno?
Il pane va condiviso. Condividere il pane non รจ solo spezzarlo ma รจ voglia di confronto, di dialogo, di costruzione di rapporti disinteressati. Non basta donare il pane: quante volte รจ espressione della prepotenza di chi dispone di piรน, di chi sta nella vita da soddisfatto.
Offrendosi come il pane per la vita del mondo, Gesรน si consegna come un progetto e uno stile di vita in grado di alimentare e sanare ogni uomo.
Quando nellโultima cena ripeterร agli apostoli: โFate questo in memoria di meโ, cosa chiederร se non portare avanti il suo stesso modo di esistere? Ecco perchรฉ nutrirci dellโEucaristia non รจ un fatto privato o devozionale. ร un evento che interpella la nostra responsabilitร nel diventare noi stessi pane spezzato per la fame dei nostri fratelli.
Mangiare lui significa essere introdotti non nel dinamismo dellโinnalzarsi, del dominare dallโalto, ma dello stare accanto per condividere.
Mangiare lui significa essere introdotti non nel dinamismo del risparmiarsi, del preservarsi o del tutelarsi, ma del servire e dello spendersi per gli altri.
Per essere liberati dal rischio di una vita morta anzitempo, non altra รจ la via. Beati, se sapremo rendere ragione cosรฌ dellโEucaristia di cui ci nutriamo.
AUTORE: don Antonio Savone
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