don Antonino Sgrò – Commento al Vangelo di domenica 4 Dicembre 2022

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2a Domenica di Avvento

Il compimento di una storia annunciata

Giovanni il Battista è il precursore di Gesù, ultima tappa del cammino della storia della salvezza che sta per giungere a compimento. È la storia dell’attesa del Signore, talmente viva nel cuore del profeta da sfociare in un grido: non basta annunciare che «il regno dei cieli è vicino», occorre gridare, metterci passione, perché può parlare della buona novella solo chi ha l’animo infiammato per l’agognata novità che l’avvento del Signore porta.

Non a caso Giovanni opera nel deserto, luogo in cui ci si appassiona alla vita in quanto corri costantemente il rischio di perderla; in cui impari a cercare Dio perché sei libero dall’impedimento dei beni; in cui puoi gridare la verità che porti dentro perché non hai più nessuno a cui mostrare le tue maschere.

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Tale compimento era stato dunque sognato e annunciato dai profeti, come dimostra la citazione di Isaia, che in realtà riprende anche Esodo e Malachia, Legge e Profeti, tutti orientati a “preparare la strada” che Dio percorre verso gli uomini. In Isaia era la strada attraverso la quale Yhwh faceva tornare il popolo dall’esilio babilonese; adesso, nella pienezza dei tempi, è il cammino del Figlio per riscattare la creatura dall’esilio del peccato e ricondurla al Padre. È anche la via che l’uomo è chiamato a percorrere per diventare discepolo, fatta di rinnovamento interiore e di scelte chiare.

Il Padre ha scelto come messaggero e «voce» che precede la venuta del Figlio un uomo antico come Elia e nuovo come l’acqua pura. Giovanni vive nel deserto, mangia e veste con l’austerità del profeta che è tutto di Dio e non ha nulla da chiedere agli uomini, se non di cambiare vita. Il deserto arido diventa col Battista il giardino dei nuovi germogli; con lui le acque del Giordano, soglia da oltrepassare per entrare nella terra promessa, brulicano di esseri viventi come alla creazione. Questa volta però gli esseri viventi non sono i pesci, ma uomini attratti dalla coerenza dell’uomo di Dio che parla di cambiamento. La conversione è infatti la trasformazione di mentalità necessaria per superare la soglia dell’indecisione mortale e fare ingresso nella vita vera.

La via di Dio va preparata, cioè occorre ‘pararsi davanti’ ad essa, non sfuggire all’evidenza del cammino del Signore nella nostra storia. Ci sono percorsi che Egli ordinariamente traccia nella vita di ciascuno, lungo i quali si colloca già Lui e lì ci attende. Capiamo allora che preparare la via del Signore significa accettare il cammino attraverso il quale Egli si rivela nella nostra esistenza, non trascurare nulla di quanto la vita ci riserva, perché in tutto ciò che accade possiamo trovare un presentimento d’amore.

Poi il profeta ci invita a rendere diritte le vie di Dio, non piegarle alle nostre comode esigenze o alle paure. Il Vangelo chiede di essere preso sul serio, altrimenti meglio non aderirvi. Anche l’Apocalisse considera inservibili i cristiani tiepidi, che amano se stessi più di quanto amino Dio e il prossimo o, pur coltivando un sincero amore per il Signore, non lo esprimono per la paura che prende il sopravvento su di loro.

«Colui che viene dopo di me è più forte di me», dice Giovanni. Colui che viene dopo è il Dio forte di cui parla la Scrittura, e il battesimo che amministrerà non sarà, come quello di Giovanni, la richiesta di purificazione attraverso il pentimento, bensì l’unzione dello Spirito che perdona i peccati. Il credente deve però ricordare che non si può entrare nella vita nuova senza lasciare la vecchia, come facevano i penitenti sulle sponde del fiume.

L’umiltà con cui il Battista svolge l’altissimo compito di convertire l’uomo alla giustizia di Dio è raffigurata da una immagine di inaudita piccolezza, quella di uno schiavo che non si sente neanche all’altezza di portare i sandali del padrone. Essa interroga la nostra fedeltà umile alla missione specifica che Dio ci affida, affinché non cadiamo nel rischio di avanzare pretese di onori derivanti dal nostro servizio ecclesiale.

E se invece mi sembra di non essere all’altezza del grande dono e compito che il Signore al battesimo mi ha affidato, quello di mostrare ai fratelli la bellezza di una vita immersa nell’Amore? Eppure, sostando sulle sponde del mio Giordano, avverto, come Giovanni, che Dio continua a volere usare la mia voce, il mio sguardo, le mie mani per dire che Egli è nella porzione di terra che io abito. Allora proverò a raccontare ancora la mia storia salvata, che vorrei fosse un vangelo vissuto, per condurre altri uomini al grembo battesimale della Chiesa, capace di generare nuovi figli di Dio!

Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si vivono. Commenti ai Vangeli della Domeniche dell’Anno A” disponibile presso:

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