don Antonino Sgrò – Commento al Vangelo di domenica 20 Agosto 2023

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Il cuore straziato è il grembo della fede

Mt 15,21-28

In quel tempo, 21 partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22 Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». 23 Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 24 Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». 25 Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». 26 Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 27 «È vero, Signore – disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28 Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Gesù ha appena pronunciato un insegnamento sul puro e sull’impuro, dichiarando il primato del cuore, dal quale provengono le intenzioni buone e cattive. Si dirige adesso in una regione impura, «verso la zona di Tiro e di Sidone», abitata dai Cananei, colpevoli di aver fatto cadere Israele nell’idolatria lungo il corso della sua storia. Siamo però sicuri che da quella terra pagana non potrà attendersi altro che impurità? Col discorso precedente, il Maestro ha detto implicitamente che ciò che decreta il valore di una persona non è la presunta purezza della razza; anzi, dopo le controversie con i farisei e i sadducei e il pericolo di essere cercato dalla folla solo per le sue doti di guaritore, Egli esce dalla terra santa, sottolineando in tal modo la fede corrotta del popolo, in questo non molto diverso dai pagani. Cristo prende le distanze da Israele impuro nella fede; allo stesso modo il popolo dovrebbe distanziarsi dalle proprie presunzioni religiose; appare poi una donna che si distanzia «da quella regione» straniera: se non vi è uno stacco dal punto in cui ti trovi per entrare in una novità di vita, spinto dalla forza misteriosa dello Spirito, non farai mai esperienza di fede profonda!

Il rischio, rimanendo là dove si sta, è di rimanere in balia dello spirito cattivo, come nel il caso di questa bambina, «tormentata da un demonio». Non sappiamo a che tipo di tormento fosse sottoposta, ma certamente è una figlia che non vive la condizione infantile di gioia e spensieratezza, poiché un corpo estraneo ha violato la sua fragile esistenza, rubandole la fanciullezza. Possiamo dunque comprendere la preghiera insistente della madre, che non può tollerare una simile ingiustizia; ella non ha diritto civile né titolo religioso per rivolgersi a Cristo, se non la sua totale fiducia in quell’uomo buono, di cui conosce il potere taumaturgico. Dalle sue parole traspare tutto il dolore e insieme la speranza del suo cuore, ed è al cuore della madre che ci aspetteremmo che Gesù guardasse.

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La reazione del Maestro è però del tutto inattesa, in quanto «non le rivolse neppure una parola». Dov’è finita la compassione per ogni genere di malati, per gli affamati e persino per i peccatori fin qui manifestata? Forse la diversa appartenenza religiosa rimane l’unico muro insormontabile tra chi è eletto e chi no? La sentenza sembra inappellabile: ci sono delle cose dinanzi a cui si ferma anche l’eroe più indomito, che ha combattuto mille battaglie di civiltà contro l’ignoranza e la malvagità di chi vuole creare divisione tra privilegiati ed esclusi; oppure, come spesso succede, dopo una rivoluzione, l’agognata società giusta che si pensava di fondare comincia ben presto a presentare le stesse crepe della precedente. Colui che ha parole di tenerezza per tutti, nega adesso la sua parola e ne dà anche la motivazione: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Non fa per te, non puoi cambiare ciò che è scritto, non puoi…

Il seguito del racconto dimostra che l’unica cosa che davvero non si può impedire è il grido di una mamma che chiede la guarigione della figlia. Ella accetterebbe la sofferenza per sé, ma non può accettare che la sua bambina sia privata del sorriso. Il dolore ha fatto nascere in lei la fede nell’uomo Gesù che, pur essendo straniero rispetto a lei, percepisce non estraneo al suo dolore di madre. Non si turba per il fatto di essere stata definita ‘cane’, secondo l’epiteto che gli Ebrei rivolgevano ai pagani, perché il suo unico turbamento è per la figlia. Chi ama visceralmente, infatti, non pensa più a sé ma alla persona amata, e trova la forza per reagire alle prove che si presentano. L’apparente durezza del Maestro non è altro che un modo per provocare la fede di questa nuova discepola, che dal suo cuore di madre trae fuori un trattato di teologia missionaria valido per tutti tempi: le «briciole che cadono dalla tavola» imbandita da Cristo sono sufficienti per sfamare chiunque chieda pane. L’importante è chiederlo; il pane non manca, è stato moltiplicato e lo sarà ancora; avanzeranno sempre tanti pezzi, capaci di nutrire chiunque abbia fame.

Fede è avere fame della salvezza che solo Gesù può operare nella vita; è non perdere mai la speranza e la combattività che dilata in ciascuno lo spazio di accoglienza del dono. Il frutto della fede è sentirsi rivolgere, forse anche dopo un lungo silenzio di Dio, la parola del Figlio che ti dice di essere contento di te, e che il desiderio che avevi nel cuore è il medesimo del suo cuore, e che dunque il tuo cuore è puro.

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20a Domenica del Tempo Ordinario – Il cuore straziato è il grembo della fede …

Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si vivono. Commenti ai Vangeli della Domeniche dell’Anno A” disponibile presso:

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