don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 5 dicembre 2018

Abbracciati e compatiti

Avvento è imparare ad accogliere Colui che ci compatisce. Lasciare che Cristo ci abbracci sino a stritolarci nel suo amore, perché le sue ferite gloriose si imprimano nelle nostre ancora infette. E’ vero, nella Chiesa, ai piedi di Gesù, abbiamo sperimentato tanti miracoli, ma Gesù vuole fare infinitamente di più. Sa bene che siamo capaci di idolatrare anche i segni del suo amore; come per un ragazzo costretto su una sedia a rotelle, infatti, non sarà una protesi a ridargli le gambe e la pace, per tornare a casa sazio e senza svenire di fronte alle difficoltà. Sì, è cruda e scandalizzante, ma è la pura verità: questa società che ha cancellato Dio, sa offrire solo inganni e morte spacciandoli per compassione. E’ compassionevole illudere un handicappato chiamandolo “diversamente abile” e spingerlo a correre, nuotare e sciare per mezzo di nuovi e sofisticati strumenti per farlo sentire come gli altri. Mentre proprio questo sinistro neologismo confina il paraplegico in un ghetto demoniaco, dove è impossibile accettare la propria realtà. Chi è abile e in che cosa? Chi non può fare le olimpiadi non lo è, infatti, aborto ed eutanasia sono considerati gesti compassionevoli verso i malati, e proibirli, come ha decretato la Corte Suprema in Irlanda del Nord, è una “violazione dei diritti umani”. La compassione del lupo travestito da agnello, che uccide l’anima esaltando l’uomo vecchio, incapace di farsi compatire e implorare misericordia. La stessa compassione con la quale il serpente antico ci seduce offrendoci consolazioni effimere che ci fanno schiumare ira contro le ingiustizie e chiunque ci abbia fatto del male, per impedirci di riconoscere il marcio che è nel nostro cuore e così aprirci all’abbraccio viscerale del Signore. Per l’uomo schiavo del peccato e del demonio è impossibile accettare di essere compatito, sarebbe un disonore, come alzare bandiera bianca di fronte alla storia. Qual’è il tuo handicap che il demonio usa per farti chiudere nell’orgoglio? Chiediamo a Dio di illuminarcelo in questo Avvento, perché è proprio la nostra inabilità che ci rende abili a convertirci; ad accettare cioè che siamo incapaci di amare, per lasciarci abbracciare e compatire da Cristo. In Lui anche i sette pani, simbolo della creazione ferita dal peccato, diventano il preludio all’ottavo giorno della resurrezione. Crocifissi con Lui proprio attraverso il nostro handicap e saziati della sua vita soprannaturale, potremo tornare nella storia e donarci senza svenire nella paura di morire. 

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Mt 15, 29-37
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.
Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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