don Antonello Iapicca – Commento al Vangelo del 17 Aprile 2022

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 UNITI ALLO SPOSO NELL’INTIMITA’ DEL SUDARIO CHE CI TRASFIGURA

Come Maria di Màgdala, Pietro e Giovanni, anche noi siamo sbigottiti di fronte all’assenza del Signore: il problema di tutti è, infatti, che non troviamo mai Gesù dove siamo persuasi che debba essere. Cerchiamo sempre nei luoghi conosciuti, negli schemi e nelle idee, nelle esperienze e nelle abitudini, e niente, Lui non c’è. Abbiamo addomesticato il miracolo di Gesù, e non ci stupiamo più per la sua presenza e il suo potere. I matrimoni ad esempio, si frantumano sull’indifferenza che scaturisce dall’assuefazione alla Grazia. No, non c’entra quello che dicono gli psicologi e gli esperti di coppia. Com’è che lo chiamano? “Il calo del desiderio” perché l’altro è diventato un soprammobile, lo spolveri ogni tanto, ma non ti ci fissi più con interesse ed entusiasmo, non ti coinvolge e attrae come all’inizio… Allora provi a truccarti e fai mille cose, ma non serve a nulla, perché il problema non è il “soprammobile”; non è l’altro e tanto meno tu. Il problema è che il demonio è riuscito a cancellare a poco a poco la memoria dell’amore di Dio su cui si fonda ogni matrimonio. Esso, infatti, è un miracolo che si rinnova ogni istante di ogni giorno. E’ Cristo che apre il sepolcro e vince la morte facendo dei due una sola carne nella sua risurrezione, e lascia il “segno” della sua vittoria proprio dove tutto sembra sepolto. Soffriamo nel matrimonio, come in qualunque altra relazione, perché abbiamo chiuso gli occhi sui “segni”: non vediamo più la resurrezione di Cristo nelle bende della vecchiaia, del carattere, della stanchezza dell’altro. E non ci gettiamo più nella novità dell’amore che fa uscire trasfigurato dal sudario e dalla tomba ciò che sembra ormai senza vita.


AUTORE: don Antonello Iapicca FONTE: Newsletter SITO WEB CANALE YOUTUBE

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Ma oggi, Dio ci vuol donare occhi nuovi per guardare i segni e “cominciare a credere”. Essi sono simili a quelli offerti nella grotta del sepolcro “le fasce distese”, come un mare calmo dopo una tempesta specifica un esegeta, e “un sudario non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte”. “Corriamo” allora senza indugio, come Pietro e Giovanni investiti dallo stupore di Maria; corriamo obbedendo all’annuncio della Chiesa e non temiamo di “entrare” nel “luogo” che la predicazione ci ha indicato. Per “vedere e credere” che è vero l’annuncio che abbiamo ascoltato stanotte, è necessario andare e camminare insieme a loro, che sono immagine della comunità.

E, come Giovanni, giunti sulla soglia dobbiamo aspettare che Pietro, ovvero i sacerdoti e i catechisti, ci confermi nella fede per non cadere nel sentimentalismo di un cristianesimo fai-da te. Coraggio, anche noi come Giovanni, seduti a mensa con Lui nella Chiesa, mentre lo ascoltiamo e ci nutriamo dei suoi sacramenti, ci possiamo reclinare sul petto di Gesù, fin dentro il suo amore più forte del peccato, per imparare a “inchinarci” sin dentro il sepolcro nel quale ha distrutto la morte. Uniti a Pietro e Giovanni, possiamo scendere i gradini dell’umiltà per entrare nel sepolcro che è anche immagine del fonte battesimale. E’ il cammino degli apostoli e di ogni cristiano che non termina nel giorno di Pasqua, ma da questo giorno vede l’alba di un nuovo inizio. Perché la Pasqua significa “passaggio”, ed è quello di tutta la vita, per giungere a deporre ogni giorno il vestito dell’uomo vecchio e rivestire quello splendente di vita dell’uomo nuovo. Le “fasce e il sudario” che ci hanno avvolto esanimi, i fatti della storia macchiati dal peccato, ci parlano testimoniando che proprio oggi è il “primo giorno” della vita nuova nel quale il Signore ci attira. Essa però non sconvolge la precedente, ma la compie nel perdono secondo un ordine nuovo che non conosciamo.

E’ su quelle “fasce” e su quel “sudario” che dobbiamo puntare lo sguardo: nessuno avrebbe potuto trafugare il corpo di Gesù e lasciarli in quel modo, come nessuno salverebbe la nostra vita senza distruggere con disprezzo quello che non va bene. Scriveva don Persili in un suo libro dimenticato dai più, che quelle “fasce” erano “intatte, non manomesse, non disciolte”. Per questo “esse costituiscono la prima traccia della Risurrezione: era infatti assolutamente impossibile che il corpo di Gesù fosse uscito dalle fasce, semplicemente rianimato, o che fosse stato asportato, sia da amici che da nemici, senza svolgere quelle fasce o, comunque, senza manometterle in qualche maniera”.

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E nella Chiesa la nostra risurrezione, che è ciò che avviene nel battesimo e in tutto il nostro cammino di conversione, accade proprio così: la nostra vita è curata con pazienza, le ferite sono sanate a poco a poco, senza strappi, senza moralismi ed esigenze, ma con la dolcezza, il rispetto e il potere soave della Grazia. Ed è proprio questo l’indizio che Dio lascia a tutti noi: il matrimonio, il lavoro, gli amici, le nostre cose e i nostri affetti sono ancora tutti con noi, ma, dinanzi agli occhi della fede, appaiono in una luce nuova. Il corpo risorto del Signore, infatti, scivola tra le bende con dolcezza, trasfigurandole con la sua impronta gloriosa, conferendo alla nostra vita un ordine nuovo che nessun uomo ha il potere di dare, quello dell’amore. Coraggio allora, perché questo giorno di Pasqua ci annuncia che il nostro passato non è più un peso da scrollarsi di dosso, un angolo oscuro da dimenticare, ma il “segno” del passaggio di Cristo nella nostra vita, come una profezia per ogni giorno che ci attende. Tutta la nostra vita è una sinfonia d’amore perché segnata dal Mistero Pasquale del Signore! E come quelle fasce e quel sudario sono diventati per la Chiesa una reliquia preziosa venerata come la testimonianza del passaggio reale di Cristo nella storia dell’umanità, così anche ogni evento della nostra vita sarà per noi e per chi ci è accanto il segno del suo amore incorruttibile che non ci ha mai abbandonato. Un segno da venerare e non da buttare.

Buona Pasqua allora, buon cammino alla scoperta del sudario che “era stato sul capo” di Gesù “non disteso con le fasce, ma al contrario avvolto in una posi­zione unica” secondo la traduzione del Padre Persili che riteniamo più congrua. Esso infatti, era avvolto nello stesso modo in cui avvolgeva il capo di Gesù, ma in una posizione così speciale, unica, da indurre Giovanni a credere. Quale posizione? E’ proprio quello che questa Pasqua vuol farci scoprire nella nostra vita! Questa Pasqua ci chiama ad entrare nella nostra storia per “vedere” risplendere in un modo “unico” il volto di Cristo risorto impresso concretamente nella nostra vita redenta e trasfigurata dalla luce della sua Pasqua. Buona Pasqua allora, Buon passaggio con Lui, dal pensiero opprimente alle cose di quaggiù in cerca di un’impossibile felicità, al pensiero delle cose di lassù, dove si trova Cristo risorto, l’unica felicità autentica, già qui, già ora.

Le cose di lassù, le cui primizie sono deposte nelle orme luminose di Cristo che ci conducono nella Pasqua di ogni giorno nell’amore, che non è mai abitudine ma un donarsi in modo sempre nuovo e diverso, come Lui ha fatto e fa con noi. Buona Pasqua a tutti noi che pensavamo di dover ungere con il nostro profumo il corpo morto di Cristo; a noi che cercavamo cioè di abbellire la nostra vita dandogli senso con la nostra ragione e i nostri sforzi, restando però sul cammino che ci conduceva alla tomba di ogni ogni speranza. Buona Pasqua alla sposa che finalmente ha incontrato il suo Sposo, ed è stata sedotta dal profumo dolce e delicato del suo amore più forte della tomba. Non è qui, è risorto! E ora spande dall’intimità della nostra vita, dai pensieri, dagli sguardi e dalla carne nostra il suo profumo celeste. Buone nozze dunque, che ci uniscono a Cristo nell’intimità del sudario che non ha potuto trattenere la vita che non muore, nella nostra storia di ogni giorno, segno e testimone credibile della sua risurrezione mentre spande il profumo dello Sposo, l’amore sino alla fine offerto a tutti. Christos Anesti! Alithos Anesti!