PRESA IN MANO DA CRISTO, LA NOSTRA VITA INFECONDA PERCHE’ FERITA DAL PECCATO, E’ MOLTIPLICATA DALLA SOVRABBONDANZA DEL SUO AMORE PER ESSERE DONATA AL MONDO
AUTORE: don Antonello Iapicca
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La compassione di Gesรน ci sfama. Seguire Gesรน senza l’esperienza di essere realmenteย sfamatiย significa sicuramenteย venir meno per via. Essere con Lui, seguirlo sin nel deserto, attirati dalle Sue Parole, dai Suoi miracoli puรฒ non essere sufficiente. Anzi. Come giungere in ritardo anche di un solo minuto alla consegna di un premio. Risuonano le parole di Gesรน a coloro che protestano l’essere stati con Lui, l’aver predicato nel Suo nome: “Non vi conosco!”.ย La prossimitร non รจ sufficiente. Non sazia. Decisivo รจ l’incontro personale con la Sua compassione. La Sua passione con la nostra. Il Suo dolore con il nostro. La Sua vita con la nostra. Lui in noi.ย Gesรน conosce il nostro cuore, i suoi vuoti, i suoi smarrimenti. La nostra fame d’amore. E ha compassione. Le sue viscere si commuovono dinanzi a ciascuno di noi. Lui sa che veniamo da lontano, perduti e spauriti. Conosce i nostri peccati. E ancheย il deserto dove Lui stesso ci ha condotto.
Non c’รจ pane nel deserto, non c’รจ vita. “E vi sono tante forme di deserto. Vi รจ il deserto della povertร , il deserto della fame e della sete, vi รจ il deserto dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto. Vi รจ il deserto dell’oscuritร di Dio, dello svuotamento delle anime senza piรน coscienza della dignitร e del cammino dell’uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perchรจ i deserti interiori sono diventati cosรฌ ampi” (Benedetto XVI,ย Omelia nella Messa di inizio Pontificato, 24 Aprile 2005). Si, seguire il Signore significa innanzi tutto scendere con Lui sino al vero che ci riguarda piรน profondamente.ย Scendere sino a dove siamo esattamente quel che siamo, per essere amati e sfamati cosรฌ come siamo.
Siamo impotenti, incapaci, poveri, mendicanti. “Rispondimi, o Dio, nellโora in cui la morte mโinghiotte:ย non รจ dunque sufficiente tutta la volontร di un uomo per conseguire una sola parte di salvezza?” (Henrik Ibsen,ย Brand). Ci ha cercati, ci ha trovati al fondo delle nostre tombe. Tre giorni dietro a Lui a mendicare. Tre giorni, inconsapevoli, seguendolo nel Suo tempo disteso nella tomba, la Sua, le nostre. Conoscere il Signore รจ dunque innanzi tutto conoscere il buio che ci copre, la morte che ci paralizza. E scoprire che sino a quel fondo รจ giunta la Sua compassione. E lรฌ, nella stessa tomba, “nell’ora in cui la morte ci inghiotte” lasciarci sfamare. Alzare le mani, arrenderci dinanzi all’evidenza dei fallimenti d’ogni pretesa autonomia, obbedire alla Sua voce e sederci. Smettere di agitarci, di stringere i pugni.
Obbedire al piรน comodo degli ordini: sederci. Abbandonarci. Riposare. Lasciare che il Suo pane, il Suo stesso corpo, il Suo amore fatto carne, la Sua misericordia fatta alimento, che Lui stesso ci sazi. E che riempia la nostra vita, che vi faccia sovrabbondare la Sua Vita. “Lโesistenza si esprime, come ultimo ideale, nellaย mendicanza. Il vero protagonista della storia รจ il mendicante:ย Cristo mendicante del cuore dellโuomo e il cuore dellโuomo mendicante di Cristo” (Don Luigi Giussani,ย Testimonianza durante lโincontro del Santo Padre Giovanni Paolo II con i movimenti ecclesiali e le nuove comunitร , Roma, 30 maggio 1998).
Lui ci sferza con la sua mendicanza – “quanti pani avete?” –ย ci chiede in prestito la nostra povertร , quella su cui, ormai, sappiamo di non poter fare affidamento. L’indigenza che ci spinge sull’orlo del cinismo, quel vuoto di energie e speranze che forse non รจ neanche umiltร , ma solo amara sfiducia. Ci guarda e ci chiede proprio quello che per noi รจ ormai incapace di sfamare, ci assedia mentre siamo prigionieri del dubbio – “E come si potrebbe sfamarli di pane qui, in un deserto?” –ย ci invita a raccogliere quel poco che ci portiamo dietro e a prestarglielo. Per rendercelo trasfigurato, moltiplicato, colmato.
Per questo ci ha cercati, incontrati e attirati a sรฉ, per saziarci. Per fare con la nostra povertร , con la nostra indigenza, perfino con la nostra sfiducia e il nostro freddo e disincantato cinismo, per fare della nostra vita mendicata dalla sua compassione, una vita piena, bella, gioiosa. Il miracolo comincia qui, nel suo sguardo diย compassioneย che cerca la nostra povertร per farne la pienezza con cui sfamare il mondo.ย Il cuore del miracolo รจ racchiuso nel suo bisogno della nostra indigenza, nella sua compassione che mendica i nostri fallimenti per poter moltiplicare la vita.ย Il miracolo si compie prima in Lui, per poter compiersi in ciascuno poi. E’ il mistero della nostra dignitร , del valore di ogni nostra vita, di ogni briciola in cui รจ frantumata, di ogni frammento che ai nostri occhi sembra non aver senso, ormai incapace “di conseguire una sola parte di salvezza”.
Il suo prendere in mano quel che oggi siamo – il matrimonio, il fidanzamento o la solitudine, la vecchiaia e la malattia, il lavoro e le amicizie, i tradimenti e le incomprensioni, il carattere che ci rende indigesti a noi stessi e agli altri, il fisico che non ci piace, la storia cosรฌ come si รจ dipanata –ย il suo raccogliere il pane e il pesce che abbiamo e umanamente insufficiente, ci trasforma in pane buono perchรจ Lui lo possa moltiplicare, trasformando l’indigenza in pienezza capace di sfamare e di abbondare, la Vita che Lui ha promesso ad ogni uomo. Quello che noi oggi siamo, esattamente cosรฌ com’รจ, preso e trasformato da Lui, รจ il miracolo di salvezza per il mondo, per chi ci รจ vicino, chiunque sia, amato o forse sconosciuto.
Il miracolo che si rinnova in noi, nella Chiesa, in ogni evento, ogni giorno. Saziati del Suo amore e inviati, come queste sporte avanzate, ad ogni uomo, a tutte le Nazioni, a chiunque ancora non conosce il Suo amore, l’unico capace di saziare i desideri di tutti. Perchรฉย tutti ricevano la Vita, e Vita in abbondanza.



