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don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 31 Dicembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: Lc 2, 22-40

La domenica tra Natale e il 1° gennaio si celebra la festa della Santa Famiglia: Gesù, Giuseppe e Maria.  Il Vangelo oggi racconta un evento molto semplice, molto ordinario nella vita di ogni famiglia israelita: in  obbedienza alla legge di Mosè (Es 13,2), ogni bambino, una volta compiuti i giorni di purificazione della madre,  veniva portato al tempio e offerto al Signore, e come riscatto al suo posto venivano sacrificate due colombe (Lv  12,3.6). L’andare al tempio per presentare Gesù mira ad attestare che il figlio è dono di Dio, a Lui appartiene, e che  i genitori sono i custodi della vita, non i suoi proprietari.  

Nella festa della Santa Famiglia viene spontaneo ripensare a tutte le famiglie e al ruolo dei genitori, chiamati a  “custodire e coltivare” (cfr Gn 2,15) la vita dei figli, fin dal grembo materno (cfr Is 49,1; Sal 139,13-15 “Sei tu che hai  formato i miei reni, mi hai tessuto nel seno di mia madre… mi hai ricamato nelle profondità della terra”), aiutandoli a  crescere e maturare. 

La presentazione di Gesù al Tempio e le parole di Simeone e di Anna ai suoi genitori, svelano però la  missione di Gesù, ne spalancano l’orizzonte. Simeone ed Anna sono anziani e hanno vissuto nell’attesa di questo  giorno. Simeone è profondamente religioso, attento alla voce dello Spirito, tanto che l’evangelista lo sottolinea  ben tre volte (Lc 2,25.26.27): Simeone ispirato da Dio (v. 25); lo Spirito Santo gli aveva preannunciato… (v 26); mosso  dallo Spirito santo si recò al tempio (v 27). Di Anna, invece, il testo dice che “non si allontanava mai dal tempio” (v.  37). Sono tratti importanti, perché segnalano la familiarità di questi due anziani con il Signore, evidenziano quanto  abbiano vissuto nell’attesa del Messia annunciato dai profeti. È questa familiarità che li rende “capaci” di  riconoscere il Signore quando si presenta: ormai sanno leggere ogni cosa alla luce della Parola meditata giorno e  notte, e sanno andare oltre l’evidenza. È proprio lo Spirito a guidare Simeone e Anna ad accogliere e riconoscere  Gesù. In questo mondo hanno avuto il massimo, non hanno più attese:“Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo  vada in pace secondo la tua parola…” (v. 29ss).  

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Il cantico di Simeone che richiama alcuni passi del profeta Isaia, tratteggia il profilo di Gesù, svela il  senso profondo di quanto sta avvenendo.  

“…I miei occhi han visto la tua salvezza… a tutti i popoli” (v 30): non solo per Israele, quindi, ma per tutti; così  come ribadito quando dice che una luce, quella di Gesù, si rivela a tutte le genti (v 32). Questo Dio non sarà un Dio  solo per qualcuno, solo per chi lo merita… No, è un Dio per tutti, nessuno escluso. Un Dio che si fa uomo e, da  uomo, condivide e illumina la vita di ogni uomo. Una salvezza che raggiunge “tutte le genti”, come sarà  evidenziato anche in Matteo capitolo 28,19ss: “Andate… fate discepoli tutti i popoli…”; e così negli Atti degli  Apostoli: “Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio fu inviata alle nazioni” (At 28,28).  

Lo Spirito santo continua ancora oggi a guidare “tutte le genti”, “tutte le coppie”, “tutti i genitori”.  Ma occorre mettersi in ascolto dello Spirito che parla in noi. Se il Figlio di Dio ci viene incontro in un bambino e solo  uno sguardo di fede sa coglierlo presente, allora è importante ricordarci che le cose quotidiane non sono mai di  poco conto; che gli incontri quotidiani non sono mai inutili o pure coincidenze: ci vuole uno sguardo di fede per  cogliere dentro e oltre. Perché tutto è “luogo” in cui incontriamo (o rifiutiamo) la presenza di Dio. Tutto è segno  per chi crede.  

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Questo chiede di recuperare il valore del silenzio: in un tempo in cui siamo continuamente “connessi”  ai social, alla TV… non siamo più abituati ad “ascoltare il silenzio”. Totalmente storditi da rumori e voci, dalla vita  frenetica e tumultuosa… Invece quanto è importante coltivare lo spazio del silenzio, lo spazio di ascolto di ciò che  conta. In altre parole: lasciar risuonare in noi la Parola che salva, educarci a coltivare sani e buoni pensieri perché  sia lasciato fuori dalla porta del cuore quanto ci distrae e allontana da Dio, ben sapendo quanto sia astuto il diavolo (Gn 3,1); e scegliere invece ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile… (cfr Fil 4,8). 

Simeone avverte anche quanto contrastata sarà la vita di Gesù: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione…  come segno di contraddizione” (Lc 2,34). Gesù farà emergere quanto c’è nei cuori e porterà chi a convertirsi e chi a  ribellarsi. Gesù viene per sgretolare le false immagini di Dio che ci siamo fatti e riportarci alla verità.  Fin dall’inizio della vita pubblica Egli è segno di contraddizione; tra la sua gente, alle prime sue parole di salvezza,  tutti i suoi compaesani “nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo  condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.” (Lc 4,28-29). Certo è che in  Gesù si inaugura la nuova creazione, il nuovo inizio/archè al quale ci siamo preparati (cfr II domenica di Avvento).  Vivere il “vangelo della famiglia” non è facile oggi, ancor più in questi tempi in cui si vuole mettere tutto in  discussione. Si viene tacciati, criticati, attaccati solo perché si vuol difendere ciò che è “naturale”: la difesa della  vita fin dal grembo materno (basti ripensare ai manifesti strappati per le città italiane solo perché si ricorda che  una pillola abortiva comunque uccide un bimbo in grembo!). C’è il diritto di dire tutto e di più, tranne che quanto  può contraddire il “pensiero unico” oggi così in voga, o solo disturbare l’udito dei benpensanti di oggi. Eppure nel  vangelo noi troviamo la via per vivere una vita bella a livello personale e famigliare, una via certamente  impegnativa, ma affascinante e totalizzante. Una via della quale merita ancora oggi fidarsi e affidarsi, sull’esempio  e per intercessione della stessa Santa Famiglia di Nazareth. 

Infine, Simeone svela anche alla Madre il suo percorso: “Anche a te” (Lc 2,35). Maria non sarà esente  dalla fatica del credere, del non capire… e non sarà esente dal soffrire. Anche lei parteciperà al martirio del Figlio,  soffrendo nel cuore. E questo la renderà “una cosa sola” con il Figlio e con i figli che Gesù stesso le affiderà sotto la  croce: “Donna ecco tuo figlio” (Gv 19,26). 

In ogni famiglia ci sono momenti lieti e tristi, tranquilli e difficili. È la vita. Vivere il “vangelo della famiglia” non  dispensa dal vivere difficoltà e tensioni, di incontrare tempi di lieta fortezza e momenti di tristi fragilità. Famiglie  ferite e segnate da fragilità, da fallimenti, da difficoltà… possono risorgere se imparano ad attingere alla fonte del  vangelo; lì possono ritrovare nuove possibilità di ripartenza.  

Tutte le famiglie, tutte le coppie di sposi possono star certe di non essere sole. Come ci viene ricordato  nella prima lettura, in forza della sua misericordia, Dio è fedele alle sue promesse (Gn 15); pensiero che viene ripreso anche dal salmo: “Il Signore è fedele al suo patto: si è sempre ricordato della sua alleanza, parola data per  mille generazioni, dell’alleanza stabilita con Abramo”. Dio rivela la sua fedeltà e il suo amore verso Abramo e Sara  nel dono di un figlio, Isacco: la famiglia diventa quindi il segno della fede dell’uomo e dell’amore di Dio. Fedele  con Abramo e Sara, il Signore è fedele con tutte le famiglie. A noi tutti, allora, è chiesto di aver fede, coltivare un  rapporto di amicizia con il Signore sull’esempio di Simeone e Anna, e dei tanti amici di Dio grazie ai quali Egli ha  operato grandi cose in mezzo a noi, come anche ricordato nella lettera agli Ebrei (II lettura), modellata sul racconto  della Genesi riguardo ad Abramo-Sara. La familiarità con Dio aiuterà a intercettare i Suoi segni dentro la storia  delle nostre famiglie: qui sta il segreto. E siamo certi che accanto all’aiuto sempre fedele e fecondo di Dio, c’è la  Madre che mai fa mancare la sua compagnia.  

La Santa Famiglia di Nazareth si offre a noi tutti, e in particolare alle famiglie, come esempio e rifugio,  come fonte di ispirazione e garanzia di intercessione. Impariamo a guardare alla Santa Famiglia; impariamo le virtù  che in questo contesto familiare sono state vissute nella quotidianità della vita. Lo so, non è questo il modello di  famiglia proposto oggi. Ma la nostra cultura è il Vangelo, i nostri modelli e amici sono i santi tra i quali spiccano  proprio la Vergine Maria e san Giuseppe, genitori di Gesù. Questo clima natalizio forse meno luminoso e festaiolo  ma certamente non meno autentico, ci aiuti a ripartire dalla grotta di Betlemme con la convinzione che la fede in  Gesù, l’amicizia con Lui e i suoi “Amici” è possibile, e vivere secondo i sui criteri è un Avvenimento possibile e…  rivoluzionario. Se vissuto fino in fondo con verità, questo Avvenimento è capace ancora oggi di conquistare cuori  e intelligenze, di suscitare nostalgia di una verità spesso taciuta ma che pulsa nei cuori. È proprio vero… mai come  in questo momento c’è bisogno di testimoni innamorati del Signore, a cominciare dalle famiglie, prime chiese  domestiche.  

C’è un ultimo dato che merita di essere richiamato e ricordato. I genitori di Gesù «si stupivano delle cose  che dicevano di lui»: possiamo raccogliere questo particolare perché ci suggerisce che l’amore funziona quando si  è disposti a stupirsi per ciò che si ama. Maria e Giuseppe si lasciano stupire dalla «novità» che emerge in Gesù e di  quanto la gente dice di Lui. Insieme affrontano i problemi, insieme cercano di interpretare i segni che Dio sta ponendo lungo il loro cammino; insieme crescono e custodiscono il Bambino Gesù. Insieme. Così Gesù potrà  «Crescere in età, sapienza e grazia». Così le nostre famiglie potranno crescere.  

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Lc 2, 22-40 | don Andrea Vena 79 kb 6 downloads

Festa della Santa Famiglia di Nazareth, anno B Gn 15,1-6; 21,1-3 Sal 105 Eb 11,8.11-12.17-19…

Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.

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