don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 10 Luglio 2022

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Cosa dice la Parola/Gesù

Continuiamo il nostro cammino alla Scuola della Liturgia. In queste ultime domeniche abbiamo compreso che il  Signore chiede di essere seguito con “convinzione” e passione (XIII domenica, 26 giugno); che la missione di evangelizzare è affidata a tutti e con determinati atteggiamenti da assumere (XIV domenica, 3 luglio); oggi ci viene  indicato un ulteriore stile su cui confrontarsi: il farsi prossimo. Un testo talmente famoso, bello, importante… direi  talmente facile che preferiamo dimenticarlo quanto sia scomodo al nostro modo di vedere le cose, di vivere il  tempo, di darci le priorità. Per noi spesso vengono sempre prima i nostri interessi, la nostra libertà, le nostre  cose…mentre il Signore capovolge le priorità. Ecco la scomodità, ecco perché preferiamo dimenticarci il significato di questo brano

Eppure il Signore non si stanca di ri-presentarcelo pur che noi ne impariamo lo stile. Perché Lui sa che questo impegno, ci ricorda il testo del Deuteronomio scelto come prima lettura, che “Non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo perché tu dica: Chi salirà per noi lassù…e non è al di là del mare…Questa parola è molto  vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore”. E aderire a questa proposta, dirà il salmista, è causa di gioia: “I precetti  del Signore fanno gioire il cuore”. Ma entriamo ora nel testo del vangelo. 

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vv 25-28: “Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: “Maestro, che cosa devo  fare per ereditare la vita eterna?”. 26Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. 27Costui  rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con  tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso“. 28Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. 

La prima cosa che subito colpisce è il fatto che il dottore della legge si alza per “mettere alla prova Gesù”. Si tratta  dello stesso verbo utilizzato dall’evangelista Luca al capitolo 4, quando Gesù nel deserto è tentato dal diavolo (Lc  4,2). Un’espressione che dice che dietro la parola del dottore della legge c’è una tentazione, ossia il tentativo di  falsare la proposta di Dio. Gesù non reagisce, ma rilancia con un’altra domanda, riportando l’interlocutore sul terreno della Scrittura: “Cosa sta scritto nella Legge?…”. E su questo terreno il dottore della legge dimostra di sapere  perfettamente la risposta, tanto che Gesù risponderà: “Hai risposto bene, fa’ questo e vivrai”. Gesù non aggiunge  alcun commento e si potrebbe ritenere chiuso il discorso.  

29: Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”.

Se nella prima parte abbiamo evidenziato il tentativo del dottore della legge di mettere alla prova Gesù, di tentarlo,  ora questi rilancia con una seconda domanda: “Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”.  Quindi il dottore prima “tenta” Gesù, poi “si giustifica”. Dietro le domande di questo maestro c’è in fondo la tentazione di chiudere Dio dentro i confini della logica umana, di possederlo e quindi manipolarlo, di farlo a propria  immagine anziché noi diventare a sua immagine. Sembra quasi che questo dottore della legge cerchi ogni scusa  per sentirsi a posto semplicemente perché “sa” qualcosa, dimenticando che la fede non si può ridurre a sapere  qualcosa, ma è incontro con Qualcuno, è fissare lo sguardo sul Dolce Volto che con “fermezza” si dirige verso Gerusalemme (cfr XIII domenica).  

30-37: Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacer dote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe  compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura,  lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore,  dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra  sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. 37Quello rispose: “Chi ha avuto compassione  di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”. 

All’ennesima domanda del dottore della legge, Gesù risponde attraverso la parabola del buon samaritano, testo  che pone quest’uomo di fronte a se stesso e alle sue responsabilità. I pellegrini si recavano verso Gerusalemme per  andare al Tempio e quindi pregare, offrire sacrifici… Il fatto che l’evangelista indichi che quest’uomo fa il cammino  inverso, suggerisce che il malcapitato si sta allontanando da Dio, più che avvicinarsi. È un po’ l’esperienza del figliol  prodigo che si allontana da casa (cfr Lc 15,11ss). Ebbene, alla fine i briganti lo assalgono, lo derubano e lo lasciano  mezzo morto. Una situazione limite per far emergere i contrasti che ora seguiranno.  

Passano un sacerdote e un levita, quindi uomini religiosi, che conoscono bene la Legge di Dio ma, per non “contaminarsi” e quindi perdere la possibilità di prestare servizio al Tempio, passano dall’altra parte, passano oltre. Lo  hanno fatto anteponendo una regola umana – non contaminarsi col sangue – legata al culto, al grande comanda mento di Dio che vuole anzitutto la misericordia: “Se aveste compreso cosa che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici…” (Os 6,6; Mt 12,7).  

Dimenticano che più si allontanano dal “prossimo”, più si allontanano da Dio.  

Poi passa un “samaritano”, il “nemico” per eccellenza dei giudei (cfr Lc 9,53; Gv 4,9). Non è un caso che Gesù scelga  un samaritano, un escluso dal popolo eletto per portare il suo esempio: in questo modo Egli vuole superare il pre giudizio, mostrando che anche lo straniero, lo scartato può conoscere e amare Dio…: come il samaritano, così  molti, forse anche ai nostri giorni, non conoscono bene Dio e i suoi insegnamenti o comandamenti, ma mossi dallo  

Spirito santo sanno amare, e “Dove c’è amore, lì c’è Dio perché Dio è amore” (1Gv 4,7ss). Il Samaritano si fa “prossimo”, si fa vicino, prendendosi cura del malcapitato. Notiamo, quasi al rallentatore, quanto fa: lo vide, innanzitutto. Potremmo dire che prima di fare la strada per raggiungerlo, il Samaritano ha fatto  spazio nella casa del suo cuore non in forza di essere della stessa “comunità religiosa”, ma della stessa “famiglia  umana”: Fratelli tutti.

Ne “ebbe compassione”, quindi si lasciò toccare le viscere, non è una vista solo animata da emozione. Tutta la sua  persona è coinvolta in quel “vedere” e “provare compassione”. “Gli si fece vicino”: il Samaritano non ha paura di  “uscire” dalle sue sicurezze, dalla sua corsia: non teme di andare oltre, e si compromette per lui e con lui. Fino ad  ora è l’esatto contrario di quanto hanno fatto i due uomini che si ritengono giusti e religiosi! “Ed ecco gli fasciò le  ferite, versandovi olio e vino”. “Lo caricò sulla sua cavalcatura…lo portò in un albergo” e lasciò del denaro. Possiamo  dire che c’è quasi un crescendo di coinvolgimento: il vedere tocca lo sguardo, il com-patire tocca mente e cuore,  l’avvicinarsi riguarda i piedi, il fasciare riguarda le mani. Tutta la persona è dunque coinvolta. Solo alla fine, toccherà  le tasche, quando lascerà le monete. In questo “rito” non c’è un solo gesto religioso, eppure lui ha mostrato l’amore più degli altri due. Basterebbe ricordare il giudizio universale di Matteo: “Avevo fame, sete…”. Anche qui non c’è  un solo gesto religioso, ma tutti gesti profani, quotidiani. Ed è su questi gesti che saremo pesati alla fine della vita.  A volte, credo, ce lo dimentichiamo. Con questo non dico che non servono i gesti religiosi: ma se questi non portano  a vivere autentici gesti umani, allora i gesti religiosi sono solo una “messa in scena”.  

Gesù concluderà la narrazione con una domanda: «Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è incappato nei briganti?». L’altro risponde: «Chi ha fatto misericordia», cioè chi ha avuto compassione di lui. E Gesù a lui:  «Va’ e anche tu fa’ lo stesso». Con questa risposta Gesù rinvia alla responsabilità personale, unica garanzia per ereditare la vita eterna. Non basta quindi “dire” la Legge di Dio: questa va vissuta nel saper fare misericordia. Non è  tanto il “Chi è il mio prossimo” ciò che conta davvero, ma “A chi io devo farmi prossimo; a chi io devo farmi vicino”.  

Possiamo stare in mezzo a una folla eppur restare da soli e non accorgerci di chi ci sta accanto.  In questo agire, in fondo, troviamo la dinamica del Padre che nel suo Figlio Gesù si è fatto prossimo verso l’umanità  ferita e che ora c’invita a prenderci cura del fratello che ci sta accanto, della “moneta” che ci ha affidato sapendo  che al suo ritorno saremo ricompensati.  

Se riguardiamo al cammino fin qui compiuto in queste ultime domeniche, noteremo che il Signore ci ha invitati a  fissare il nostro volto nel suo dolce Volto; ci ha fatto prendere coscienza che a partire da questo Incontro-esperienza tutti siamo evangelizzatori; che la cartina di tornasole per verificare la verità della nostra testimonianza è  l’amore, è il farsi prossimo, come ha fatto Gesù per noi, il quale pur essendo Dio, non ha esitato ad abbassarsi sino  a farsi uomo e a dare la vita per noi. 

Non dimentichiamo che siamo in cammino, che stiamo cercando di capire e imparare come divenire sempre più e  sempre meglio annunciatori della gioia che Dio ha portato, sconfinando oltre i confini del cielo nascendo per noi  (Natale), facendosi solidale con noi, ponendosi accanto ai deboli e peccatori fino a morire in croce e risorgere il  terzo giorno (Pasqua); salendo al cielo ci ha donato lo Spirito Santo (Pentecoste) per renderci capaci di amare  come Lui, di narrare con la vita quanto è buono e grande il Signore.

Cosa rispondo io oggi alla Parola/Gesù

Colletta anno C

Padre Misericordioso, che nel comandamento dell’amore hai portato a compimento la legge e i profeti, donaci un  cuore capace di misericordia affinché, a immagine del tuo Figlio, ci prendiamo cura dei fratelli che sono nel bisogno e nella sofferenza.

Signore Gesù,
Tu sei il buon samaritano dell’umanità. Della mia vita.
Sei sceso dal Cielo
per soccorrermi sulla strada  della mia esistenza:
hai guarito le ferite del mio animo con l’attenzione della fiducia, con l’olio dell’amore
e il vino della speranza.
Soccorso, amato, guarito
ora tocca a me a fare lo stesso: divenire prossimo di quanti incontro. Purifica il mio sguardo
affinché veda chi necessita
della mia compagnia;
infondi in me coraggio,
affinché vada oltre i confini
della mia tranquillità;
riscalda il mio cuore,
affinché mi faccia prossimo
di chi ha bisogno.
E quando sentirò fatica e resistenza, aiutami a ricordare
che farmi prossimo verso gli altri è farmi vicino a Te,
è amare Te
è servire Te.
E tutto diventa possibile.

Il commento al Vangelo di domenica 10 luglio 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.