Discernere e accompagnare. Le indicazioni dell’«Amoris laetitia»

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Il Padre ama suo Figlio – dice il filosofo Romano Guardini – come «il concreto vivente» e, in Cristo, ama singolarmente ciascuno e ciascuna di noi come «concreti viventi», nella nostra propria unicità irripetibile. A ciò non può corrispondere in morale una mera casistica univoca e astorica, ma nemmeno una morale equivoca e relativista «di situazione». Quel che è richiesto è un accurato discernimento, come quello che propone l’Esortazione apostolica Amoris laetitia. Un discernimento personale, accompagnato da un discernimento pastorale ecclesiale che lo confermi, al fine di trovare la volontà del Padre, secondo Cristo come ultimo criterio, alla luce e attraverso la forza dello Spirito Santo.

Per quanto riguarda il discernimento personale, seguendo il procedere ignaziano – che può apparire ovvio nella scelta dello stato di vita o in decisioni importanti – il Papa ci esorta ad applicarlo in tutti i casi, anche e soprattutto nei più difficili. Questi ultimi infatti non si risolvono tramite la mera applicazione sillogistica di una norma, ma si riferiscono a situazioni che si verificano in mezzo a limiti, condizionamenti e contingenze storiche – psicologiche, culturali, sociali e perfino biologiche – che richiedono appunto discernimento.
In nessun modo si tratta di cambiare la dottrina sulla castità prematrimoniale o sull’indissolubilità del matrimonio cristiano, bensì di ricomprenderne le conseguenze, anzitutto rispetto a ciò che è stato chiamato «stato di peccato». Va riconosciuto che, sebbene tale stato si dia oggettivamente, ciò non implica in modo automatico che chi lo vive sia privato sempre della grazia di Dio. In questo senso, si può giungere a riconoscere che una determinata soluzione, risultato di un discernimento, «per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, […] benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo» (AL 303).

Ovviamente, non si esclude la possibilità dell’autoinganno. Perciò vengono ricordate l’esigenza dell’accompagnamento ecclesiale e la convenienza di ascoltare i maestri spirituali nei loro consigli e regole di discernimento. La Chiesa non lascia sole le persone in queste situazioni affidate alla loro coscienza, ma le accompagna da madre e maestra nella loro responsabilità cristiana libera davanti a Dio.

Francesco riconosce che a questo riguardo «due logiche percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare», e tuttavia soltanto la seconda risponde allo spirito del Vangelo. Al contrario, quanti seguono la logica dell’emarginazione e dell’esclusione possono anche affermare qualcosa la cui formulazione astratta è ortodossa, e tuttavia, per l’atteggiamento che assumono nel comunicarla, stanno di fatto trasmettendo – forse senza averne l’intenzione – un messaggio concretamente contrario allo spirito del Vangelo.

Abstract dell’articolo presente nel quaderno 4015 de La Civiltà Cattolica