Dave Hach – Commento al Vangelo del 27 Dicembre 2020

«Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo…». (Lev Tolstoj)

Se ci chiedessimo chi festeggia oggi la famiglia; chiaramente la risposta è: Dio stesso festeggia la famiglia, perché in essa ha posto, e desidera ritrovare la festa stessa della vita.

Sfortunatamente, sin dagli albori della storia dell’umanità, ci siamo trovati molte volte, ancora oggi, dinanzi alla crisi della famiglia, e l’infelicità familiare ha una complessità particolare, che esige un’attenzione specifica. Eppure, anche se questi fatti accadono, e in gran numero, percepiamo, comunque, che la famiglia rappresenta la festa della vita, in quanto la sua essenza stessa è l’amore, grazie al quale si manifesta e fiorisce l’intesa di persone che si sono incontrate grazie all’affettività umana e reciproca, che unisce tra loro gli sposi, ma che poi si sublimano nello Spirito Santo: quello per cui essa riflette attraverso sé l’Amore della SS. Trinità festeggia la vita dando alla piccola creatura umana questa grandissima capacità di unione.

Sì, ci dà l’opportunità di vivere insieme, e non perché siamo obbligati a farlo, ma perché l’abbiamo scelto con tutta la ricchezza della nostra sapienza, ponderazione, prudenza, e pure con tutto lo slancio della nostra capacità di amare, con tutto l’impegno della nostra libertà.

E’, dunque, Dio, Colui che fa compiere a Maria e a Giuseppe, e anche al piccolo Gesù, un gesto con il quale conferma che li vuole al tempio in quanto sono uniti dall’amore. E non è soltanto religioso il loro gesto, ma è anche atto di famiglia: essi si sentono famiglia proprio perché sanno perfettamente bene che è la mano di Dio che li tiene insieme.

Questa è certamente la volontà di Dio, che guarda con benevolenza le creature che accettano un tale cammino, che assumono la ricchezza della vita, perché la famiglia è la vita che fecondamente continua: creature che accettano che Dio sia con loro sempre.

Dio sa bene, infatti, chi siamo. Sa che ciascuno di noi porta in se stesso il suo essere, diverso da quello dell’altro, la sua personalità: condizione necessaria e fonte di ricchezza umana, ma che potenzialmente può trasformarsi in un protagonismo che diventa, infine, insofferenza e tensione. Quando in una famiglia si è troppo se stessi, quando si afferma una volontà di potere sugli altri, si spezza quella concordia di intenti, quella comprensione generata dall’amore che Dio ha messo a fondamento.

Il Padre sa che siamo portati ad esagerare l’importanza del nostro io, anche se ci vogliamo bene; sa quanto siamo limitati e poveri, quanti bisogni, miserie, debolezze portiamo in noi; sa che non possiamo essere lasciati soli. E a queste caratteristiche, il nostro essere ricchi di noi, ma, anche tanto poveri di generosità, Dio ci soccorre proprio col tenerci nelle sue mani all’interno di una famiglia.

La vita di famiglia si vive nella concretezza dell’agire quotidiano, ed è così che sta salda e resiste, perché Dio vi abita, e lo spirito delle beatitudini è dentro i cuori.

La Famiglia di Nazareth è il modello: Gesù, piccolo, affidato a una madre, la quale, anche lei, non era senza problemi educativi («Figlio perché ci hai fatto così?… ti cercavamo); affidato a un uomo laborioso e serio, ma con i suoi limiti, Giuseppe, il santo. Questa famiglia concreta, passo per passo, ci deve aiutare con la sua lunga esperienza di sposi e di genitori di nostro Signore Gesù.

Nella realtà di oggi, tuttavia, un grande interrogativo tormenta moltissime coscienze giovanili, i quali si domandano se si può vivere una famiglia. È una richiesta del tutto drammatica, perché colpisce al cuore la speranza e il futuro.

Chi di loro si guarda attorno e, con un certo scetticismo, conclude che non si può, è perduto. Le cose con cui viene sostituita – ad esempio un successo professionale e sociale oppure una vita di relazioni, anche affettive, molteplici e spesso labili – lasciano in fondo un senso di incompiutezza e di amarezza. Invece, si può vivere la famiglia, anche se questo comporta naturalmente un rischio, una sfida, anche una fatica poiché è sempre possibile sbagliare, perché con il passato del tempo noi cambiamo, e le vicende della vita possono alterare e minare il nostro progetto di vita autentica.

Oramai l’unità di un nucleo familiare tiene soltanto quando fa leva sulle basi profonde delle persone che lo compongono. Lo stesso legame patrimoniale non ha più lo stesso peso: resta valido soltanto ciò che l’altro, e gli altri della famiglia, sono per ciascuno in un determinato momento, è quello che si prova nei loro confronti.

Questo dà una maggior verità e autenticità ai rapporti, ma, se privato del senso della responsabilità e del dovere, espone anche ai cedimenti che nascono dalla debolezza o dal mutare delle emozioni dei sentimenti.

Ciascuno si immerga, quindi, religiosamente nella sua esperienza di famiglia, qualunque essa sia. Da una famiglia si proviene, in una famiglia si è, a una famiglia si aspira; i rapporti al suo interno sono diversi, come ovvio: si può essere in una situazione drammatica, si può avere alle proprie spalle una storia tormentata o infelice; e la vita di ogni giorno…

Ma, affidiamoci alla potenza della comunione con Dio, al miracolo del suo Amore. Nulla è così provocatorio come una sola giornata di vita familiare, perché lì c’è modo di mettere in pratica molte Virtù, forse, Tutte.

Se ci santifichiamo nella fiducia e nella carità; se facciamo in modo che essere religiosi ed essere membri di una famiglia siano due atteggiamenti che si compenetrano e si illuminano reciprocamente, sarà più facile volersi bene malgrado tutte le difficoltà che la vita comporta.

Chiediamo, particolarmente per i nostri giovani, grande speranza dinanzi a questo orizzonte; chiediamo che siano certi che, se portano in sé una coscienza serena, un cuore che vuole essere fedele e puro, la fiducia in Dio e la volontà di costruire qualcosa di bello, di sempre nuovo, Egli lo consentirà certamente.

Fonte: Facebook


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