Commento al Vangelo del 7 luglio 2014 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

SOLLIEVO

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Essere intelligenti e sapienti è una dote, ma può diventare un ostacolo se si fa troppo affidamento sulle proprie conoscenze e sui propri mezzi. Credere non è una prerogativa degli sprovveduti. Abbiamo molti esempi di scienziati o di grandi pensatori credenti. Pochi anni fa è stato beatificato Antonio Rosmini, il quale era certamente una mente superiore, basti pensare che ha scritto molte decine di opere filosofiche e teologiche. Egli si prefiggeva addirittura di avvicinare alla fede nutrendo la ragione e l’intelligenza degli uomini. Grandi scienziati come Albert Einstein, genio della fisica del ‘900, o il nostro Guglielmo Marconi e molti altri erano credenti e si interessavano del rapporto tra scienza e fede. Ci sono allo stesso modo filosofi e uomini di scienza invece che hanno scritto contro la religione. Odifreddi o Vacca, matematici del nostro tempo, sono tra questi. Il primo addirittura afferma che senza la re- ligione si vivrebbe meglio. Perché questa differenza? In realtà sia gli uni che gli altri hanno una fede: in Dio i primi, nella loro scienza e intelligenza i secondi. Ecco che cosa allontana da Dio, credere di poter sapere e dominare tutto. È l’atteggiamento di chi pensa di essere grande e confida solo sulle sue forze. Il Maestro invece ci invita a sentirci piccoli. Anche se l’uomo ha fatto grandi conquiste con la sua intelligenza, resta pur sempre un essere meschino. Basta pensare a quanto è grande l’universo e quanto è vecchio. Cos’è il nostro metro e rotti di altezza in confronto ai miliardi di anni luce che separano le stelle? Cosa sono i nostri ottanta o cento anni di vita in confronto ai miliardi di anni del cosmo? Noi abbiamo aerei, astronavi, siamo grandi costruttori, ma basta un terremoto, un tifone o qualunque cataclisma per metterci subito in ginocchio. Di fronte a queste cose non c’è scienza o tecnologia che tenga. Toccare con mano la nostra fragilità ci riporta coi piedi sulla terra. L’uomo non si è fatto da solo e non deve credere di bastare a sé stesso. Dunque avere coscienza della propria piccolezza vuol dire confidare in Dio e non in sé stessi. Quando invece crediamo che tutto dipenda da noi siamo schiacciati dalle preoccupazioni e il futuro non può che farci paura. Gesù invece ci invita a gettarci nelle sue braccia, come fanno i bambini, cioè i piccoli, che si affidano in tutto ai loro genitori. Io vi ristorerò. È un meraviglio- so sollievo per le nostre ferite. Fidiamoci della Provvidenza!

Mt 11, 25-30
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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