Gli uni gli altri
โAllรจlousโ, โgli uni gli altriโ, รจ vocabolo che si ripete in maniera martellante in tutto il Nuovo Testamento: non solo bisogna โamarsi gli uni gli altriโ (Gv 13,34; 15,12; Rm 12,10; 1 Tess 4,9; 1 Gv 3,11.23; 4,7.11-12; 2 Gv 1,5; 1 Pt 1,22), ma occorre โlavarsi i piedi gli uni gli altriโ (Gv 13,14), โgareggiare nello stimarsi gli uni gli altriโ (Rm 12,10), โcessare di giudicarsi gli uni gli altriโ (Rm 14,13), โaccogliersi gli uni gli altri come Cristo accolse noiโ (Rm 15,7), โsalutarsi gli uni gli altri con il bacio santoโ (Rm 16,16), โaspettarsi gli uni gli altriโ (1 Cor 11,33), โnon mentirsi gli uni gli altriโ (Col 3,9), โconfortarsi gli uni gli altri edificandosiโ (1 Tess 5,11)โฆ La Chiesa รจ il luogo della reciprocitร , degli stretti rapporti di fraternitร โgli uni gli altriโ.ย
Ma รจ anche il luogo del โsynโ, il โconโ, la condivisione, la compagnia: Paolo parla infatti di con-gioire, con-soffrire, con-lavorare, con-vivere, con-morire, inventando addirittura neologismi (1 Cor 12,26; 2 Cor 7,3; Fil 1,27; 2,17). I Cristiani devono โcompatireโ i fratelli, cioรจ saper โpatire conโ essi: โRallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel piantoโ (Rm 12,15), โfacendovi solidali con… gli esposti a insulti e tribolazioniโ (Eb 10,33); โSe un membro (del corpo mistico di Cristo) soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro รจ onorato, tutte le membra gioiscono con luiโ (1Cor 12,26). Gioire e piangere insieme significa vivere lโuno per lโaltro. ร lโabnegazione spinta ad un punto tale che lโaltro sono io ed io sono lโaltro, e cosรฌ vivo la vita dellโaltro (Fil 2,17-18): โAma il prossimo tuo come te stessoโ (Mt 22,39; 7,12).
โTutto il Nuovo Testamento รจ attraversato dalla preoccupazione della comunione come apprendimento di una ยซforma vitaeยป contrassegnata dal ยซsynยป (con) e dallโยซallรจlonยป (reciprocamente): ciรฒ si traduce in una costante tensione verso la capacitร di sentire, pensare, agire insieme, verso la responsabilitร di comportamenti segnati dalla reciprocitร . Eโ un cammino che nasce nel piรน elementare tessuto delle relazioni quotidiane e si concretizza in un movimento di fuga dallโindividualismo per approdare sempre di nuovo alla condivisione. Il ยซtรฉlosยป di tutto questo รจ ben espresso da Paolo in 2 Cor 7,3โฆ: ยซMorire insieme e vivere insiemeยปโ (E. Bianchi).
Una Chiesa dโamore
Ha scritto Benedetto XVI che la Chiesa deve essere una โcomunitร dโamoreโ. Infatti lโunico criterio di ecclesialitร datoci da Gesรน รจ lโamore fraterno: โDa questo tutti riconosceranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altriโ (Gv 13,35). I pagani del II secolo, ci riferisce Tertulliano, dicevano: โVedete come si amano tra loro!โ.
La dimensione piรน importante della vita ecclesiale รจ quindi lโamore fraterno: โAmatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicendaโ (Rm 12,10). Ciรฒ che dobbiamo cercare nella Chiesa รจ lโamore reciproco, ad ogni costo, senza gelosie, senza finzioni. La Chiesa sia il luogo della cordialitร , dellโaccoglienza reciproca, dellโastensione dal giudizio, della vera e piena fraternitร . La Chiesa, come abbiamo visto, deve essere il luogo dove le relazioni fraterne โgli uni gli altriโ sono strettissime, e dove si รจ talmente โconโ da formare davvero un solo corpo.
Nello stesso tempo dobbiamo essere una Chiesa che semina amore. Dobbiamo diventare sempre piรน โuna Chiesa della compassione, una Chiesa dellโassunzione partecipante del dolore altrui, una Chiesa del coinvolgimento quale espressione della sua passione per Dio. Poichรฉ il messaggio biblico su Dio รจ, nel suo nucleo, un messaggio sensibile alla sofferenza: sensibile al dolore altrui in definitiva fino al dolore dei nemiciโฆ La dottrina cristiana della redenzione ha drammatizzato troppo la questione della colpa e ha relativizzato troppo la questione della sofferenza. Il cristianesimo si รจ trasformato da religione primariamente sensibile alla sofferenza in una religione primariamente attenta alla colpa. Sembra che la Chiesa abbia avuto sempre mano piรน leggera con i colpevoli che con le vittime innocentiโฆ Il primo sguardo di Gesรน non andava al peccato degli altri, bensรฌ al dolore degli altri. Nel linguaggio di una religione borghese irrigidita in se stessa, che davanti a niente ha tanta paura quanto di fronte al proprio naufragio e che perciรฒ continua a preferire lโuovo oggi alla gallina domani, questo รจ difficile da spiegare. Dobbiamo invece metterci sulle tracce di una durevole simpatia, impegnarci in una disponibilitร coraggiosa a non eludere il dolore degli altri, in alleanze e progetti-base della compassione che si sottraggano allโattuale corrente della raffinata indifferenza e della coltivata apatia, e che rifiutino di vivere e celebrare felicitร e amore esclusivamente come messe in scena narcisistiche di apparatoโ (J. B. Metz).
Lโamore fraterno, unico criterio ecclesiologico
Lโamore ai fratelli diventa allora veramente il segno dei discepoli di Gesรน, il criterio di discernimento tra coloro che aderiscono a Gesรน il Cristo e coloro che lo dissolvono, tra i figli della luce e i figli delle tenebre. Gesรน infatti aveva detto: โVi dรฒ un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, cosรฌ amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altriโ (Gv 13,34-35). โAmarci gli uni gli altriโ รจ lโunico mezzo per essere sicuri che โDio rimane in noi e l’amore di lui รจ perfetto in noiโ (1 Gv 4,12).
Le lettere di Giovanni richiamano con forza la Chiesa di tutti i tempi a tornare alla sua essenza, che รจ di essere il luogo dellโagape, dellโamore, il segno della presenza di quel Dio che altro non รจ che โagapeโ (1 Gv 4,8), amore. Giovanni esorta la Chiesa a non essere ideologia, a non essere potenza, ma a stare a fianco di ogni uomo, in ogni cultura, assumendone, sullโesempio di Gesรน, la povertร e le sofferenze, per portarvi in concretezza segni dellโamore di Dio.
Le lettere giovannee invitano la Chiesa a vivere, come Cristo, il mistero dello svuotamento, della spogliazione, della โkรจnosisโ (Fil 2,7-8), per farsi tutto a tutti (1 Cor 9,22). Ad essere una Chiesa che vive nel servizio, nellโimpegno per la giustizia, e che vede in ogni uomo, nel povero, nel malato, nel sofferente, nel reietto, nellโescluso, il suo Dio da amare. Una Chiesa quindi militante, che confessa con forza, e talora con sofferenza, il mistero del Dio-Amore.
Certamente lโottica di Giovanni รจ diversa da quella dei sinottici. I sinottici sottolineano la dimensione โad extraโ dellโamore: Luca ci invita a farci prossimo di tutti, anche se nemici o impuri come il samaritano (Lc 10,29-37); Matteo esige: โAmate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perchรฉ siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno cosรฌ anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno cosรฌ anche i pagani?โ (Mt 5,44-47); e Paolo dirร : โVorrei infatti essere io stesso anร tema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carneโ (Rm 9,3). Giovanni invece insiste sullโamarsi tra cristiani, sullโamore come segno distintivo della Chiesa. Fratello per Giovanni non รจ, come intendono Blaz e Bultmann, ogni uomo, ma il cristiano: e โnessuno ha un amore piรน grande di questo: dare la vita per i propri amiciโ (Gv 15,13). Eโ il grande tema dellโamore allโinterno della Chiesa, dellโโamarsi gli uni gli altriโ (1 Gv 3,11.23; 4,7.11-12; 2 Gv 1,5).
Perchรฉ Giovanni, i cui scritti sono tra gli ultimi del Nuovo Testamento, si preoccupa piรน della dimensione ecclesiale dellโamore che di quella esterna? Forse perchรฉ Giovanni, sviluppandosi la vita ecclesiale, ha capito come spesso รจ piรน facile amare i lontani che gli altri cristiani: e la storia della Chiesa, con tutte le sue lotte intestine, le sue lacerazioni, i suoi scismi, le reciproche scomuniche, i suoi partiti e le sue fazioni, le sue correnti e i suoi movimenti vari in perenne disputa tra loro, lo ha ampiamente dimostrato. Talora รจ piรน facile impegnarsi per i poveri e gli oppressi che sopportare coloro che ci emarginano proprio in nome di Cristo. Eโ piรน facile aiutare un lontano che amare il vicino che vive il cristianesimo con una sensibilitร che ci urta. Eโ piรน facile perdonare un oppressore esterno che dialogare con una gerarchia che talora puรฒ sembrarci antievangelica. โChi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si รจ comportatoโ (1 Gv 2,6): cโรจ bisogno cioรจ che la Chiesa sia nel mondo segno visibile dellโAmore incarnato, sia sua concreta profezia per tutti gli uomini: non abbiamo altra missione che attirare gli altri a noi con la forza del nostro amore reciproco. Ecco perchรฉ la Chiesa deve mettere al primo posto la โkoinonรฌaโ, la โcomunioneโ interna, in un continuo superamento delle divisioni, alla ricerca dellโunitร piรน piena, per essere segno credibile del Dio Amore che la fonda e la anima.
Se nel mondo cโรจ tanto ateismo, chiediamoci se non รจ perchรฉ noi non riusciamo a dare, con il nostro comportamento, il segno di Dio agli uomini. I nostri rapporti intraecclesiali, sono allโinsegna della caritร ? Nella Chiesa cโรจ sempre rispetto per le singole persone, per la libertร del singolo, cโรจ ascolto reciproco, accoglienza, uguaglianza, fraternitร , dialogo, astensione dal giudizio? Il grande desiderio e la grande preghiera di Gesรน, prima di morire, fu: โChe tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perchรฉ il mondo creda che tu mi hai mandatoโ (Gv 17,21).
Girolamo, citando unโantica tradizione, afferma che Giovanni, ormai vecchio, fosse solo piรน capace di dire: โAmatevi!โ. Lโosservanza del comandamento dellโamore รจ lโunico criterio di appartenenza ai salvati: non lo รจ il culto, la conoscenza teologica o biblica: lo รจ solo lโamore: โNoi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perchรฉ amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morteโ (1 Gv 3,14).
Carlo Miglietta
Da: C. MIGLIETTA, EDIFICHEROโ LA MIA CHIESA. Perchรฉ (e come) essere Chiesa secondo la Bibbia, Gribaudi, Milano, 2010, con presentazione di S. E. Mons. Guido Fiandino



