Commento alle letture del Vangelo del 12 febbraio 2017 – Carla Sprinzeles

Le letture di oggi, diverse tra loro, portano un insegnamento: la sapienza, che non è dei dominatori di questo mondo è rimasta nascosta e ci viene rivelata con la morte di Gesù Cristo.
Di che sapienza si tratta?

Nel Vangelo che ascolteremo si parla di una morale della coscienza, che sostituisce la morale della legge: “fu detto, ma io vi dico”. Gesù allude alla morale dei farisei, che Egli condanna perché riguarda un comportamento esterno, una morale esteriore che non sempre corrispondeva a una spontaneità interiore.

La parola “coscienza” nella Scrittura indica il “cuore”, il centro dell’essere, il punto di unificazione delle molte facoltà dello spirito umano. La morale del Vangelo è la morale del cuore. E’ ciò che viene dal di dentro che contamina l’uomo, non ciò che viene dal di fuori.

Se osserviamo le leggi senza che nemmeno una scintilla di amore si alzi dal nostro profondo, questo non arriva dal centro del nostro essere, è una morale esteriore. La morale evangelica è rivolta soprattutto al pricipale precetto dell’amore, che riguarda il prossimo e in particolare il prossimo che per qualche motivo ce l’ha con noi. Il vero tempio è l’uomo vivente, il vero culto a Dio è l’amore per il prossimo bisognoso.

SIRACIDE 15, 15-20
Nella prima lettura leggiamo un brano del Siracide, che ci ricorda che Dio ci ha creati liberi: “Ho messo davanti a te la vita e la morte. Come tu sceglierai così avverrà.”

Per la comprensione di questo brano occorre aver presente una formula teologica e un dato di fede, che gli scritti dell’Antico testamento usano ribadire con preferenza: Dio ha fatto l’uomo alla maniera con cui il vasaio lavora la creta. Con essa possono essere riprodotti vasi destinati ad uso differente, nobile o vogare.

In questo testo si ribadisce che di fronte al bene o al male – “al fuoco o all’acqua, alla vita o alla morte” – l’uomo è chiamato a scegliere responsabilmente. Pertanto, egli non dica: “Mi son ribellato, per colpa del Signore…Egli mi ha sviato…; perché non ha bisogno di un peccatore!”

Il peccato dunque non sta propriamente nella ribellione a un piano misterioso di Dio, come già fosse predeterminato inflessibilmente per ogni uomo: colpa dell’uomo è sottrarsi alla scelta del bene, e così aderire irresponsabilmente a ciò che allontana da Dio. Ma nel nostro testo sapienziale l’esercizio della libertà non è presentato come una opzione tra due oggetti equidistanti e che lasciano per così dire, freddi e indifferenti.

Orientarsi verso il bene è aprirsi a Dio, scoprendone il volto e cercando lui, la sua sapienza e onnipotenza. Scegliere il male è anche andare verso un bene minore, piccolo come un idolo! La responsabilità personale non coincide con atti di scelta tra due beni equidistanti, aventi il medesimo peso. In tutto il nostro brano biblico, c’è sempre una terza presenza: Dio, che non si impone, ma che è interessato all’uomo e alle scelte positive che egli fa. La scelta dell’idolo è una scelta che si ritorce in servitù amara.

MATTEO 5, 17-37
Il testo del Vangelo riassume la proposta di Gesù di alcune “antitesi”: non si tratta però di creare un contrasto o addirittura una contraddizione tra legge e vangelo, ma di cogliere quella “giustizia maggiore” che Gesù indica ai suoi discepoli come forma della “nuova alleanza” che porta a compimento l’antica.

La Legge scritta, la Torah che Gesù è venuto a portare a compimento è stata fino all’incarnazione del Verbo, la mediazione usata da Dio per raggiungere l’uomo e rivelargli la sua condizione divina. Perché una legge?
L’animale è determinato dai suoi istinti e non ha quindi bisogno di un’altra norma. L’uomo invece, essendo libero, trova davanti a sé mille possibilità di gestire la sua vita. Quale scegliere?

La Torah viene a supplire la sua ignoranza, finché il bene non è ancora così evidente per lui da attirarlo irresistibilmente e permettergli di diventare testimone e interprete dell’amore infinito del Padre per il prossimo.
La Legge è la “siepe” – dicono i rabbini – che impedisce all’umanità di cadere nel burrone della violenza; è piantata da Dio attorno a ciascuno di noi, per proteggerci. L’essere umano è, infatti, infinitamente prezioso per Dio, perché in lui si condensa tutta l’umanità che lo ha preceduto.

Ciascuno è carico della positività e della negatività ereditate e presenti nei suoi genitori al momento del suo concepimento – è questa situazione che è chiamata il “peccato originale” – ed è gravato anche dalle sofferenze e dalle gioie prodotte dall’intreccio delle relazioni vissute dalla sua nascita in poi. Uccidere l’altro quindi è uccidere non solo un’immagine irripetibile del Creatore ma è troncare anche il bene che quest’esistenza avrebbe potuto realizzare. Ma Gesù va ancora oltre: insultare una persona equivale a ucciderla!

Come pensare che sarebbe un’esagerazione orientale nella bocca di colui che ci raccomanda un parlare che sia “sì, sì, e no, no”? Una bambina mortificata dallo sbottare in risate delle compagne di scuola, quando, piccola contadina, era entrata per la prima volta a scuola in città con il suo vestito più bello, diventò anni dopo una terrorista celebre.
Umiliare l’altro non è forse rischiare di ammazzare la sua capacità di scegliere il bene?

Gesù sembra molto severo quando assimila il desiderio all’atto, eppure ogni bramosia di usare l’altro come strumento di piacere o di comodo, ogni scandalo che cattura il desiderio altrui per fuorviarlo verso un male, è una violenza.
Diventa allora evidente che la prima cosa da fare, prima ancora di rendere un culto a Dio, è ricucire i rapporti con il prossimo, è coltivare la relazione!

Siamo persone libere, usiamo bene la nostra libertà, e centriamo la nostra vita nel curare le nostre relazioni, i rapporti con gli altri, le amicizie, le persone a noi più vicine: diffondiamo l’amore del Padre ai suoi figli!

A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran

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Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 12 Febbraio 2017 anche qui.

VI Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 5, 17-37
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.

Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.

Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!

Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.

Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.

Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.

Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 12 – 18 Febbraio 2017
  • Tempo Ordinario VI, Colore verde
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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