Commento al Vangelo di domenica 30 Dicembre 2018 – don Fabio Rosini

Il biblista don Fabio Rosini commenta il Vangelo di domenica 30 Dicembre 2018 – Santa Famiglia – Anno C, dai microfoni di Radio Vaticana e dalle pagine di Famiglia Cristiana.

ESSERE, COME GESÙ, NELLE COSE DEL PADRE

In ogni bambino c’è qualcosa che non può essere completamente compreso dai suoi genitori. Quando un figlio diventa adulto si inizia a scoprire che è una creazione misteriosa e sorprendente di Dio e che ci sono tanti aspetti che vanno oltre gli schemi concettuali dei genitori.

Ogni genitorialità, anche la paternità spirituale e ogni altra logica di trasmissione della vita deve misurarsi con il trauma del mistero dell’altro. In ogni bimbo c’è qualcosa di unico e irripetibile, qualcosa di segreto che Dio rivela in lui e solo in lui.

Nel nostro Vangelo vediamo Gesù lasciare la comitiva, e rendersi estraneo e introvabile. Ha varcato i parametri dei suoi genitori, il loro ritmo, la loro strada. Quando lo ritrovano è nel tempio tra i saggi, dialoga con loro e mostra una saggezza stupefacente. Quante volte sentiamo i bambini esprimere intuizioni che ci lasciano sbalorditi. Ogni generazione ha sempre qualcosa di nuovo da offrire che va oltre ciò che ci si aspetta, perché ognuno di noi è una creazione singolare e intenzionale di Dio.

Fa impressione vedere che la Beata Vergine Maria, “la sede della sapienza” è sorpresa e angosciata, come lei stessa dice, ma il Dio vero è il Dio che fa nuove tutte le cose e quel che fa in Gesù è la più grande delle Sue novità. «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Sì, certo, lo sapevano in un certo senso, ma in un altro senso no.

Ma c’è qualcosa di ancor più profondo; Gesù, alla lettera, dice: «Non sapevate che io devo essere nelle cose del Padre mio?». La natura dell’essere autentico di Cristo è tale che non può essere nient’altro che completamente coinvolto nella relazione con il Padre. Ma questo non è solo per Lui. È lo stesso per noi, anche se non lo sappiamo. Il nostro essere diviene del tutto autentico solo in relazione con Dio. Siamo veramente noi stessi quando coltiviamo questa relazione con il Signore.

CONNESSIONE CON DIO.

Proprio come Gesù è nel Padre, così anche noi siamo chiamati alla connessione con Dio, ed è proprio qui, curiosamente, che si salvano le altre relazioni. Per la connessione con Dio i nostri rapporti umani diventano meno angoscianti. L’esistenza redenta non parte dalle connessioni orizzontali, ma sgorga dal nesso con il Padre celeste. Quando c’è questa radice in Dio, non siamo minacciati o ossessionati da altro e possiamo vivere relazioni gratuite, non siamo ostaggio della compensazione affettiva. Se cerchiamo la vita per mezzo dei legami orizzontali, stiamo sempre sul ciglio della dipendenza o dell’illusione o della pretesa, e comunque dell’insoddisfazione. Se il mio essere è generato dall’Eterno, la vita non è più affanno, posso stare ovunque.

Per questo, curiosamente, il testo finisce con Cristo che torna a Nazaret e sta loro sottomesso. Non ha alcun bisogno di fare il ribelle, può stare tranquillamente con loro. È libero di riconoscerne l’autorità. Se ho trovato chi sono io in Dio, posso accogliere chi sei tu.

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di don Fabio Rosini

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