Commento al Vangelo di domenica 29 aprile 2018 – Sr. Myriam

La profezia della potatura è realizzazione di una promessa, la Sua

 

Che significa essere vite? che immagine è? A cosa si riferisce? Nell’AT la vigna è l’immagine per eccellenza con la quale si identifica il popolo di Israele, vigna che Dio stesso ha piantato, popolo eletto, popolo dell’alleanza, popolo entro cui vi è la salvezza.

È fin qui tutto può sembrarci apposto, secondo le nostre categorie, fai parte della vigna, del gregge e sei salvo.

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Ma prestando attenzione alle parole di Gesù le cose non stanno proprio così. La vite non è stata piantata e basta, ma è Lui la vite, quella vera; vuol dire che quella di prima era falsa?
No! Ma forse non era completa, perché mancava Lui. La vite vera è solo quella in cui vi è Cristo.
Ma ancora niente di nuovo sotto il sole!

Qual è allora la novità evangelica di questo passo? Io credo si trovi nel fatto che una vite si definisce tale perché ha dei tralci altrimenti sarebbe solo un tronco di vite. Cristo non è mai senza l’uomo.

Dio e l’uomo hanno smesso di contendersi, hanno smesso di giudicarsi, di scomunicarsi a vicenda, ma si sono comunicati, si sono finalmente incontrati nella persona di Cristo: grazie alla vitalità, all’energia vitale, alla linfa dello Spirito Santo.
È importante notare come il capitolo 15 di Giovanni, di cui domenica ascolteremo la prima parte, si trovi all’interno del lungo discorso che Gesù fa hai suoi e che inizia al cap.13 con la lavanda dei piedi e termina al cap.18 prima del suo arresto. Sono le ultime parole, quelle di consegna, quelle che si ricordano per sempre.

E allora si he quella della potatura non è una fatica inutile, ma un taglio necessario, un taglio mai fine a se stesso, ma aperto a quel domani in cui qualcosa sta cambiando forma, qualcosa sta prendendo la dimensione dell’Altro.

Tagliare e potare, in entrambi i casi vi è una separazione, in entrambi i casi si compie una azione dolorosa, in entrambi i casi, se osservate un ramo appena reciso vi è una lacrima di linfa.

Qual’ è dunque la differenza? Si taglia in estate, quando nell’osservare la pianta ci si accorge che vi sono solo foglie, che quel tralcio ha ricevuto linfa, ma l’ha trattenuta tutta per se è invece di esplodere in frutto e implosa in foglie.

Un po’ come quando crediamo che la salvezza, la felicità, la vita eterna siano premi da conquistare da noi cristiani con grandi sforzi, o forse “forzature”e il risultato è solo tanta apparenza, un formalismo privo di contenuti, che non ha gusto, non ha sapore, che non si lascia mangiare, una fede fai da te che invece di lasciar circolare amore, ognuno la trattiene per sé, e si ferma nelle sacrestie.

La potatura invece è un taglio fecondo, fermo, deciso, che permette alla vite di produrre frutti.
Ma attenzione, il frutto non è la quantità delle buone azioni, delle elemosine, dei gesti simil caritatevoli che compiamo, non sono le ore di preghiera, ma il frutto è la pienezza di vita dell’uomo, di ogni uomo, di ogni donna, di ogni storia, il frutto è ciò che dice Paolo nella lettera ai Galati 5,22 “il frutto dello spirito è amore, gioia, pace, pazienza..”.

Il frutto di una vita potata non è il decoroso rispetto del Catechismo della chiesa cattolica, ma il valore più alto della vita dell’uomo così da poter cantare con il salmista “mi hai fatto come un prodigio”.
Una vita potata è una vita donata, che non si risparmia, che riconosce nel profugo, nella donna, nel bambino, nell’anziano, nel malato, nel depresso, nell’emarginato, in chi non può dirti grazie il luogo in cui Dio si rivela, si manifesta, ti aspetta, ti tende la mano, e se riesce ti lascia un sorriso.

E allora sì che saremo uomini e donne pasquali, pronti a far circolare la forza vitale del Risorto nelle nostre relazioni, nei nostri ambienti familiari e di lavoro, nelle nostre chiese locali, nelle nostre comunità religiose, in ogni quotidiano che ha bisogno di gustare dei frutti dello Spirito.

Buona domenica a tutti!

Sr. Myriam (Miriam D’Agostino) del Monastero Benedettino di Sant’Anna – Bastia Umbra

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
V DOMENICA DI PASQUA – ANNO B

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 29 Aprile 2018 anche qui.

Gv 15, 1-8
Dal Vangelo secondo Giovanni

1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 29 Aprile – 05 Maggio 2018
  • Tempo di Pasqua V
  • Colore Bianco
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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