Commento al Vangelo di domenica 28 Giugno 2020 – p. Alessandro Cortesi op

E’ il tema dell’accoglienza la linea che percorre le letture di questa domenica.

La prima lettura narra una scena che riporta alla quotidianità della casa. Eliseo, uomo di Dio, riceve l’invito a fermarsi a tavola da una donna di Sunem, una straniera. Riceve poi accoglienza in quella casa dove viveva una coppia senza figli. Questo gesto di ospitalità e apertura nei confronti si apre alla sorpresa di un dono inatteso: un figlio diviene il segno della vita che nasce nuova proprio dall’esperienza dell’accoglienza.

La pagina del vangelo riporta alcuni insegnamenti di Gesù sulla missione. Gesù chiede una dedizione di fondo a seguirlo non mettendo null’altro al di sopra del riferimento a lui. Chiede innanzitutto un’accoglienza della sua parola e del suo invito: ‘chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me’. La sua proposta è un cammino in cui il discepolo segue il maestro. La vita di Gesù si è posta nell’orizzonte dell’amore e del dono, e così chiede sia la vita del discepolo.

Prendere la croce e seguirlo è un’espressione che spesso è stata letta come appello a sopportare la sofferenza o addirittura a subirla come volontà di Dio stesso. Ma Gesù non chiede ai suoi di scegliere la sofferenza: piuttosto propone la via dell’amore. La via della croce per Gesù non è stata scelta di sofferenza e dolore, ma è stato il luogo in cui ha manifestato che anche lì, nel momento più disumano, è stato possibile vivere un amore più forte della violenza, dell’ingiustizia. Prendere la croce per Gesù significa restare fino in fondo fedele all’annuncio del regno come nuovo modo di intendere la vita e i rapporti nell’accoglienza degli altri, nella tenerezza, nella convivialità.

In questo quadro Gesù invita i suoi ad intendere la vita non come percorso di possesso, di rincorsa di affermazione di se stessi, ma come luogo di condivisione, di discesa, di perdita: perdersi per ritrovarsi. La vita può essere trattenuta in un movimento di ripiegamento, di concentrazione su di sé e diviene arida senza frutto. Ma può anche divenire esperienza di apertura, di dono, di condivisione. E si apre allora ad una fecondità nuova, Gesù indica che solo nell’accoglienza si può scoprire il senso profondo della vita come comunione. Comunione con gli altri, comunione con Dio stesso che si da ad incontrare nel volto dei poveri.

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Accogliere gli altri è esperienza che apre ad accogliere la presenza di Dio stesso che viene ad abitare in noi, ci dona la sua vita, ci fa scoprire che noi siamo amati innanzitutto e accolti.

Tutto questo si attua non in ambiti particolari nell’eccezionalità di luoghi o esperienze di tipo religioso, ma nella quotidianità della vita, nei piccoli gesti ordinari che sono alla portata di tutti e che dicono come la presenza di Dio vada oltre le nostre barriere ed esclusioni. Nel dare un bicchier d’acqua si compie l’esperienza accoglienza luogo di manifestazione dell’umanità e di Dio stesso: ‘chi avrà dato anche un solo bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, non perderà la sua ricompensa’.

Solo passando attraverso il rapporto con l’altro ci apriamo a scoprire l’Altro che ci rivolge la sua parola e che chiama a intendere la vita nei termini di comunione.

Fonte


p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia. Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

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