Commento al Vangelo di domenica 23 dicembre 2018 – Salvatore Maurizio Sessa

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Il sussulto segreto della gioia

Cosรฌ piccola (Mi 5,1-4a)

ยซE tu, Betlemme di รˆfrata, cosรฌ piccola per essere fra i villaggi di Giudaโ€ฆยป. La piccolezza non ci piace. Non ci piace sentirci bassi, insignificanti, poco considerati. Il pesce grande mangia quello piccolo, e allora anche in natura esistono insetti e animali che cercano di apparire piรน grandi di quello che sono. Per sopravvivere. E cosรฌ puรฒ capitare che la storia della nostra vita coincida con la storia della nostra fuga dalla piccolezza, verso lโ€™estensione e lโ€™ingrandimento, vero o apparente, del nostro io. A volte bastano delle scarpe con i tacchi, altre una macchina piรน grossa, una casa piรน spaziosa, una posizione piรน rispettabile, un conto in banca piรน cospicuo, una estensione della propria azienda. A volte possono perfino bastare un maggior numero di like o di follower a riempire lโ€™orizzonte del desiderio. Almeno per un poโ€™.

La spinta che ha portato alla ramificazione dei grandi imperi รจ la stessa, ma la stessa รจ anche la fine ingloriosa che tutte queste grandezze transitorie hanno condiviso. Mi basta passare da via dei Fori Imperiali per ricordarmelo tutte le volte. Mentre perรฒ qui a Roma si celebravano i fasti della grandezza imperiale, laggiรน, in quella lontana e turbolenta provincia della Giudea costituita da Augusto nel 6 d.C., antiche profezie invitavano a fissare lo sguardo dove dalla piccolezza del piรน piccolo dei figli di ยซIesse il Betlemmitaยป Dio aveva tratto il messia di Israele, il re Davide (cf. 1Sam 16,1-13). Sรฌ, piccola Betlemme, ยซโ€ฆda te uscirร  per me colui che deve essere il dominatore in Israeleยป. Sรฌ, proprio da te, cosรฌ piccola come sei. Nonostante tu sia piccola? No, proprio perchรฉ sei piccola, anche se a te non piace. Cโ€™รจ in noi un desiderio di grandezza, che si compirร  nel modo piรน inaspettato. A partire da Betlemme.

Un corpo mi hai preparato (Eb 10,5-10)

In realtร  la piccolezza non piaceva nemmeno a chi conosceva quelle profezie, e proprio con quelle profezie ribolliva di desideri di riscatto, di gloria, di rivoluzione contro lโ€™impero, in nome di un altro impero. Ci si aspettava un regno con il marchio di Dio (in fondo non lโ€™aveva promesso Lui stesso, innumerevoli volte?). Ci si voleva avvicinare a Dio, o meglio tirarlo dentro la storia, spronarlo ad agire, a salvare, a perdonare. Lโ€™ambigua logica del culto sacrificale (anchโ€™essa col marchio di Dio) poteva anchโ€™essa essere piegata a questo scopo: accrescere il potere, fermarsi allโ€™esterioritร  del visibile, alla grandezza del fare umano. Una grande offerta? Una grande benedizione e una grande figura. Un piccola offerta, lโ€™obolo di una vedova: una cosa da nulla. Insomma, una sfida incredibile per chi, dallโ€™Alto, stava per scendere in basso, nel profondo abisso della nostra umanitร , per colmare questa immensa distanza. La distanza tra Dio e lโ€™uomo, la distanza tra il nostro infinito desiderio di grandezza, e il vero luogo di approdo di tale traiettoria. Ecco perchรฉ ยซentrando nel mondo, Cristo dice: โ€œTu non hai voluto nรฉ sacrificio nรฉ offerta, un corpo invece mi hai preparatoโ€ยป. Il ristretto confine della nostra corporeitร , la fragilitร  indesiderata da cui sempre in qualche modo fuggiamo, sta per rivelarsi lo spazio intimo dove puรฒ realizzarsi una Nuova Alleanza tra il Cielo e la terra.

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Colei che ha creduto (Lc 1,39-45)

La piccolezza non ci piace. Ma ancora meno ci piace il ridimensionamento. Un Dio che si rimpicciolisce non serve a nessuno, non รจ nemmeno Dio. Non puรฒ essere Dio, dice la tradizione islamica. Non ci puรฒ essere nessun Figlio di Dio nato a Betlemme e crocifisso sul Golgota. Nulla puรฒ turbare lโ€™unicitร  dellโ€™Unico, dellโ€™Assoluto, dellโ€™Onnipotente e Trascendente Dio. Forse anche per noi in fondo รจ cosรฌ, perchรฉ non ci piace essere rimpiccioliti, ridotti. E proiettiamo in Dio, per esorcizzarle, le nostre paure trasformate in fantasie di grandezza e onnipotenza divine. Giร , perchรฉ almeno qui in terra รจ la vita che si incarica a ridurre e ridimensionare le nostre illusioni di grandezza e di felicitร . A tal punto che ci siamo ammalati di chero-fobia, la paura di essere felici. Che altro non รจ che il timore che ogni barlume o sogno di felicitร  alla fine finisca, facendoci stare ancora peggio di prima. Rivelandosi cioรจ un sadico inganno. Meglio non crederci quindi. Eppure tutto nel Vangelo (Buona notizia!) parte proprio da un invito alla gioia: ยซrallegrati (chaire), o piena di grazia!ยป (Lc 1,28). E la gioia ha fretta. Si espande, vuole diffondersi, ingrandirsi, partorire, nascere, vuole visitarci.

Due donne si incontrano. Da una parte Elisabetta, perfetta figura dellโ€™Avvento, col suo grembo sterile, ma visitato da Dio. Attesa compiuta. Resurrezione della speranza. Discrezione della gioia. Dallโ€™altra Maria di Nazareth, vergine dellโ€™accoglienza, assenso ad una letizia impossibile, custode fedele della Parola promessa. Non siamo ancora a Natale, ma ci prende e ci sorprende giร  adesso un sussulto di gioia. Quella che danza dentro, nel grembo oscuro della nostra piccola storia. Ci prepariamo a questo oggi, salutando anche noi Maria come Colei che ha osato credere, credere allโ€™adempimento di tutte le promesse di bene che Dio aveva fatto al suo popolo e rinnovato in lei in un modo inimmaginabile. Un presentimento allora si fa spazio in punta di piedi: forse la nostra piccolezza รจ il luogo in cui tornare per non perdere lโ€™appuntamento con Colui che sta venendo ad abitarla per sempre, per farne il talamo nuziale dove umanitร  e divinitร  sussultano insieme, nel segreto, della gioia delle nozze eterne.

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