Commento al Vangelo di domenica 2 Settembre 2018 – don Marino Gobbin

CONSERVATORI O PROGRESSISTI?

Non intendo entrare in polemica, ma riferirmi a cose che possono avvenire nella Chiesa. Non è già un controsenso trasferire questo linguaggio (“conservatori” e “progressisti”) nell’ambito della “Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Tm 3,15), edificata “sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù” (Ef 2,20)? Eppure tutti i giorni nella Chiesa assistiamo allo scontro, nella liturgia e nella pastorale, nelle diocesi e nelle parrocchie, nelle comunità religiose e nei gruppi di laici, fra chi guarda con nostalgia al passato e non vorrebbe lasciar cadere nulla di quanto ha trovato 50 anni fa e chi scalpita per cambiare tutto e subito.

La “parola di verità”

C’è un punto sul quale è necessario essere “conservatori” fino all’osso: nell’accettare, credere, vivere, annunziare quella che Giacomo chiama “parola di verità”. Essa è un “buon regalo”, un “dono perfetto”, che “viene dall’alto e discende dal Padre della luce, nel quale non c’è variazione né ombra di cambiamento”. È “la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime”. Perciò dobbiamo accoglierla “con docilità”. Vale sempre, inteso rettamente, il monito di Mosè di non aggiungere né togliere nulla alla parola di Dio. Accoglierla e praticarla. “Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi”. Così Mosè a Israele: “Ascoltate le leggi e le norme che io vi insegno, perché le mettiate in pratica”. E Gesù rimprovera coloro che trascurano il “comandamento di Dio”.

D’altra parte non possiamo ignorare che fra coloro che si appellano all’unica parola di Dio sorgono spesso divergenze anche rilevanti su punti di dottrina e di orientamento pratico. Come spiegare questo fatto? La parola di Dio “affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli apostoli” e “trasmessa integralmente dalla sacra Tradizione ai loro successori” (Dei Verbum, 9), non contiene la risposta a tutti i nostri interrogativi, e non è sempre chiara al primo accostamento, poiché vale per tutta la Bibbia ciò che dice la seconda lettera di Pietro a proposito delle lettere del “fratello Paolo”: “In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina” (3,16). Ignoranza e instabilità che sono anche dei nostri tempi. Il rimedio è indicato dal Concilio, quando insegna: “L’ufficio poi d’interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa è affidato al solo Magistero vivo della Chiesa, la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo” (Dei Verbum, 10).

Tenendo fermo questo principio, rimane aperta la via a un sano e benefico pluralismo di opinioni nel campo esegetico e teologico, a una scelta oculata di soluzioni pastorali: ma quando è accertato, con l’aiuto della Chiesa, il senso autentico della parola di Dio, ciò che questa ci dice non può cambiare, quali che siano le opinioni o le mode del tempo.

La “tradizione degli uomini”

Alla parola di Dio, al “comandamento di Dio”, Gesù contrappone le “dottrine che sono precetti di uomini” e “la tradizione degli uomini”. Egli ha in vista quelle osservazioni a cui erano fedelissimi i farisei e gli scribi, i quali chiamavano in causa il Maestro perché i suoi discepoli le trascuravano: si trattava specialmente delle scrupolose abluzioni delle mani e di oggetti vari con cui s’intendeva liberarsi dalle impurità legali contratte in vari modi.
La risposta di Gesù è decisa. Poiché si tratta di prescrizioni e usi introdotti dagli uomini, non possono pretendere di durare immutabili. La nuova dottrina portata da Gesù valorizza l’interiorità, le cose che “vengono dal cuore degli uomini”, non le cose esteriori all’uomo. Queste, col mutare dei tempi, ambienti, circostanze, possono e debbono cambiare. Così è avvenuto sempre nella Chiesa. Quando ci si appella alle venerande usanze dei tempi antichi, spesso non si fa altro che richiamarci a cose vecchie forse meno d’un secolo, che quando furono introdotte suscitarono scalpore e proteste. Un esempio: i nostalgici del catechismo detto di s. Pio X probabilmente non sanno che quando esso fu introdotto, negli anni in cui io frequentavo il catechismo parrocchiale, trovò forte opposizione in preti e laici, e molti continuarono per lungo tempo a rifiutare le nuove formule di preghiera che esso proponeva. Il cattolico che non presume di sé ed ha fiducia nella Chiesa accoglie ora volentieri i nuovi catechismi che gli vengono proposti dai Pastori. Questo vale per la dottrina. “È necessario – riporto le luminose parole pronunciate da papa Giovanni all’apertura del Concilio – che questa dottrina certa e immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo. Altra cosa è infatti il deposito stesso della fede, vale a dire le verità contenute nella nostra dottrina, e altra cosa è la forma con cui quelle vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata”. Cioè, se la dottrina non cambia, la formulazione con cui essa viene presentata deve cambiare. Questo vale per la liturgia, e tutti siamo testimoni dei cambiamenti avvenuti per impulso del Concilio, che segnano un notevole passo avanti, promovendo una partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa della comunità (cf Sacrosanctum Concilium, 11). Questo vale per la disciplina ecclesiastica dei sacerdoti, religiosi e laici nelle cose non essenziali, in cui l’adattamento alle esigenze del tempo è legittimo e doveroso.

“Una religione pura e senza macchia”

Cos’è, dunque, che deve rimanere ad ogni costo, che non può cambiare? La parola di Dio ascoltata oggi dà una risposta negativa e una positiva, che coincidono nel significato e nella indicazione pratica.
Gesù fa un elenco di disordini, provocati dalle “intenzioni cattive” che escono “dal cuore degli uomini”: “prostituzioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza”. Il male sarà sempre male. Anche se fosse vero – ma non lo è – il “fanno tutti così”, anche se i mass-media esaltano le più spregiudicate libertà sessuali, l’inganno e la frode di chi “sa arrampicarsi”, l’avidità del denaro e gli abusi del potere, la violenza calcolata o selvaggia, nessun pretesto può giustificare ciò che Gesù apertamente condanna.

Una risposta positiva è quella di s. Giacomo: “Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo”. Conservarsi puri non col lavare le mani, i bicchieri, le stoviglie e i rami di cucina, ma operando con intenzione retta, ispirata dalla fede, mettendosi a servizio degli altri, in primo luogo di chi è bisognoso, solo e abbandonato.

Fonte

Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno A” – a cura di M. Gobbin – LDC

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XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

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Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini.

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 7,1-8.14-15.21-23
 
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
 
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
 
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate
la tradizione degli uomini».
 
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».

 

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 02 – 08 Settembre 2018
  • Tempo Ordinario XXII
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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