Commento al Vangelo di domenica 2 Giugno 2019 – don Luciano Labanca

Con la solennità dell’Ascensione di Gesù al cielo viene inaugurata una fase nuova della storia della salvezza: sottratto agli occhi “carnali”, il Signore accompagna la comunità dei suoi discepoli in un modo nuovo, in cui l’incontro personale con Lui passa attraverso la fede e la vita dei sacramenti.

Con il suo corpo glorioso, che porta in sé per l’eternità i segni ormai trasfigurati della sua Passione e morte, Egli è nel cuore della Trinità, come Capo del Corpo visibile della Chiesa. Il brano del Vangelo di Luca, tratto dal capitolo 24, che chiude i racconti pasquali, presenta l’evento della salita di Gesù nella gloria come conclusione della sua vicenda terrena, con la consegna agli Apostoli dell’eredità del Vangelo.

Essi dovranno essere testimoni della Pasqua, annunciando ai popoli la conversione e il perdono dei peccati, con la forza che riceveranno dallo Spirito promesso. Il “distacco” da Gesù, come ci viene raccontato, non è un evento drammatico, ma lascia i discepoli pieni di gioia e consolazione. Lo adorano come Dio e tornano nel tempio, sapendo che il contatto spirituale e orante con Lui, non verranno mai meno per l’eternità.

Questo è il messaggio centrale anche per noi: dal momento della sua salita al cielo, Cristo è presente per noi in un modo nuovo. Anche noi, come i primi discepoli, possiamo “entrare nel tempio” del nostro dialogo personale con Lui per incontrarlo e nutrirci della sua presenza, soprattutto nel “tempio spirituale” che è la Chiesa, la comunità dei redenti. È questo il senso delle sue parole: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20), e anche “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20). La cultura dominante e la vita frenetica di ogni giorno, non dovrebbero mai distoglierci da questa certezza.

Non siamo soli, il Signore è presente e ci accompagna con una presenza nuova, al di là dello spazio e del tempo. Ogni giorno dovremmo trovare un attimo per riconfermarci in questa  certezza. Anche gli Atti degli Apostoli, quest’altra opera lucana che racconta la missione evangelizzatrice della Chiesa fino agli estremi confini della Terra, prende le mosse dall’evento dell’Ascensione di Gesù. Nel racconto c’è un particolare degno di nota: mentre Gesù sale al cielo, gli occhi dei suoi discepoli restano fissi su di lui.

Gli angeli, questi uomini in bianche vesti, li interrogano sul perché di questo loro atteggiamento. È una domanda aperta anche per noi. Perché stiamo a guardare il cielo? La presenza di Cristo in mezzo a noi è una certezza, ma essa ci invita a prendere sul serio gli impegni della nostra quotidianità. Nella Chiesa antica ci furono alcuni movimenti, cosiddetti “ereticali”, che – dicendosi cristiani – pensavano di trascorrere tutta la vita esclusivamente nella preghiera e nel quietismo totale, abbandonando il lavoro, le relazioni e gli impegni quotidiani.

Non è questo che il Signore ci chiede! Proprio perché è salito al cielo ed è presente nella nostra vita, Egli ci invita a prendere sul serio la nostra umanità e il nostro tempo, diventando testimoni della sua presenza nel quotidiano, non trascurando i nostri impegni e incombenze, ma riempiendoli della sua presenza, perché attraverso di noi, anche altri possano entrare in questa relazione con Lui.

La solennità dell’Ascensione invita ad accogliere l’invito a “cercare le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio” (Col 3,1), senza dimenticare però che c’è un cammino da fare ogni giorno, fatto di salite e discese, di vittorie e di sconfitte, di incontri e di scontri, per poter crescere in questa amicizia con il Signore, che supera le barriere dello spazio e del tempo.

Fonte – il blog di don Luciano

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