VI Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
I bivi della nostra vita
La vita ci mette continuamente davanti a non poche alternative tra cui scegliere. Ci ritroviamo, infatti, continuamente davanti a un bivio. La filosofia, secondo alcuni interpreti, inizia proprio cosรฌ, da quel poema che narra di Parmenide, il quale si trova davanti due strade, quella dellโopinione e quella della veritร , una che porta verso la superficialitร ingannevole e lโaltra che conduce alla pienezza della vita intellettiva. Occorre scegliere!
Troppo spesso indugiamo, lasciando che la vita scelga per noi. La realtร si presenta talvolta ambigua e complessa e soprattutto facciamo fatica a intravvedere il punto dโarrivo. Eppure abbiamo la responsabilitร , mentre siamo davanti a quel bivio, nel nostro punto di partenza, di raccogliere tutte le informazioni necessarie per poter decidere da che parte andare.
Per quanto difficile, non possiamo nascondere che il criterio fondamentale delle nostre scelte sia quello di essere felici. La via migliore รจ certamente quella che porta verso un vita pienamente realizzata. Siamo infatti simili a un cespuglio che cerca acqua, come descritto da Geremia nella bellissima immagine che usa nel capitolo 17. La vita รจ sempre ricerca di una fonte per poter sopravvivere, ma a volte andiamo a cercare lโacqua proprio dove non cโรจ, stazioniamo accanto a pozzi avvelenati o confidiamo in chi ci promette unโacqua che non ci darร mai.
La lezione di Gesรน sulla felicitร
Come nel Vangelo di Matteo, anche in quello di Luca Gesรน riserva una lezione specifica alla domanda fondamentale che ogni uomo si porta nel cuore da sempre: il desiderio di essere felice.
Se nel racconto di Matteo, Gesรน saliva su un monte – come Mosรจ che saliva sul Sinai per ricevere da Dio la Legge – in quello di Luca, Gesรน รจ in un luogo pianeggiante e, per parlare alla gente, deve alzare gli occhi, quasi come se fosse piรน in basso, come se si mettesse umilmente al di sotto, ma anche come chi lascia emergere le sue parole dalla preghiera che sta rivolgendo al Padre.
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La felicitร ci sta a cuore e ci affanniamo a trovare ricette per una vita realizzata. Fin dal mondo antico, i filosofi hanno provato a dare risposta a questa domanda, eppure Gesรน non usa qui lo stesso termine usato ordinariamente tra i sapienti greci per parlare di felicitร . Aristotele, per esempio, usava il termine eudaimonia, e parlava di felicitร come quel bene ultimo che cerchiamo di raggiungere mediante i nostri comportamenti. Ogni azione รจ finalizzata quindi a raggiungere quella meta ultima.
Gesรน usa invece lโaggettivo macharioi, invitando a riconoscersi fin dโora felici, non perchรฉ si fanno delle cose meritevoli o virtuose, ma perchรฉ ci si trova in situazioni tali che consentono di essere felici. A ben guardare sono tutte situazioni in cui sperimentiamo un vuoto, una mancanza, unโassenza. Al contrario, le situazioni in cui non siamo felici, situazioni che Luca aggiunge rispetto alla versione di Matteo, sono quelle in cui siamo saturi, pieni e autosufficienti.
Sembra dunque che per Gesรน la felicitร consista in uno spazio in cui Dio puรฒ entrare. Chi รจ povero, manca del necessario, cioรจ non รจ autosufficiente, non รจ chiuso in se stesso, ha bisogno di chiedere, รจ costretto a rendersi conto di aver bisogno degli altri. I poveri sono qui gli ptochoi, coloro che possono contare solo su Dio. E proprio questo li rende felici. Non sono i poveri che ostentano la loro povertร , perchรฉ questo termine viene infatti da un verbo che significa propriamente nascondersi. Chi รจ povero sa ricevere, sa accogliere, ha lโumiltร di lasciarsi aiutare. Siamo poveri quando lasciamo che Dio si manifesti nella nostra vita.
Allo stesso modo, la fame e il pianto di cui parla Gesรน sono reali. ร la fame che egli stesso ha sperimentato nei quaranta giorni nel deserto, cosรฌ come il pianto sarร quello che sperimenterร piรน tardi davanti alla morte dellโamico Lazzaro.
Povertร o ricchezza?
Solo chi รจ povero sa ancora desiderare, sa sperimentare quella incompletezza che continua a farci camminare e sentire vivi. Chi invece รจ ricco non sente piรน alcuna spinta. Quando abbiamo tutto, siamo infelici, perchรฉ non siamo piรน capaci di desiderare, non abbiamo piรน motivi per andare avanti nella vita, diventiamo depressi. Il ricco รจ la triste immagine di chi spera che nulla cambi, il povero invece รจ colui che spera nel cambiamento, colui che non sta fermo e non si accontenta.
Per Gesรน la felicitร รจ il Regno, ma a differenza della prospettiva di Aristotele, questo sommo bene non รจ da guadagnare o da raggiungere. Il Regno รจ ricevuto, accolto, riconosciuto.
Nella meditazione sulle due bandiere, al n. 142 degli Esercizi spirituali, SantโIgnazio individua nella ricchezza il primo gradino che spinge lโuomo verso tutti gli altri vizi, al contrario Cristo chiama alla povertร e da qui a tutte le altre virtรน: ยซVi sono perciรฒ tre scalini: il primo รจ la povertร opposta alla ricchezza, il secondo lโumiliazione e il disprezzo opposti al vano onore del mondo, il terzo lโumiltร opposta alla superbia; da questi tre scalini li guideranno a tutte le altre virtรนยป (Esercizi spirituali 146).
Leggersi dentro
- Qual รจ il tuo ideale di felicitร ?
- Sai stare nelle situazioni di povertร o cerchi continuamente di difendere le tue ricchezze?
P. Gaetano Piccolo SJ
Compagnia di Gesรน (Societas Iesu) – Fonte

