Commento al Vangelo di domenica 10 giugno 2012 – padre Bruno Secondin

Nella Solennità del Corpus Domini, la liturgia ci presenta il Vangelo dell’Ultima Cena così come è raccontata da Marco. Gesù spezza il pane e lo distribuisce ai discepoli dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi dà loro il calice: 

“Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio”.

Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:

La Messa ci è così familiare che a volte non ci rendiamo conto di quale mistero in essa si compia, in questo “grande sacramento”, come diceva papa Woytila. La Messa è memoria e presenza, alleanza e banchetto, sacrificio e epifania sempre nuovi. L’immensità del mistero di Dio si fa corpo e sangue, si fa nutrimento e grazia, si fa morte e vita, per dare a noi vita eterna. La preparazione della cena pasquale, come ce la racconta Marco, in una stanza ampia e ben arredata, indica l’importanza centrale dei gesti che vi si compiono. Anche il luogo collabora all’atmosfera di festa. Ma è in quelle parole così dense di Gesù: “Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue dell’alleanza”, che si deve cogliere il vertice. Corpo e sangue del Signore: un realismo che sconcerta; ma anche un legame con tutti i corpi, le persone concrete, la realtà umana. La grazia passa proprio attraverso il realismo di un corpo che si dona, di un vivere che si fa abbraccio e servizio, attraverso fatti concreti e non solo parole. E noi ne facciamo memoria non solo nel rito, ma nel nostro vivere, nel nostro amare, nel nostro risorgere sempre da capo, nella nostra lotta alla tristezza, alla paura, alla morte. Perché trionfino la vita e la solidarietà.

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