Il commento al Vangelo del foglietto “La Domenica” del 13 dicembre 2015

INTERROGAVANO GIOVANNI: «CHE COSA DOBBIAMO FARE?»

Nonostante le nostre pene, le nostre preoccupazioni, le nostre stanchezze, abbiamo fiducia! Dio non ci abbandonerà mai. Restiamo nella pace, perché il Battesimo ci ha immersi nell’amore eterno di Dio, manifestato in Cristo.

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Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».

LA salvezza è vicina, la liberazione del popolo d’Israele si sta realizzando. Cosa fare in questo breve tempo che precede la venuta del Messia? Questo si chiedevano i contemporanei di Giovanni Battista, come riferisce l’evangelista Luca (Vangelo). Questo è ancora l’interrogativo che l’uomo si pone davanti all’invito di Cristo a stringere un patto d’amicizia con Lui. La proposta di Giovanni è semplice: cambiare vita e passare da una mentalità egoistica all’apertura agli altri. Considerare chi incontriamo come un fratello con il quale condividere il cammino, sostituendo la logica del potere e della sopraffazione con quella della solidarietà e della carità. È questo il senso dell’invito di Giovanni a dare a chi ne è sprovvisto la tunica doppia o a offrire il cibo. Questi gesti renderanno meno tristi molte persone. È questo il clima che deve definire questo tempo di attesa del Messia. La tristezza deve lasciare spazio alla gioia, così il profeta Sofonia (I Lettura), perché il Signore interviene per liberare il suo popolo. Un atteggiamento di gioia che nessuno può rubare, come scrive l’apostolo Paolo (II Lettura). Il Signore è vicino, tutto il resto passa.
Nicola Gori

GIUBILEO E SACRAMENTO DELLA PENITENZA

Dalla Porta Santa alla Confessione

LA Chiesa non è un’associazione di perfetti, ma una comunione di peccatori perdonati, cioè di persone che hanno conosciuto il fascino ingannevole del peccato, ma anche la gioiosa e liberante esperienza del perdono. L a Chiesa è chiamata ad incarnare la misericordia di Dio, diventando «luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo » (Papa Francesco). E ciò a cominciare dalla celebrazione della Penitenza, dove il sacerdote è chiamato ad essere più un padre che non un giudice. Il perdono dei peccati è la missione che il Risorto affida ai suoi discepoli la sera di Pasqua (Gv 21, 23). Missione misericordiosa della Chiesa che trova la sua espressione sacramentale nel rito della Penitenza con l’umile confessione dei peccati e la riconciliazione con Dio e con i fratelli. Il pentimento sincero e il rinnovato impegno a vivere secondo il Vangelo, sono essenziali per dare verità e piena efficacia al sacramento. La presenza del peccato nella nostra vita fa parte di un imperscrutabile e provvidenziale disegno di Dio. Infatti, solo chi ha fatto esperienza della propria miseria e, ciononostante, si è sentito amato e perdonato, è capace di compassione verso i fratelli. Per questo il cuore del Giubileo è il sacramento della Penitenza, dal quale, come da un rinnovato Battesimo, nasce un’umanità riconciliata, capace di compassione e di serio impegno per essere nel mondo concreti testimoni della misericordia di Dio.
Silvano Sirboni, liturgista

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