Commento al Vangelo del 9 maggio 2017 – don Antonello Iapicca

CAMMINIAMO NEL MONDO NASCOSTI NELLA MANO DEL BUON PASTORE

Il Tempio sorgeva sul luogo del sacrificio di Isacco, immagine di quello di Gesù. Secondo il targum Neofiti, Isacco dice a suo padre Abramo “legami, legami forte, che io non resistae il sacrificio sia così invalido”; ed è quello che ha detto Gesù nel Getsemani: “sia fatta la tua e non la mia volontà”, ovvero “legami” perché che io sia “una cosa sola con te”, e, compia l’opera dell’Agnello di Dio che non resiste al male.

Ed è quello che siamo chiamati a ripetere anche noi: “legami” Signore alla Croce, alle tue mani crocifisse, perchè oggi nessuno mi rapisca, mentre il demonio mi tenta a prostrami agli idoli, a casa, a scuola, al lavoro. Siamo, infatti, pecore scelte per vivere in mezzo al potere e alle leggi di Antioco Epifane, nella fornace ardente del mondo, e vincere il male offrendo la nostra vita. Per questo siamo pecore elette per “conoscere” il Pastore, cioè per avere una intimità tale che in noi sia vivo Lui: “sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo è vivo in me”.

Il Messia non è dunque Barabba, non è uno che rinnova le gesta di Giuda Maccabeo, ma è il Pastore che offre la vita per le pecore sino a diventare una cosa con loro come lo è con il Padre, perchè in Lui possano passare in mezzo a qualunque valle oscura. È il Pastore che le conduce fuori ad immolarsi per vincere la menzogna dei “lupi” con la forza dell’amore e del martirio: “il Buon Pastore che combatte contro le potenze del male, trionfa su di esse ed introduce le pecore nei pascoli paradisiaci, appare nel quadro della teologia della morte e del martirio. M. Quasten ha notato, infatti, che il Buon Pastore, al di fuori dei battisteri, appariva soprattutto sui sarcofagi. Questa duplicità di raffigurazione appariva anche nelle preghiere della liturgia dei morti. Cristo è il Pastore che strappa la pecora ai lupi che cercano di divorarla, lupi che sono i demoni che tentano di impedirne l’ingresso al cielo” (J. Danielou).

Ripetiamo allora ogni giorno “Legami” Gesù alla volontà del Padre, stringimi nel tuo amore, perché nessuno mi strappi da Te, e così possa essere luce posta sul candelabro per chi mi è accanto, le “pecore che ancora devono diventare un solo gregge”. E con loro possa finalmente “uscire” dal “recinto” dove, come la sposa, “me ne sono stato rinchiuso in me stesso”. Sì, il Pastore é anche lo Sposo a cui le pecore, sue spose, appartengono. Lui le chiama con tenerezza: “alzati amica mia, alzati mia bella e vieni, perché l’inverno è passato”. È la voce che “conosciamo” perché è l’unica che giunge fino ai dirupi, dietro alle grate delle nostre paure, per prenderci e camminare innanzi a noi, sino al pascolo, verso i prati d’erba fresca in cui riposare per l’eternità.

È la voce che sorge dall’alba della Pasqua, è lo Sposo che viene a sposarci nella fedeltà e nell’amore, per “cogliere i fiori della Scrittura Divina”, e gustare, anche tra le persecuzioni e nella debolezza, “le gioie spirituali della Grazia e i frutti dello Spirito”.

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Gv 10, 22-30
Dal Vangelo secondo Giovanni

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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