Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di giovedรฌ 9 Aprile 2020.
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Tra i tanti nomi con cui รจ stato chiamata lโEucaristia, quello che meglio esprime il senso e la ricchezza del sacramento รจ lo spezzar del pane.
I discepoli di Emmaus riconoscono il Signore โnello spezzare il paneโ (Lc 24,35), la comunitร di Gerusalemme partecipa assiduamente alla catechesi degli apostoli e โallo spezzare del paneโ, a Troade ci si riuniva โil primo giorno della settimana a spezzare il paneโ (At 20,7).
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Come mai i primi cristiani erano cosรฌ affezionati a questa espressione? Quali ricordi, quali emozioni risvegliava in loro?
Il pasto dei pii israeliti iniziava sempre con una benedizione sul pane. Il capofamiglia lo prendeva tra le mani, lo spezzava e lo offriva ai commensali.
Non poteva essere mangiato prima di essere spezzato e condiviso con tutti i presenti.
Fin da bambino Gesรน ha osservato Giuseppe compiere devotamente, ogni giorno, questo rito sacro ed egli stesso, divenuto adulto, lo ha ripetuto piรน volte: a Nazaret, quando suo padre รจ venuto a mancare e, durante la vita pubblica, ovunque fosse invitato a mensa.
Una sera, a Gerusalemme, lo ha rivestito di un significato nuovo.
Durante lโultima cena prese del pane, rese grazie, lo spezzรฒ e lo diede ai discepoli dicendo: Questo sono io. Prendete, mangiate!.
Parole arcane, enigmatiche che i discepoli compresero solo dopo la Pasqua.
Al termine della sua โgiornataโ, il Maestro aveva riassunto in quel gesto tutta la sua storia, tutta la sua vita donata.
Non aveva offerto qualcosa, ma se stesso. Aveva consegnato la sua persona in alimento. Ogni briciola della sua esistenza era stata donata per saziare la fame dellโuomo: fame di Dio e della sua parola, fame di senso della vita, di felicitร , di amore.
Commosso davanti alle โpecore senza pastoreโ si era seduto a insegnare molte cose: aveva spezzato il pane della Parola (Mc 6,33-34). A chi aveva fame di perdono aveva offerto i segni della tenerezza di Dio.
A Gerico nessuno immaginava che Zaccheo avesse fame. Nessuno si era dimostrato sensibile alla sua richiesta di comprensione e di accoglienza; nessuno tranne Gesรน che vide, nascosto tra le foglie di un sicomรฒro, colui che si vergognava di essere visto. Entrรฒ nella sua casa e lo saziรฒ di amore e di gioia.
Sulla mensa eucaristica, durante ogni celebrazione, Gesรน ripresenta โ nel segno del pane โ tutta la sua vita e chiede di essere mangiato.
Nel mondo gli uomini โsi mangianoโ. Lottano per sopraffarsi e asservire, โsi divoranoโ per accaparrarsi i beni e dominare. Ha successo chi, in questa competizione per il cibo, si dimostra il piรน forte.
Gesรน ha rivoluzionato questo modo preumano di relazionarsi.
Invece di โmangiareโ gli altri, di lottare per la conquista dei regni di questo mondo โ come gli aveva suggerito il maligno โ si รจ fatto mangiare.
ร da questo dono di se stesso come alimento che ha avuto inizio lโumanitร nuova.
Il gesto di porre su una mensa, di fronte a una persona affamata, una pagnotta e una coppa di vino รจ un chiaro invito non a guardare o a contemplare, ma a sedersi, prendere, mangiare e bere.
Sullโaltare, il pane eucaristico รจ una proposta di vita: mangiarlo significa unirsi a Gesรน, accettare di divenire con lui pane e offrirsi in alimento a chiunque abbia fame.
โNoi non possiamo stare senza la cena del Signoreโ. โSรฌ, sono andata allโassemblea e ho celebrato la cena del Signore con i miei fratelli, perchรฉ sono cristianaโ.
Pronunciate dai martiri di Abitine, nellโAfrica proconsolare, queste parole rivelano la passione con cui, fin dai primi secoli, i cristiani hanno partecipato allo spezzar del pane domenicale. Era per loro unโesigenza irrinunciabile. Avevano compreso che quello era il segno distintivo dei discepoli del Signore Gesรน.
Per interiorizzare il messaggio, oggi ripeteremo:
Non possiamo stare senza la cena del Signore.
Prima lettura (Es 12,1-8.11-14)
1 Il Signore disse a Mosรจ e ad Aronne nel paese dโEgitto:
2 โQuesto mese sarร per voi lโinizio dei mesi, sarร per voi il primo mese dellโanno.
3 Parlate a tutta la comunitร di Israele e dite:
Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. 4 Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerร al suo vicino, al piรน prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrร essere lโagnello, secondo quanto ciascuno puรฒ mangiarne. 5 Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nellโanno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre 6 e lo serberete fino al quattordici di questo mese: allora tutta lโassemblea della comunitร dโIsraele lo immolerร al tramonto. 7 Preso un poโ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sullโarchitrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. 8 In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare.
11 Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. ร la pasqua del Signore! 12 In quella notte io passerรฒ per il paese dโEgitto e colpirรฒ ogni primogenito nel paese dโEgitto, uomo o bestia; cosรฌ farรฒ giustizia di tutti gli dei dellโEgitto. Io sono il Signore! 13 Il sangue sulle vostre case sarร il segno che voi siete dentro: io vedrรฒ il sangue e passerรฒ oltre, non vi sarร per voi flagello di sterminio, quando io colpirรฒ il paese dโEgitto.
14 Questo giorno sarร per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenneโ.
Ogni popolo ricorda i momenti gloriosi della propria storia e tende a fissarli in riti che hanno lo scopo di evocare e, in certo qual modo, di far rivivere gli eventi del passato. Esempi di questi riti sono la parata militare, le salve di cannone, i discorsi commemorativi, lโinaugurazione di monumenti.
A Israele il Signore ha raccomandato di non scordare i prodigi con cui รจ stato liberato dallโEgitto: โBada bene, guardati dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto ed esse non ti escano dal cuore finchรฉ duri la tua vita. Anzi, falle sapere ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figliโ (Dt 4,9).
Israele รจ un popolo che ricorda e quando proclama la propria fede non si addentra in ragionamenti, ma racconta: โMio padre era un arameo errante; scese in Egitto e vi stette come forestiero. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitรน. Allora gridammo al Signoreโฆ Egli ci fece uscire dallโEgitto con mano potente e braccio tesoโ (Dt 26,5-8).
โPer non dimenticareโ, ogni anno, il quattordicesimo giorno del primo mese, celebra โ con una cena โ la liberazione dallโEgitto, la sua nascita come popolo.
Nel nostro brano sono puntualizzati i momenti di questo pasto: la scelta dellโagnello, la sua immolazione, lo spargimento del sangue sui due stipiti e sullโarchitrave delle case e il modo come deve essere cucinato e mangiato (vv. 1-8). ร spiegata la funzione del sangue dellโagnello โ segno che ha scampato gli israeliti dalla morte (vv. 11-13) โ e infine viene data la disposizione: โQuesto giorno sarร per voi un memoriale: lo celebrerete come festa del Signore di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenneโ (v. 14).
Durante la cena pasquale, ai commensali adagiati a mensa, il capofamiglia chiarisce il senso di ciรฒ che stanno compiendo, perchรฉ โ viene ricordato nellโHaggadah โ โin ogni generazione ognuno deve considerarsi come se egli stesso in persona fosse uscito dallโEgitto, perchรฉ il Signore non ha liberato soltanto i nostri padri, ma insieme a loro anche noiโ.
Gli israeliti non festeggiano un evento del passato, ma celebrano la loro personale liberazione. Nella Pasqua prendono coscienza della loro vocazione come popolo: hanno fatto lโesperienza della schiavitรน, sono vissuti in terra straniera e Dio li ha scelti per annunciare al mondo che egli รจ liberatore, che non tollera alcuna forma di schiavitรน e che ama e protegge il forestiero e chiunque sia sottoposto a vessazioni (Es 22,20).
Israele non ha tratto tutte le conseguenze dallโesperienza che ha fatto. Non รจ arrivato a โsciogliere tutte le catene inique, a spezzare i legami del giogo e a rimandare liberi gli oppressiโ โ come raccomandava il profeta (Is 58,6). Non ha ripudiato ogni forma di asservimento; ha solo mitigato la schiavitรน praticata dagli altri popoli (Dt 15,12-18). Ha continuato a ritenere che la terra promessagli da Dio fosse quella che era riuscito a sottrarre ai cananei che lโabitavano.
Non ha compreso che la vera terra della libertร รจ unโaltra: รจ quella in cui Cristo introduce tutti coloro che credono in lui e si fidano della sua parola.
Di questa liberazione e del banchetto eucaristico con cui i cristiani continuano a celebrarla, la Pasqua dโIsraele era solo una pallida immagine (1 Cor 10,6.11).
Seconda lettura (1 Cor 11,23-26)
23 Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesรน, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane 24 e, dopo aver reso grazie, lo spezzรฒ e disse: โQuesto รจ il mio corpo, che รจ per voi; fate questo in memoria di meโ.
25 Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: โQuesto calice รจ la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di meโ.
26 Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finchรฉ egli venga.
Un certo linguaggio devozionale e intimistico, sviluppatosi lungo i secoli, ha contribuito ad offuscare e, a volte, addirittura a compromettere il senso autentico dellโEucaristia.
Lo spezzar del pane non ha lo scopo di catturare Gesรน per tenerlo piรน vicino, per poterlo adorare, ma perchรฉ sia alimento e bevanda.
Il cristiano che si ciba del pane eucaristico assume, davanti a Dio e alla comunitร , un impegno solenne: si unisce a Cristo per formare con lui un solo corpo, come la sposa e lo sposo che โdivengono una carne sola; sicchรฉ non sono piรน due, ma una sola carneโ (Mc 10,7-8).
Sulla celebrazione eucaristica incombe perรฒ un grave pericolo: che venga sganciata dalla vita e si riduca a rito, a pia pratica cui si partecipa per dovere, ma di cui si puรฒ anche fare a meno.
Accade, purtroppo, che la vita sia una smentita del gesto compiuto con lo spezzar del pane. ร per questo che ogni cristiano si sente interpellato dal severo ammonimento che Paolo rivolge alla comunitร di Corinto e che precede il brano che ci viene proposto oggi nella lettura: โNon posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non รจ piรน un mangiare la cena del Signoreโ (1 Cor 11,17.20).
Cosa accadeva a Corinto?
Cโerano dissolutezze sessuali, discordie e fazioni; ma ciรฒ che piรน inquietava Paolo era un comportamento particolarmente scandaloso dei corinzi: quando si riunivano per la santa Cena, alcuni mangiavano e bevevano oltre misura mentre altri rimanevano senza cibo.
A Corinto โ come in tutte le comunitร primitive โ lโEucaristia non era celebrata in chiese, ma in case private che i cristiani benestanti mettevano a disposizione dei loro fratelli di fede.
La comunitร di Corinto era composta nella quasi totalitร da gente povera, braccianti, scaricatori di porto, schiavi. I ricchi, le persone influenti, i nobili erano pochi (1 Cor 1,26), ma si facevano notare per la loro alterigia e supponenza. Non si erano ancora resi conto che lโarroganza e lโambizione sono incompatibili con lโEucaristia.
Nelle giorno stabilito per lo spezzar del pane, questi amavano ritrovarsi, fin dalle prime ore del pomeriggio, in uno dei triclini delle loro ville; poi, adagiati su comodi divani, si abbandonavano a gozzoviglie mentre i loro fratelli erano al lavoro. Quando, sfiniti dalla fatica, questi si presentavano per la celebrazione, erano accolti con distacco e, a volte, addirittura erano scherniti.
Per mostrare quanto sia assurda e incompatibile con la fede in Cristo una simile condotta, Paolo richiama ai corinzi il significato dello spezzar del pane.
LโEucaristia non รจ un alimento da consumarsi in solitudine: รจ pane spezzato e condiviso con i fratelli. Coloro che ne mangiano si identificano con Cristo; dichiarano di essere decisi a far proprio il suo gesto di amore e si impegnano a donare la vita ai fratelli, come egli ha fatto e questa scelta non la fanno come singoli, ma uniti in un unico corpo con la comunitร .
ร dunque inammissibile che, mentre si compie il gesto che indica comunione e totale disponibilitร a donare se stessi, ci si comporti in modo altezzoso, insolente e si provochi divisione.
Una comunitร che si riunisce per lo spezzar del pane con queste indegne disposizioni interiori โmangia e beve la propria condannaโ (1 Cor 11,28-29); la sua celebrazione รจ una menzogna, un monumento allโipocrisia.
Dopo il gesto sul pane โ spiega ancora Paolo ai corinzi โ Gesรน prese anche il calice, dicendo: โQuesto calice รจ la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di meโ (v. 25).
Nella cultura semitica, bere allo stesso calice significava dichiararsi disponibili a condividere lo stesso destino, fino alla morte.
Lโinvito di Gesรน a bere al suo calice รจ la richiesta piรน impegnativa che egli fa al discepolo: gli chiede di fare, insieme con lui, la scelta risoluta del dono totale di sรฉ.
Il rischio di perdere la vita spaventa, ma Gesรน assicura: โChi vorrร salvare la propria vita, la perderร ; ma chi perderร la propria vita per causa mia, la troverร โ (Mt 16,25).
Vangelo (Gv 13,1-15)
1 Prima della festa di Pasqua Gesรน, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amรฒ sino alla fine.
2 Mentre cenavano, quando giร il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, 3 Gesรน sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4 si alzรฒ da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versรฒ dellโacqua nel catino e cominciรฒ a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con lโasciugatoio di cui si era cinto.
6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: โSignore, tu lavi i piedi a me?โ.
7 Rispose Gesรน: โQuello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopoโ.
8 Gli disse Simon Pietro: โNon mi laverai mai i piedi!โ.
Gli rispose Gesรน: โSe non ti laverรฒ, non avrai parte con meโ.
9 Gli disse Simon Pietro: โSignore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!โ.
10 Soggiunse Gesรน: โChi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed รจ tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tuttiโ.
11 Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: โNon tutti siete mondiโ.
12 Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: โSapete ciรฒ che vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perchรฉ lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. 15 Vi ho dato infatti lโesempio, perchรฉ come ho fatto io, facciate anche voiโ.
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Si rimane sorpresi, leggendo il vangelo secondo Giovanni, dal fatto che in esso non รจ raccontata lโistituzione dellโEucaristia che invece รจ riferita da tutti gli altri evangelisti.
Questa lacuna stupisce ancor piรน se si tiene presente che, al tema del โPane della vitaโ, Giovanni ha dedicato un intero capitolo (Gv 6) e che il racconto dellโultima cena occupa un quarto del suo vangelo (Gv 13-17). Come mai in questi cinque capitoli non ha neppure accennato al fatto piรน importante?
Non รจ stata una dimenticanza. Lโomissione รจ voluta e, se si considera lโepisodio con cui รจ stata sostituita, si comprende anche lโobbiettivo che Giovanni intendeva raggiungere.
Al posto dellโistituzione dellโEucaristia, egli ha inserito la lavanda dei piedi, un fatto che gli altri evangelisti ignorano, ma che per lui ha somma importanza.
Con questa sostituzione voleva far comprendere ai cristiani delle sue comunitร che Eucaristia e lavanda dei piedi sono, in certo qual modo, intercambiabili, si intrecciano, sono collegate, non possono essere capite se non lโuna in rapporto con lโaltra.
La lavanda dei piedi chiarisce il significato dello spezzar del pane, mette in evidenza che cosa comporta per il discepolo entrare in comunione con il corpo e il sangue di Cristo nellโEucaristia.
Lโintroduzione del racconto รจ solenne.
Inizia con lโindicazione di tempo: stava approssimandosi la Pasqua, la festa che celebra il passaggio dalla schiavitรน alla libertร .
Gesรน sta per realizzare la sua Pasqua. ร giunto il momento del suo esodo, del passaggio da questo mondo al Padre: deve immergersi nelle acque profonde e buie della passione e della morte per tracciare il cammino che introdurrร tutti gli uomini nella terra della libertร .
Dopo il richiamo alla Pasqua, viene ricordata lโora, quellโora misteriosa cui Giovanni ha giร fatto riferimento piรน volte nel suo vangelo.
Il primo rintocco รจ risuonato a Cana quando Gesรน ha detto alla madre: โNon รจ ancora giunta la mia oraโ (Gv 2,4). In seguito, a Gerusalemme, si sono uditi altri rintocchi: nessuno รจ riuscito a mettere le mani su Gesรน โperchรฉ non era ancora giunta la sua oraโ (Gv 7,30; Gv 8,20). Pochi giorni prima della sua passione Gesรน annuncia che lโora sta per scoccare: โร giunta lโora che sia glorificato il Figlio dellโuomoโฆ Lโanima mia รจ turbata. E che devo dire? Padre, salvami da questโora? Ma per questo sono giunto a questโora!โ (Gv 12,23.27).
ร il momento da lui tanto atteso, quello in cui, dopo aver amato immensamente i suoi, gli รจ offerta lโopportunitร di dare la prova massima del suo amore con il dono della vita.
Dopo un accenno alla cena e a Giuda โ il discepolo che, mosso dal maligno, stava per consegnare il Maestro ai sommi sacerdoti โ il racconto riprende con un tono molto solenne: โGesรน sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornavaโ.
Perchรฉ questo lungo giro di parole? Sembra eccessivo il richiamo allโautoritร di Gesรน, alla sua origine divina, al suo destino finale per introdurre una โ apparentemente banale โ lavanda dei piedi.
Il testo risulta ridondante solo se non ci si rende conto del significato rivoluzionario del gesto compiuto da Gesรน. Per Giovanni il fatto รจ di una importanza eccezionale: colui che sta per abbassarsi al livello dello schiavo รจ nientemeno che il Signore, lโUnigenito vedendo il quale si vede il Padre (Gv 14,9).
Prima e durante i pasti rituali, i pii Israeliti erano soliti compiere abluzioni con lโacqua. Al capotavola le mani venivano lavate da un servo o dal piรน giovane dei convitati.
Durante lโultima cena accade qualcosa di inaudito. Nella mente dellโevangelista il fatto รจ rimasto scolpito in modo cosรฌ nitido e indelebile da essere ricordato fin nei minimi dettagli.
Sotto gli sguardi attoniti dei discepoli, Gesรน si alza da tavola, depone le vesti, prende un asciugatoio, se lo cinge attorno alla vita; poi versa dellโacqua nel catino e comincia a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con lโasciugatoio di cui si รจ cinto.
Tutto si svolge in silenzio.
Tacciono i discepoli: la scena cui stanno assistendo รจ tanto sorprendente da lasciarli allibiti. Non credono ai loro occhi: Gesรน si รจ tolto le vesti โ come fanno gli schiavi โ e non lava le mani, ma i piedi; si sottopone a un gesto tanto umiliante che un giudeo, ridotto in schiavitรน, doveva rifiutarsi di eseguire per non disonorare il suo popolo.
Gesรน lo compie: lui, Dio.
Lo stupore dei discepoli รจ comprensibile: sono vissuti per tre anni accanto a Gesรน, lo hanno riconosciuto come il Cristo e attendono impazienti che egli porti a compimento le Scritture. Hanno appreso che il Messia โdominerร da mare a mareโฆ lambiranno la polvere i suoi nemiciโฆ Davanti a lui tutti i re si prostreranno e lo serviranno tutte le nazioniโ (Sl 72,8-11).
Ora, nel cenacolo queste loro speranze di gloria si dissolvono, impietosamente demolite dalla scena che lentamente sta svolgendosi sotto il loro occhi.
Durante lโultima cena, il Dio โvenuto ad abitare in mezzo a noiโ (Gv 1,14) ha scoperto le carte e ha mostrato la sua vera identitร . Nel gesto della lavanda dei piedi i discepoli hanno potuto leggere, indicata a chiare lettere, la sua professione: non padrone, ma โschiavoโ.
Impossibile immaginare una rivelazione di Dio piรน sorprendente. Eppure questo Dioโservo รจ lโunico vero, tutti gli altri sono idoli creati dalla mente dellโuomo.
Ora cominciamo a intuire la ragione dellโimportanza che Giovanni ha attribuito a questo episodio.
Lavando i piedi dei discepoli, Gesรน ha distrutto per sempre lโimmagine che gli uomini si erano fatta di Dio: il Dio grande sovrano seduto in trono; il Dio che pretende adorazioni, ossequi, atti di sottomissione da parte dei sudditi; il Dio che esige obbedienza e rispetto altrimenti si indigna e reagisce con rappresaglie e punizioni; il Dio dominatore che annienta coloro che osano schierarsi contro di lui.
Gesรน rende presente un Dio dal volto completamente diverso: รจ il Dio che si pone in ginocchio davanti allโuomo, sua creatura. Lo colloca su un piedestallo mentre lui โ lโOnnipotente โ gli si prostra davanti per servirlo. Questo รจ lโunico Dio in cui siamo invitati a credere. Prendere o lasciare!
Di fronte a questa scena โ che provoca vertigini โ si rivelano grottesche, patetiche le nostre competizioni per ottenere baciamani, inchini, titoli onorifici, riconoscimenti. Appaiono meschini i nostri conflitti per raggiungere posizioni sempre piรน elevate.
Pietro comprende che il Maestro sta introducendo nel mondo un principio che scombina tutti gli schemi dettati dal buon senso, stravolge tutti i criteri di giudizio accolti come logici dagli uomini.
Non ci sta. Non puรฒ ammettere che i superiori, i piรน dotati, coloro che, con pieno merito, riescono a emergere e a farsi una posizione prestigiosa, debbano ritenersi servi degli ultimi.
Reagisce e, a nome di tutti, prima chiede stupito: โSignore, tu lavi i piedi a me?โ; poi oppone un rifiuto categorico: โTu non mi laverai mai i piedi!โ.
Non accetta che il Maestro compia quel gesto.
Gesรน non si meraviglia della sua incapacitร di comprendere: la logica del servizio gratuito e incondizionato รจ lontana dai pensieri degli uomini come il cielo dalla terra. Non sorprende che sia inaccettabile per Pietro che โ come Gesรน gli ha giร fatto notare โ non pensa secondo Dio, ma secondo gli uomini (Mc 8,33).
โSe non ti laverรฒ, non avrai parte con meโ โ gli dice.
Non รจ un rimprovero e neppure un invito ad accettare, come norma della propria vita, il gesto compiuto dal Maestro. Sarebbe pretendere troppo da un discepolo sconcertato e titubante.
Gesรน non gli dice: โSe non accetti di lavare i piedi ai fratelli, tu non hai nulla a che vedere con meโ, ma: โSe io non ti lavo i piediโ.
ร Gesรน โ non Pietro โ che deve lavare i piedi.
A Pietro รจ chiesto soltanto di non impedire a Dio di rivelare la propria identitร di schiavo dellโuomo. Se glielo impedisse non otterrebbe la salvezza.
Essere salvati, infatti, significa lasciarsi liberare dalla convinzione che ci si umanizza salendo, dominando, facendosi servire.
Chi ripudia questa proposta suggerita dal maligno e sceglie โ come fa Dio โ di essere servo di tutti รจ salvo.
La salvezza รจ giunta allโuomo quando Gesรน ha realizzato la discesa cantata nel celebre inno della Lettera ai filippesi: โEgli, pur essendo di natura divina, non considerรฒ un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliรฒ se stesso, ย assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliรฒ se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croceโ (Fil 2,5-8).
Concluso il dialogo con Pietro, il racconto prosegue con la descrizione dettagliata dei gesti compiuti da Gesรน: โRiprese le vesti, sedette di nuovoโฆโ.
Ogni movimento รจ accuratamente rilevato dallโevangelista ed รจ carico di simbolismo.
Gesรน aveva deposto le vesti, gesto che indicava la sua identitร di schiavo. Erano gli schiavi infatti che indossavano abiti succinti per essere piรน liberi nei movimenti.
Ora Gesรน riprende le vesti e si siede.
Ambedue questi gesti richiamano la condizione della persona libera (gli schiavi non si mettevano tuniche ingombranti e rimanevano in piedi, pronti a scattare agli ordini del padrone).
Dopo aver donato la propria vita servendo lโuomo, Gesรน รจ entrato nella condizione gloriosa del cielo e il Padre lo ha fatto sedere alla sua destra.
Si noti perรฒ un dettaglio che rischia di passare inosservato: Giovanni non dice che Gesรน si รจ tolto il grembiule prima di rimettersi le vesti. Questo capo di vestiario gli รจ rimasto addosso, lo porta anche in paradiso. Non รจ venuto sulla terra per recitare la parte del servo e tornare in cielo a fare il padrone.
Rimane sempre servo perchรฉ questa รจ lโidentitร di Dio.
Il grembiule รจ il simbolo del servizio, รจ la divisa che il cristiano non puรฒ mai deporre, deve indossarla ventiquattro ore su ventiquattro. In ogni momento un fratello puรฒ avere bisogno di lui ed egli deve essere sempre disponibile a correre in suo aiuto.
ร da questo grembiule e non da altre divise che sono riconoscibili i discepoli autentici.
Pochi versetti piรน avanti Gesรน ripresenta, in forma di testamento, il punto centrale di questa sua proposta di vita: โVi dono un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, cosรฌ anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altriโ (Gv 13,34-35).
Discepolo รจ colui che segue le orme del Maestro.
โAbbiate in voi stessi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesรนโ โ raccomanda Paolo ai filippesi (Fil 2,5).
Vi ho dato lโesempio โ dice Gesรน โ affinchรฉ come ho fatto io facciate anche voi.
Egli โnon รจ venuto per essere servito, ma per servireโ (Mc 10,45). Anche i suoi discepoli, sul suo esempio, sono chiamati a divenire servi.
Ora possiamo riprendere il tema dellโEucaristia.
La lavanda dei piedi ci ha fatto comprendere che cosa comporta il gesto di accostarsi allโaltare per โcomunicare al pane eucaristicoโ. Significa accettare coscientemente di identificarsi con colui che, per tutta la sua vita, ha indossato il โgrembiuleโ. Mangiare il suo corpo e bere il suo sangue vuol dire divenire un corpo solo con lui.
Nella seconda lettura, Paolo raccomandava che, prima dello spezzar del pane, ciascuno facesse un accurato esame di coscienza. La domanda, lโunica domanda che ci si deve porre e che riassume tutti gli impegni della vita cristiana รจ: ho sempre indossato il โgrembiuleโ oppure sono nudo e, come Pietro sul lago di Tiberiade (Gv 21,7), ho bisogno di rivestirmi prima di andare incontro a Cristo?
โUn servo non รจ piรน grande del suo padrone, nรฉ un apostolo รจ piรน grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in praticaโ (vv. 16-17).
Il brano che la liturgia di oggi ci propone non include questi due versetti. Li riprendiamo lo stesso perchรฉ costituiscono la conclusione di tutto il racconto.
Spogliarsi, farsi schiavi, mettere il grembiule. ร un cammino che sembra avere come meta ultima il dolore, lโumiliazione e la morte.
Una certa spiritualitร del passato ha difatti presentato lโadesione a Cristo come una ricerca della sofferenza e il dolore come un mezzo per piacere a Dio. Da qui รจ derivata la convinzione che la vita cristiana non sia fonte di gioia, ma di angoscia e paura.
Lโuomo cerca la felicitร . ร Dio che gli ha posto nel cuore questo incontenibile desiderio. Difficile รจ perรฒ individuare il cammino per raggiungerla ed รจ facile puntare su obbiettivi sbagliati e ritrovarsi delusi e avviliti.
Si pecca quando si punta su una felicitร illusoria.
Il vangelo รจ lieta notizia, propone la beatitudine.
Contro tutte le logiche umane, Gesรน garantisce a coloro che si fidano della sua proposta: โSarete beati!โ.
Ecco la sorpresa: il dono di sรฉ รจ lโunico cammino che porta alla gioia.
ร la prima delle due beatitudini che si trovano nel vangelo di Giovanni.
La seconda Gesรน la rivolgerร a Tommaso: โBeati coloro che, pur non avendo visto, crederannoโ (Gv 20,29).
Due beatitudini: una per chi pratica la caritร , lโaltra per chi ha la fede.
