Commento al Vangelo del 6 Marzo 2019 – don Luciano Labanca

Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris” (dalla liturgia). “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai“: parole forti, quelle che la Chiesa ci ripropone ogni anno il Mercoledì delle Ceneri, mentre ci viene imposta la cenere sul capo. Qual è il significato di un gesto così austero? Romano Guardini risponde: “Caducità: ecco cosa significa la cenere. La nostra caducità, non quella degli altri. La nostra; la mia! Essa mi parla del mio trapassare, quando il sacerdote al principio della Quaresima, con la cenere dei rami un dì freschi e verdi della trascorsa domenica delle palme, disegna sulla fronte una croce” (I santi segni, 164).

La liturgia della Chiesa, in altre parole, ci ricorda che siamo creature fragili, destinate alla caducità e per questo, siamo invitati a dare un senso nuovo alla nostra esistenza, quello che ci viene dalla Parola di Dio e che si riassume in una parola che sentiremo spesso ripeterci in questi 40 giorni: conversione (metànoia)! Urge un continuo cambiamento di mentalità, una revisione costante della nostra scala valoriale e delle priorità: mettere Dio al primo posto. Solo Lui può dare senso al nostro essere “cenere”, rendendoci partecipi della forza della sua Risurrezione! Il libro di Giobbe ci ricorda profeticamente: “Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!” (Gb 19,25). La Quaresima, con i suoi 40 giorni, fino al Triduo Pasquale e le sue cinque domeniche, è un’ottima strada per rientrare in sé stessi e rimettere ordine nella propria vita, dando un maggior tempo all’ascolto della Parola di Dio, alla preghiera personale, vivendo anche quelle piccole mortificazioni fisiche (che non sono per nulla passate di moda!) e spirituali, per ritemprare la nostra volontà e orientarla al Vero Bene, rinunciando un po’ a noi stessi, al nostro orgoglio ed egoismo.

La Chiesa, nella sua sapienza secolare, fa eco alle raccomandazioni evangeliche di Gesù, invitando in particolare alla preghiera, al digiuno e all’elemosina. Nel messaggio quaresimale del 2019, intitolato “L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio” (per leggerlo, clicca qui), papa Francesco presenta il senso di questi “mezzi” spirituali, quando afferma: “Digiunare, cioè imparare a cambiare il nostro atteggiamento verso gli altri e le creature: dalla tentazione di “divorare” tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore. Pregare per saper rinunciare all’idolatria e all’autosufficienza del nostro io, e dichiararci bisognosi del Signore e della sua misericordia. Fare elemosina per uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell’illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene. E così ritrovare la gioia del progetto che Dio ha messo nella creazione e nel nostro cuore, quello di amare Lui, i nostri fratelli e il mondo intero, e trovare in questo amore la vera felicità” (n. 3).

Il tempo della Quaresima è davvero, allora, un tempo favorevole, nel quale – come il popolo d’Israele in cammino nel deserto (40 anni), o come Gesù in preghiera nel deserto (40 giorni) – possiamo lasciarci guidare dalla pedagogia di Dio, in una costante purificazione del cuore verso ciò che è essenziale. Questo tempo liturgico, infine, rappresenta la parabola di tutta la nostra vita: con la nuova dignità di Figli di Dio ricevuta nel battesimo (il cui significato siamo anche invitati a riscoprire in questo tempo forte), siamo in cammino verso l’orizzonte finale, quello dell’eternità. La quotidianità è l’occasione per prepararci nella fede, nella speranza e nella carità, anche attraverso le vie del silenzio, della preghiera e della penitenza, al nostro incontro pieno e definitivo con Cristo, nella Pasqua senza tramonto.

Fonte – il blog di don Luciano

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