Commento al Vangelo del 30 ottobre 2011 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

SERVIZIO E POTERE

Gesù parla delle autorità religiose del suo tempo e non è affatto tenero. Li accusa di essere incoerenti, perché non fanno quello che dicono, e di essere dei palloni gonfiati che amano essere riveriti. Desiderano essere chiamati rabbì, cioè maestri, perciò significa che vogliono insegnare agli altri. Il vero insegnamento però, è l’esempio. Questa parola la sento rivolta a me prima di tutto, ma può essere applicata a chiunque abbia una responsabilità educativa: genitori, insegnanti e anche personalità pubbliche. Dai genitori non si impara quello che dicono, ma quello che fanno. Non si impara l’onestà dai disonesti o la fedeltà dai fedifraghi. Così un sacerdote è credibile se dimostra di avere fede, se è capace di vivere il vangelo o almeno si sforza di farlo. I maestri o gli insegnanti che ricordiamo, non sono quelli che pigramente ci facevano lezione, ma quelli che ci hanno trasmesso la passione che avevano per la loro materia, quelli che ci hanno mostrato di avere dei principi in cui credevano, quelli che ci hanno dimostrato di volerci bene.

Questa è la differenza tra ruolo e servizio. Se pensiamo al vangelo di domenica scorsa in cui il Maestro riassume tutta la legge nel comandamento dell’amore, allora si capisce il senso dell’ammonimento di Gesù. Avere attenzione per i fratelli vuol dire servirli e questo è il compito di chi ha responsabilità sugli altri. Viceversa chi si preoccupa prima di tutto di se stesso, di essere riconosciuto ed è incapace di mettersi in discussione, allora cerca solo il potere che il ruolo gli conferisce. Gesù dice di non farsi chiamare padre, o maestro, o guida, eppure noi riconosciamo di avere un padre, anche in senso spirituale, abbiamo o abbiamo avuto dei maestri e delle guide. Non stiamo mettendo in pratica il vangelo? Non è il significato letterale che conta qui. Gesù ci dice non fatevi chiamare, ma sforzatevi di essere padri e maestri. Cioè non cercate il ruolo, ma l’autorevolezza che legittima il ruolo. Non sgomitate per essere i primi, ma cercate di essere al servizio degli altri. San Pietro nella sua prima lettera (5,3) raccomanda ai pastori: non spadroneggiate sulle persone a voi affidate, ma fatevi modelli del gregge. Questo vale per me e per chiunque abbia responsabilità su delle persone. Tutti noi abbiamo in mente degli individui che sono incoerenti, dai sacerdoti ai governati, passando per i genitori, i dirigenti, i professori e così via. Puntare il dito sugli altri è la cosa più facile. Potremmo invece metterci in discussione, per vedere in che modo esercitiamo l’autorità del nostro ruolo, qualunque esso sia: siamo al servizio o cerchiamo solamente il nostro tornaconto?

Mt 23, 1-12
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare ‘’rabbì’’ dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare ‘’rabbì’’, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno ‘’padre’’ sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare ‘’maestri’’, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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