Commento al Vangelo del 30 Marzo 2018, Venerdì Santo – Sussidio Quaresima CEI

30 Marzo 2018 – Passione del Signore

Al centro della liturgia del Venerdì santo sta la proclamazione della Passione del Signore secondo l’evangelista Giovanni. La passione secondo Giovanni (Gv 18,1-19,42) presenta la morte di Gesù in croce come l’intronizzazione del re. Nel prefazio I della passione del Signore si prega: «Nella passione redentrice del tuo Figlio tu rinnovi l’universo e doni all’uomo il vero senso della tua gloria; nella potenza misteriosa della croce tu giudichi il mondo e fai risplendere il potere regale di Cristo crocifisso» (Messale Romano, p. 325).

In questa prospettiva gloriosa, la croce viene adorata come il «trono della grazia». Il brano della seconda lettura (Eb 4,14-16; 5,7-9), esorta: «Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno» (Eb 4,16).

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Il IV Carme del Servo del Signore ci guida nel cogliere gli elementi di fondo dell’evento della passione e morte del Signore. Innanzitutto, dall’esperienza del protagonista emerge la prima caratteristica, che ritroviamo in Gesù, quella della giustizia. È un uomo giusto al quale viene inflitta una condanna ingiusta (Is 53,8). È un primo tratto indispensabile per cogliere il senso della passione di Gesù. Egli è, come il Servo del Signore, un giusto che per la sua giustizia viene condannato e tolto di mezzo. La sua morte quindi non può essere in alcun modo spiritualizzata, non la si può semplicemente accettare come volontà di Dio, dal momento che è e rimane una ingiustizia. È la sorte del giusto nella storia dell’umanità! (Cf. Sap 2,12-14). La passione e morte di Gesù, come quella del Servo del Signore, è quindi innanzitutto una ingiustizia, mentre colui che subisce questa sorte si presenta come il Giusto.

Un secondo aspetto che possiamo sottolineare è il modo di affrontare la situazione ingiusta nella quale il Servo si viene a trovare in un mondo nel quale l’ingiustizia si impone con prepotenza. Il Servo del Signore, come Gesù davanti ai suoi accusatori, non risponde con gli stessi mezzi violenti. Egli è mite, come coloro che sono stati detti felici nelle beatitudini (Mt 5,5). Del Servo Isaia dice: «Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca» (Is 53,7). Il giusto ingiustamente condannato affida a Dio la sua difesa e non assume gli stessi mezzi dei suoi accusatori, ma anche nell’ingiustizia rimane giusto.

Un altro elemento importante che emerge nel modo in cui il Servo vive la situazione nella quale si trova, che è già emerso la Domenica delle Palme e il Giovedì santo, è la sua libertà. Sembrerebbe che in tutti i fatti che vengono narrati il Servo sia unicamente una vittima in balia dei suoi nemici. In realtà ciò che avviene è frutto di una sua libera scelta: «ha spogliato se stesso fino alla morte» (Is 53,12). Il Servo non affronta le vicende della sua vita con rassegnazione e passivamente, ma come protagonista che tiene in mano la sua esistenza e non se la lascia sottrarre da coloro che attentano alla sua vita. Questo aspetto emerge molto chiaramente nel racconto della passione. Basta pensare al dialogo con Pilato (Gv 18,28-38) o all’azione di affidare la Madre-Chiesa al discepolo amato (Gv 19,26).

Sempre sulla linea di cogliere la modalità del Servo del Signore di vivere la passione e la morte, possiamo vedere come il testo legga la sua vicenda in quanto dono di sé per la vita degli altri. È un’idea che ritorna con insistenza nel testo: «Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità» (Is 53, 5; cf. anche Is 53,10). Possiamo proiettare anche quest’aspetto sulla vicenda della passione di Gesù. Anche lui non si presenta come un eroe, che muore unicamente per coerenza con le proprie convinzioni. Se fosse così, gli stessi suoi discepoli non sarebbero altro che i difensori di una causa. Gesù vive sì la sua passione nella libertà, ma per amore dei suoi. Questo aspetto è già emerso nell’episodio della lavanda dei piedi, che si apre proprio con l’affermazione dell’amore di Gesù per i suoi discepoli e per l’umanità fino alla fine (cf. Gv 13,1). È significativo che del Servo si dica che il motivo per cui egli avrà una discendenza sta nel fatto che abbia offerto la sua vita. Anche per Gesù la morte che egli affronta per amore e nella libertà è fonte di vita. Pensiamo al sangue e all’acqua che escono dal costato di Gesù morto in croce: Giovanni stesso interpreta questi elementi come fonte di vita (cf. 1Gv 5,6). Inoltre, il quarto evangelista colloca il dono dello Spirito proprio nel momento in cui Gesù dona la sua vita in croce: «E, chinato il capo, consegnò lo spirito» (Gv 19,30). Il fatto che Giovanni collochi il dono dello Spirito mentre Gesù dona la sua vita in croce, crea un legame tra dono di sé e discendenza, proprio come accade per il Servo del Signore. Nel Vangelo di Giovanni abbiamo già trovato questo annuncio nell’immagine del seme di grano che muore nei solchi della terra per portare frutto (cf. Gv 12,24).

All’inizio del carme si afferma che nell’esistenza del Servo assistiamo ad un fatto mai raccontato (Is 52,15). Nell’esistenza di Gesù e nella sua passione e morte possiamo contemplare questo fatto mai visto: sul volto sfigurato del Servo del Signore, il volto dell’uomo come Dio lo ha sognato e pensato. Per questo anche noi oggi possiamo accostarci con piena fiducia al trono della grazia (II lettura), «per ricevere misericordia e trovare grazia» (Eb 4,16). Oggi la passione del Signore continua nel suo corpo, perché con lui sepolti possiamo risorgere insieme a lui.

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Gv 18, 1 -19, 42
Dal Vangelo secondo Giovanni

– Catturarono Gesù e lo legarono
In quel tempo, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cèdron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

– Lo condussero prima da Anna
Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

– Non sei anche tu uno dei suoi discepoli? Non lo sono!
Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

РIl mio regno non ̬ di questo mondo
Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

– Salve, re dei Giudei!
Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

– Via! Via! Crocifiggilo!
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. Era la Parascève della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

– Lo crocifissero e con lui altri due
Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

– Si sono divisi tra loro le mie vesti
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato –, e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice: «Si sono divisi tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». E i soldati fecero così.

– Ecco tuo figlio! Ecco tua madre!
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

(Qui si genuflette e di fa una breve pausa)

– E subito ne uscì sangue e acqua
Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».

– Presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli insieme ad aromi
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di áloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parascève dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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