Commento al Vangelo del 3 luglio 2011 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

SOLLIEVO

Essere intelligenti e sapienti è una dote, ma può diventare un ostacolo se si fa troppo affidamento sulle proprie conoscenze e sui propri mezzi. Credere non è una prerogativa degli sprovveduti. Abbiamo molti esempi di scienziati o di grandi pensatori credenti. Pochi anni fa è stato beatificato Antonio Rosmini, il quale era certamente una mente superiore, basti pensare che ha scritto molte decine di opere filosofiche e teologiche. Egli si prefiggeva addirittura di avvicinare alla fede nutrendo la ragione e l’intelligenza degli uomini. Grandi scienziati come Wernher von Braun, il padre dei missili americani, o il nostro Guglielmo Marconi e molti altri erano credenti e si interessavano del rapporto tra scienza e fede. Ci sono allo stesso modo filosofi e uomini di scienza invece che hanno scritto contro la religione. Odifreddi o Vacca, matematici del nostro tempo, sono tra questi. Il primo addirittura afferma che senza la religione si vivrebbe meglio. Perché questa differenza? In realtà sia gli uni che gli altri hanno una fede: in Dio i primi, nella loro scienza e intelligenza i secondi. Ecco che cosa allontana da Dio, credere di poter sapere e dominare tutto. È l’atteggiamento di chi pensa di essere grande e confida solo sulle sue forze. Il Maestro invece ci invita a sentirci piccoli. Anche se l’uomo ha fatto grandi conquiste con la sua intelligenza, resta pur sempre un essere meschino. Basta pensare a quanto è grande l’universo e quanto è vecchio. Cos’è il nostro metro e rotti di altezza in confronto ai miliardi di anni luce che separano le stelle? Cosa sono i nostri ottanta o cento anni di vita in confronto ai miliardi di anni del cosmo? Noi abbiamo aerei, astronavi, siamo grandi costruttori, ma basta un terremoto, un tifone o qualunque cataclisma per metterci subito in ginocchio. Di fronte a queste cose non c’è scienza o tecnologia che tenga. Il recente terremoto in Giappone e l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima ne sono un esempio recente. Toccare con mano la nostra fragilità ci riporta coi piedi sulla terra. L’uomo non si è fatto da solo e non deve credere di bastare a sé stesso. Dunque avere coscienza della propria piccolezza vuol dire confidare in Dio e non in sé stessi. Quando invece crediamo che tutto dipenda da noi siamo schiacciati dalle preoccupazioni e il futuro non può che farci paura. Gesù invece ci invita a gettarci nelle sue braccia, come fanno i bambini, cioè i piccoli, che si affidano in tutto ai loro genitori. Io vi ristorerò. È un meraviglioso sollievo per le nostre ferite. Fidiamoci della Provvidenza!

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