Commento al Vangelo del 3 febbraio 2019 – P. Antonio Giordano, IMC

Gli abitanti di Nazaret considerano loro compaesano il predicatore; le sue parole di grazia le mettono da parte. Essi vorrebbe un Gesù dirompente, eccezionale, che compia a casa propria gli stessi prodigi che ha compiuto a Cafarnao e altrove.

Gesù intuisce subito che la sua gente vorrebbe dirgli: “Medico, cura te stesso”, cioè fai anche a casa tua come hai fatto altrove: compi anche qui un miracolo, un qualcosa di grande.

Gesù per tutta risposta porta gli esempi lampanti di Elia con la donna si Sarepta salvata dalla carestia con il figlio, Eliseo, con Naaman il Siro lebbroso, per affermare che non la curiosità gratuita, ma la vera fede forte e perseverante guadagna un miracolo; questa fede si trova anche al di fuori dei confini della Giudea. Come se Gesù dicesse: “La mia presenza adesso non è quella del “figlio del falegname”, ma del Messia e Salvatore dell’umanità.

La sofferenza del Cuore di Gesù ! non volendo costringere alcuno, si lasciò spingere via, dando così a tutti un tempo per la conversione.

 Gesù è disceso dal cielo per portare agli uomini la grazia della salvezza. Ha trovato gli uomini sporchi e pieni di egoismo (come contenitori pieni di fango e di sudiciume). Prima cosa da fare è pulirli per mezzo della fede in lui. La fede è l’acqua che pulisce. Poi potrà riempirli di salvezza.

Chi vuole che Dio lavori in lui, deve farsi niente, nulla. Se è qualcosa, deve pensare che di ciò che lui è nulla serve al Signore. Dio prima lo dovrà prendere, mettere sotto il torchio, estrarre da lui ogni succo di vizio, peccato, superbia, umana sapienza e dottrina, lo dovrà pulire. Solo dopo questa completa pulizia, quando lui sarà totalmente vuoto di sé, il Signore potrà iniziare ad operare con lui. Finché vi resterà un solo grammo della sua antica umanità, Dio non può operare, perché essa gli farà da ostacolo, impedimento, agirà da forza contraria.

Gli abitanti di Nazaret non vogliono lasciarsi convertire: hanno così poca fede in Gesù, che Egli poté compiere nessun miracolo. Dà loro tempo di convertirsi e si lascia spingere fin all’orlo del precipizio: poi passando in mezzo a loro continuò il suo cammino.

Papa Benedetto, commentando questo fatto, dice: “è comprensibile, perché la familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là e aprirsi alla dimensione divina”. “La chiusura del cuore della sua gente li rende ciechi: come è possibile che non riconoscano la luce della Verità? Perché non si aprono alla bontà di Dio? In effetti, non si accorgono che il vero Segno è Lui, Gesù, il più grande miracolo dell’universo “. La Parola di Dio Incarnata in Gesù Cristo non ha nazionalità e non distingue i “compaesani” dai “lontani”; non ha patria ma è sempre di casa fra tutti gli uomini.

Gesù non scappa ai suoi attentatori, ma si “mette in cammino”. È l’atteggiamento di chi passa in mezzo a loro, continua il suo cammino davanti ai loro occhi.

Ad essi, a cui è stata rivolta la parola di salvezza, Gesù offre un nuova opportunità di rimettersi in cammino con Lui. Quelli di Nazaret non erano pronti e non volevano convertirsi … Gesù li lascia e porta la sua salvezza ad altri. Questo è l’atteggiamento più triste : Gesù offre la salvezza e l’uomo la rifiuta.

Se noi abbiamo fatto così qualche volta è perché ci manca la carità che pulisce il nostro cuore.

1Cor 13,4-13 – La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

La carità, la vita divina in noi, non fa mai campanilismo, ma è aperta a tutti gli uomini presenti, passati e futuri: tutti sono fratelli e sorelle e porta alla missione universale “ad gentes”.

La Madonna era presente: la tradizione parla della montagna del tremore a Nazaret, dove il cuore della Madre di Gesù tremò di spavento e tristezza.

Fonte

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QUARTA SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

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Lc 4, 21-30 Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. C: Parola del Signore. A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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