Commento al Vangelo del 3 febbraio 2019 – don Silvio Longobardi

“Nessun profeta è bene accetto nella sua patria” (4,24). Nella sinagoga di Nazaret Gesù ha manifestato la coscienza messianica (4, 16-21). L’iniziale sorpresa dei concittadini di Nazaret lascia il posto ad una mormorazione che diventa ben presto ostilità.

In un clima già eccitato, le parole di Gesù gettano benzina sul fuoco. Il Rabbì non cerca di smussare gli angoli, non teme la contrapposizione, non vuole raggiungere un accordo a scapito della verità. Ricorda la vicenda di Elia e di Eliseo, due grandi testimoni della storia profetica d’Israele, che hanno esercitato il potere taumaturgico a vantaggio di una vedova cananea e di un generale della Siria, popoli che sono stati per molti secoli tenaci avversari d’Israele (4, 25-27).

Nella scia di questa storia luminosa, Gesù si presenta come un profeta che agisce in nome di Dio e, proprio per questo, secondo criteri che spesso non sono facilmente comprensibili. Quel giorno Gesù avrebbe potuto essere più accomodante, in fondo la gente lo guardava con ammirazione, se avesse usato un linguaggio meno divisivo avrebbe anche potuto ottenere un certo consenso. Non è questa l’immagine di Gesù che oggi troviamo nel Vangelo.

“Il vero profeta, commenta Benedetto XVI, non obbedisce ad altri che a Dio e si mette al servizio della verità, pronto a pagare di persona. È vero che Gesù è il profeta dell’amore, ma l’amore ha la sua verità. Anzi, amore e verità sono due nomi della stessa realtà, due nomi di Dio. (Angelus, 3 febbraio 2013).

Un profeta dei nostri tempi, don Oreste Benzi (1925-2007), guardava ogni uomo con lo sguardo compassionevole di Dio e a tutti apriva le braccia. Anche a quelli che gli altri erano pronti a buttare in mare. Ma non era miope e sapeva perciò riconoscere la stessa dignità umana anche al bambino non ancora nato. Per questo lo ha difeso con parole di fuoco. Su questo punto sentiva che non poteva stare zitto perché “chi tace è complice del delitto”. Nella scia di questi santi oggi chiediamo di testimoniare con coraggio la verità e preghiamo per quanti s’impegnano a promuovere la causa della vita nascente.

Fonte – Punto Famiglia

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QUARTA SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

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Lc 4, 21-30 Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. C: Parola del Signore. A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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