Commento al Vangelo del 29 aprile 2018 – don Massimo Cautero

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Dopo aver vissuto e speriamo ben capito cosa abbiamo celebrato a Pasqua, nellโ€™evento pasquale, al popolo dei battezzati cioรจ di coloro che sono inseriti in Cristo, non resta che riflettere su come โ€œrimanereโ€ o, se volete, perseverare, dimorare stabilmente, nella salvezza che Cristo stesso ci ha guadagnato. Si, ho detto rimanere e non โ€œconquistare la salvezzaโ€ proprio perchรฉ รจ bene ricordare che quello che lโ€™Amore del Padre ci ha regalato in Cristo non รจ un nuovo obiettivo da raggiungere od una montagna da scalare ma in primis un dono da conservare, un regalo da non buttare od abbandonare nel fondo di un armadio ma qualcosa da indossare ed usare tutti i giorni ora e per la vita eterna.

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Forse siamo stati troppo abituati a considerare la Salvezza come faticoso dono di conquista personale, sempre in pericolo di perdere e mai certi di possedere, o, con un atteggiamento opposto, come evento a cui voglia o non voglia parteciperรฒ lo stesso indipendentemente dal mio impegno poichรฉ Dio โ€œtanto mi salverร  lo stessoโ€. Atteggiamenti estremi ma indicativi di quanto per noi battezzati sia difficile mantenere un equilibrio nei confronti della salvezza: troppe volte da sacerdote ho sentito lโ€™affermazione โ€œnon so se mi salvoโ€ oppure โ€œtanto Dio ti salva lo stessoโ€. Alla base di questi errori e pendolamenti fra un atteggiamento e lโ€™altro cโ€™รจ solo lโ€™aver compreso male o superficialmente cosa รจ la salvezza ed avere insieme una visione distorta di Dio, del Padre.

La categoria giusta da considerare per non sbagliare รจ sempre quella del dono; il volto giusto da contemplare e sempre quello del Padre, quello dellโ€™amore e, se la mia fede viaggia fra questi due binari, allora non รจ difficile fare quello di cui ci parla oggi Gesรน che รจ lโ€™atteggiamento giusto nei confronti del dono della Salvezza: RIMANERE.

Il โ€œRimanereโ€ rimanda sicuramente ad una passivitร  poco popolare tra gli uomini, poichรฉ parente stretto di quellโ€™umiltร  il cui esercizio richiede, necessariamente, la rinuncia alla tirannia dellโ€™io, rinuncia a quellโ€™io assoluto e superbo la cui attivitร  principale รจ sempre prendere il posto di Dio. Solo chi รจ disposto a โ€œmettersi da parteโ€, fare spazio a Dio, sa riconoscere il Suo dono, solo chi sa prendere atto della propria finitezza ed insufficienza, riconoscendosi bisognoso e figlio amato dal Padre, puรฒ capire che non deve aggiungere nulla al dono della salvezza, della Resurrezione, se non la volontร  di rimanere, permanere, dimorare in essa nella maniera e condizione a cui lo chiama il Padre. A Roma per chi vuole a tutti i costi aggiungere del proprio ad un lavoro giร  fatto e sufficiente si dice molto schiettamente โ€œnun te devi inventร  gnente!โ€, per dire anche che se aggiungi qualcosa potresti rovinare tutto! Cosรฌ รจ accogliere il dono della Salvezza, della resurrezione: non dobbiamo aggiungerci niente, dobbiamo solo fare la fatica del โ€œrimanereโ€ in esso e poi -tanto per essere chiari che lโ€™impegno dobbiamo sempre mettercelo โ€“ testimoniare questa permanenza nellโ€™amore con cui Cristo vuole trattenerci a sรฉ, amando in tutti i modi che Lui ci indica.

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Rimanere, in Cristo, diventa il verbo di chi accetta il dono del Padre, della salvezza, come diventa la cifra di lettura di tutti gli impegni per annunciare quella Parola che giร  da sola ci consegna alla salvezza. Diventare un missionario della Parola pensando che tutto, persino lโ€™efficacia della Parola stessa, dipenda da me e dal mio impegno, vuol dire porsi fuori dalla permanenza in Cristo, allontanarsi dalla linfa vitale che ci alimenta, vuol dire non fare frutti di salvezza insieme a tutta la vigna, vuol dire faticare inutilmente e senza nessuna speranza. La permanenza docile e umile, per quanto possa sembrare tempo ed occasione sprecata, al contrario, รจ elevazione alla massima potenza della Parola di salvezza, testimonianza efficace per la produzione di frutti che, cresciuti perchรฉ nutriti dalla stessa linfa, sono in grado di produrre quel vino buono ed abbondante che non ci mancherร  mai al banchetto della vita eterna, della resurrezione.

Bene, ora perรฒ non rimane che fare un ultimo passaggio, il โ€œrimanereโ€ che abbiamo sin qui sottolineato possiamo anche tradurlo con โ€œdimorareโ€, come richiama anche il termine greco (mรฉno) usato dallโ€™evangelista. E โ€˜importante capire la sfumatura sullโ€™uso del rimanere come dimorare. โ€œRimanereโ€ puรฒ darci il senso giusto su come – nella docile umiltร  – si deve accogliere e conservare il dono, ma โ€œdimorareโ€ ci dice qualcosa di piรน sullโ€™amore che muove il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e la qualitร , sempre suscitata dallโ€™amore, con cui rispondiamo noi allโ€™invito di rimanere. Dimorare รจ il verbo della familiaritร , della convivenza, il verbo che ci richiama al legame fra i genitori ed i figli, in una casa, nella vigna (antico simbolo del popolo di Israele che JHWH sceglie ed in cui JHWH stesso sceglie di abitare!), fosse anche solo abitare in una tenda errante nel deserto con tutte le altre tende, dimorare con qualcuno e diventarne familiare, riconoscere che il legame che unisce coloro che dimorano insieme รจ espressione dellโ€™amore che motiva la libertร  dei figli che stanno insieme perchรฉ lo vogliono, perchรฉ si amano, perchรฉ si sentono amati da quel Padre disposto a tutto pur di accoglierli nella sua casa!

Dimorare e rimanere nella dimora, come il rimanere fortemente attaccati alla vite, รจ atto di chi ama e si sente amato, รจ atto di chi si sente figlio del Padre e fratello di chi vive con lui e fa tutto per rimanere in questa figliolanza e per coltivare la fratellanza.

Dimorare in Cristo e rimanere attaccati a Lui รจ la vera cifra di comprensione del comandamento dellโ€™amore: โ€œamatevi gli uni gli altri come io ho amato voiโ€ (Gv15,12). Se spogliamo il comandamento dellโ€™amore dal dono della salvezza, dal permanere e dimorare in Cristo, spogliamo lโ€™amore stesso, riduciamo il comandamento ad un ordine, da figli ci riduciamo a schiavi e noi, nel nostro battesimo, con il nostro inserimento nella vite che รจ Cristo, non abbiamo ricevuto uno spirito di schiavi per ricadere nella paura, ma uno spirito di figli per mezzo del quale gridiamo Abbร , Padre! (Rm 8,15)

FONTE

don Massimo Cautero
Parrocchia San Michele Arcangelo

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
V DOMENICA DI PASQUA โ€“ ANNO B

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 29 Aprile 2018 anche qui.

Gv 15, 1-8
Dal Vangelo secondo Giovanni

1ยซIo sono la vite vera e il Padre mio รจ lโ€™agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perchรฉ porti piรน frutto. 3Voi siete giร  puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non puรฒ portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, cosรฌ neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perchรฉ senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarร  fatto. 8In questo รจ glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 29 Aprile – 05 Maggio 2018
  • Tempo di Pasqua V
  • Colore Bianco
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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