Commento al Vangelo del 28 settembre 2018 – Monastero di Bose

Domandare: “Un giorno Gesù … pose ai discepoli questa domanda: ‘Le folle, chi dicono che io sia?’ … ‘E voi, chi dite che io sia?’” (Lc 9,18.20). Rispondere: “Essi risposero: ‘Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto’ … Pietro rispose: ‘Il Cristo di Dio’” (Lc 9,19-20).

Domandare e rispondere. La storia di Dio con gli uomini è un dialogo intessuto di domande. Dall’in-principio fino a questo momento di “alta tensione”. Il Dio di Israele è il Dio delle domande e Gesù si inscrive in questo domandare divino: Il Cristo davanti ai suoi discepoli, come d’altronde il volto di ogni altro nostro compagno in umanità, sta davanti a noi come domanda di riconoscimento della sua identità, della sua essenza più profonda, di chi lui è nella sua verità.

Dio sta davanti a noi come domanda in quanto Dio è un Dio sempre in relazione: il suo rivolgersi all’uomo è sempre, dunque, appello e pro-vocazione. Il domandare biblico ricerca l’implicazione personale nella domanda e nella risposta: chi è il Cristo per la gente, per voi, per ciascuno di noi? All’uomo è chiesto di stare di fronte a questa domanda, di fronteggiarne lo spaesamento che ne deriva.Verrà poi il tempo delle risposte, spesso inadeguate.

Qualcuno identifica Gesù con “Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti” (Lc 9,19). Queste risposte sfiorano soltanto la verità di Gesù: se è vero che in lui le antiche figure profetiche giungono alla pienezza del compimento, tuttavia queste opinioni sono ancora ferme al passato. Per trovare una risposta, molti si volgono indietro per cercare di capire Gesù alla luce di personaggi che sono già stati e immaginando che si tratti semplicemente di un loro ritorno. Ma la novità di Gesù non viene dal passato, e tutti i paragoni e i modelli già conosciuti sono insufficienti.

Ecco allora che Pietro risponde con una formulazione teologicamente ineccepibile: “[Tu sei] il Cristo di Dio” (Lc 9,20). Ma, a ben guardare, anche questa affermazione passa accanto alla verità della persona di Gesù, ne sfiora la superficie, ma non ne coglie la profondità. Certo, noi crediamo e confessiamo che il Cristo è il Figlio di Dio, ma questa confessione è vera solo nella misura in cui la nostra fede si spinge fino a riconoscere nel Messia glorioso, nell’Unto del Signore, l’uomo dei dolori e il Dio crocifisso.

Per questo Gesù deve evangelizzare la fede di Pietro e la sua risposta. E lo fa con poche parole, inequivocabili, schiette: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno” (Lc 9,22). La risposta ultima ci viene suggerita solo da colui che ci ha rivolto la domanda: la risposta sta nella “parola della croce” (1Cor 1,18), là dove si spegne ogni parola mondana, là dove tutto sembra inghiottito dalla violenza e dal silenzio della morte; la risposta sta nella sequela di questo Messia, umanamente sconfitto, l’uomo impotente, annientato dalle logiche di questo mondo, ma rialzato dalla potenza di Dio, la potenza che risponde a un’altra logica, quella dell’amore fino all’estremo.

fratel Matteo della comunità monastica di Bose

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Lc 9, 18-22
Dal Vangelo secondo Luca

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».
Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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