Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 27 ottobre 2019.
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Il neonato, modello del cristiano
Un giorno alcune mamme presentano a Gesรน i loro bambini affinchรฉ egli li prenda fra le braccia e li accarezzi (Mc 10,13). I discepoli che giudicano sconveniente questโeccesso di familiaritร li scacciano in malo modo e Gesรน reagisce: โA chi รจ come loro โ dichiara โ appartiene il regno di Dioโ.
Lโepisodio รจ riferito dai tre sinottici, ma con una leggera, significativa variante. Mentre Marco e Matteo parlano di bambini, Luca dice che a Gesรน sono stati presentati dei neonati (Lc 18,15).
Se i bambini possono avere fatto qualcosa di amorevole, possono avere, in qualche modo, โmeritatoโ lโamore dei genitori, i neonati sono coloro che non hanno fatto assolutamente nulla, sono lโimmagine di chi รจ in grado solo di ricevere, gratuitamente.
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I neonati vengono additati da Gesรน a modello dellโatteggiamento da assumere nei confronti di Dio. Essi si collocano agli antipodi del fariseo che puรฒ vantarsi con orgoglio del bene che ha fatto.
Non puรฒ entrare nel regno di Dio โ dice Gesรน โ chi non diviene come un neonato, chi non si rende conto di dovere sempre e tutto a chi gli ha dato e continua a donargli la vita.
Nel momento in cui si pensa di poter attribuire a sรฉ qualche opera buona, giร non si รจ si piรน neonati e ci si auto-esclude dal regno di Dio. โChe cosa mai possiedi โ chiede Paolo โ che tu non abbia ricevuto? E se lโhai ricevuto, perchรฉ te ne vanti come se non lโavessi ricevuto?โ (1 Cor 4,7).
Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โAi piccoli hai riservato, Signore, il dono del regno dei Cieliโ.
Prima Lettura (Sir 35,12-14.16-18)
12 Il Signore รจ giudice
e non vโรจ presso di lui preferenza di persone.
13 Non รจ parziale con nessuno contro il povero,
anzi ascolta proprio la preghiera dellโoppresso.
14 Non trascura la supplica dellโorfano
nรฉ la vedova, quando si sfoga nel lamento.
16 Chi venera Dio sarร accolto con benevolenza,
la sua preghiera giungerร fino alle nubi.
17 La preghiera dellโumile penetra le nubi,
finchรฉ non sia arrivata, non si contenta;
18 non desiste finchรฉ lโAltissimo non sia intervenuto,
rendendo soddisfazione ai giusti e ristabilendo lโequitร .
La legge รจ uguale per tutti, ma non tutti possono pagarsi dei buoni avvocati e i giudici non sempre sono imparziali.
Dio che, come sappiamo, รจ chiamato a pronunciare il giudizio definitivo, inappellabile sullโuomo, assomiglia ai giudici di questo mondo?
NellโAT viene dato questโordine a colui che in Israele deve amministrare la giustizia: โNon accetterai regali, perchรฉ il regalo acceca gli occhi dei saggi e corrompe le parole dei giustiโ (Dt 16,19). Disposizione saggia! Da un giudice che riceve regali non cโรจ certo da aspettarsi lโimparzialitร .
In una societร in cui รจ facile addomesticare le sentenze dei processi con un poโ di denaro, qualcuno puรฒ supporre che anche Dio, cosรฌ come i giudici umani, possa essere corrotto, che possa, con qualche regalo, diventare socio in affari. Come?
Prendiamo il caso di un latifondista che non paga i suoi braccianti: sa di commettere un torto e sa che un giorno dovrร rendere conto al Signore. Allora che fa? Si reca al tempio, dร una buona mancia al sacerdote di turno ed offre a Dio un grasso agnello o un giovane toro. ร convinto che, dopo aver ricevuto un dono cosรฌ generoso, il Signore gli diventerร amico, chiuderร un occhio sulle ingiustizie che commette, non lo colpirร con i suoi castighi, non invierร nรฉ malattie, nรฉ siccitร , nรฉ la grandine per distruggere i suoi raccolti.
Il Siracide attacca duramente questa falsa religione: โNon cercare di corrompere il Signore con doni, non accetterร , non confidare su una vittima ingiustaโ (Sir 35,11). Poi โ ed รจ il brano contenuto nella nostra lettura โ spiega le ragioni della sua condanna: โIl Signore รจ un giudice che non fa preferenza di personeโ (v.12).
Se egli non commette parzialitร โ pensiamo โ egli premia i buoni e castiga i malvagi, senza discriminare fra poveri e ricchi.
Invece โ ecco la sorpresa! โ per lui non fare preferenza di persone significa schierarsi dalla parte del povero. Questa รจ la sua giustizia!
Amicizie, parentele, regali, minacce, elevata posizione socialeโฆ nulla contano davanti a lui. Lโunica condizione che lo smuove รจ la povertร , il bisogno dellโuomo: โEgli ascolta la preghiera dellโoppresso. Non trascura la supplica dellโorfano nรฉ quella della vedova che si sfoga nel lamentoโ (vv.13-14). Le loro preghiere attraversano le nubi e non si fermano finchรฉ non raggiungono il trono di Dio (vv.15-18).
Quando davanti a lui si presenta chi non ha alcun merito da esibire, uno che puรฒ contare solo sulle proprie miserie, egli si commuove e pronuncia sempre una sentenza di salvezza.
Seconda Lettura (2 Tm 4,6-8.16-18)
Carissimo, 6 il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed รจ giunto il momento di sciogliere le vele. 7 Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. 8 Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerร in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione.
16 Nella mia prima difesa in tribunale nessuno mi ha assistito; tutti mi hanno abbandonato. Non se ne tenga conto contro di loro. 17 Il Signore perรฒ mi รจ stato vicino e mi ha dato forza, perchรฉ per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti i Gentili: e cosรฌ fui liberato dalla bocca del leone. 18 Il Signore mi libererร da ogni male e mi salverร per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Nella Bibbia ci sono molti discorsi di addio posti sulla bocca dei grandi personaggi. Li hanno pronunciati, prima di morire, Giacobbe, Mosรจ, Giosuรจ, ed anche Gesรน (Gv 14-17), Pietro (2 Pt 1,12-14) e Paolo (At 20,17-35). Il brano della lettera a Timoteo che oggi ci viene proposto appartiene a questo genere letterario.
LโApostolo ormai vecchio e stanco, si trova rinchiuso in una prigione di Roma. Vede avvicinarsi il giorno in cui dovrร lasciare questo mondo, fa un bilancio della sua vita e volge uno sguardo verso il futuro.
Il tono รจ commovente e le immagini molto efficaci.
Ha combattuto la buona battaglia. Si รจ volutamente impegnato in conflitti drammatici in cui si affrontavano luce e tenebra, veritร e menzogna, giustizia e forze di peccato e di morte. Scrivendo ai corinti ha fatto un drammatico elenco di ciรฒ che ha dovuto sopportare in questa lotta per la giusta causa: โCinque volte dai giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balรฌa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella cittร , pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nuditร โ (2 Cor 11,24-27).
ร in prigione e sembra uno sconfitto. Non importa, si รจ schierato dalla parte di Cristo e sa di aver fatto la scelta migliore.
Ha concluso la corsa. Durante la gara si รจ fatto onore ed รจ sicuro che il Signore gli consegnerร la corona di alloro.
Non parla di meriti, accumulati con sforzi e fatiche (sarebbe un concetto incompatibile con la sua teologia), ma della certezza di essersi affidato alla persona giusta, al Signore Gesรน che non deluderร nรฉ lui nรฉ coloro che โattendono con amore la sua manifestazioneโ (v.8).
Ha tenuto fede agli impegni assunti. La fede รจ stata per Paolo un lungo travaglio, una nuova nascita, ma, una volta conquistata, รจ stata sempre mantenuta.
Ha condotto una vita integra ed ha portato a compimento la missione di apostolo alla quale Cristo lo aveva chiamato.
Il suo sguardo si volge anche al futuro: โIl mio sangue sta per essere sparso in libagione ed รจ giunto il momento di sciogliere le veleโ (v.6).
La sua fedeltร a Cristo sarร convalidata dal piรน grande gesto di amore: il dono della vita.
La sua morte sarร , come quella del Maestro, un sacrificio espiatorio e il suo sangue โuna libagioneโ sullโaltare della fede.
Lโimmagine della nave che scioglie le vele mostra lโincrollabile convinzione che la morte non รจ un inabissarsi, ma un dirigersi verso nuovi, splendidi lidi.
Una trentina dโanni dopo, Clemente, un eminente cristiano di Roma, parlerร di lui cosรฌ: โDopo aver insegnato la giustizia a tutto il mondo e aver raggiunto gli estremi confini dellโoccidente, rese testimonianza davanti alle autoritร , cosรฌ รจ stato tolto dal mondo e assunto nel luogo santo, divenuto il piรน grande esempio di perseveranzaโ (1 Corinti V,7).
Vangelo (Lc 18,9-14)
In quel tempo, 9 Gesรน disse questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10 โDue uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e lโaltro pubblicano.
11 Il fariseo, stando in piedi, pregava cosรฌ tra sรฉ: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adรนlteri, e neppure come questo pubblicano. 12 Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.
13 Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietร di me peccatore.
14 Io vi dico: questi tornรฒ a casa sua giustificato, a differenza dellโaltro, perchรฉ chi si esalta sarร umiliato e chi si umilia sarร esaltatoโ.
Chi racconta una parabola tende sempre una specie di tranello ai suoi ascoltatori: li spinge, senza che essi se ne avvedano, a schierarsi a favore dellโuno o dellโaltro personaggio della storia. Poi, quando essi sono pienamente coinvolti, tira la conclusione morale.
Leggendo la parabola di oggi si puรฒ perdere il messaggio perchรฉ si rischia di identificarsi con il personaggio sbagliato.
Siamo convinti di non avere nulla da spartire con il fariseo ipocrita, antipatico, pieno di orgoglio e di presunzione, che disprezza con arroganza gli altri e si sente giusto senza esserlo realmente. Le nostre simpatie sono tutte per il pubblicano il quale, poveretto, ha sรฌ combinato qualche malefatta, ma ha un cuore dโoro, รจ pentito e dunque merita amore e comprensione. Ci convinciamo che questa parabola รจ rivolta a coloro che non sentono avversione per il fariseo.
La parabola non รจ cosรฌ semplice come appare a prima vista.
Contempliamo anzitutto il fariseo che, assumendo lโatteggiamento normale (non orgoglioso) del pio giudeo, prega in piedi (cosa che del resto fa anche il pubblicano). Nessuna ostentazione dunque, nessuna ipocrisia.
Il suo monologo รจ una preghiera e quando si dialoga con Dio, quando gli si apre il cuore non si puรฒ certo mentire, si dice solo ciรฒ che si sente. Basta rileggere con attenzione e senza preconcetti i vv.11-12 e subito ci si rende conto che ci troviamo di fronte a una persona retta, integra, onesta, che osserva fedelmente i precetti della legge ed evita scrupolosamente tutti i peccati (i furti, le ingiustizie, gli adulteri).
Fa addirittura piรน di quanto รจ prescritto.
La legge ordina di digiunare un giorno lโanno (Lv 16,29) e il fariseo digiuna due volte per settimana (di martedรฌ e di giovedรฌ) per riparare i peccati degli altri e attirare sul suo popolo le benedizioni di Dio. La legge stabilisce che, al momento del raccolto, il contadino consegni immediatamente ai sacerdoti la decima parte dei prodotti principali: il grano, il vino, lโolio, i primogeniti del gregge (Dt 14,22-27). Si tratta di offerte destinate a beneficiare i poveri, a sostenere le spese del tempio e a formare i giovani rabbini. Purtroppo i contadini โ e il fariseo lo sa bene โ fanno i furbi e, se appena possono, non adempiono a questโobbligo. Per compensare il loro eventuale (anzi, probabile!) furto, paga lui la decima, di tasca propria, ogni volta che acquista i loro prodotti. Insomma, puรฒ tranquillamente dire a Dio: โMio Signore, nel mondo ci sono tanti uomini malvagi, ma non te la prendere, cโรจ gente come me che bilancia le loro malefatte!โ.
Per quanto si cerchi qualche mancanza in questโuomo, non si scopre alcunchรฉ di riprovevole.
ร orgoglioso della sua rettitudine, si contrappone agli altri uomini e prende le distanze dai peccatori.
Questo โ รจ vero โ suscita un certo fastidio, ma non si tratta di colpe gravi e poi ha parecchie ragioni per sentirsi migliore degli altri.
Ce ne fosse di gente cosรฌ, onesta, giusta, irreprensibile! Perdoneremmo volentieri anche un poโ di orgoglio.
Anche Paolo โ che pure attacca duramente la teologia dei farisei โ dร loro atto che sono persone zelanti (Rm 10,2).
In stridente contrasto con questo primo personaggio, ecco comparire sulla scena il secondo, un pubblicano, colui che ha immediatamente attirato le nostre simpatie per la sua umiltร .
Costui sรฌ che ci imbroglia, non รจ per niente il tipo mansueto e bonario che appare a prima vista.
ร un ladro matricolato, uno sfruttatore odioso, uno sciacallo.
Non estorce denaro ai ricchi, dissangua i poveri; impone tasse esorbitanti ai piรน miserabili fra i contadini, a coloro che non hanno nemmeno il pane da dare ai figli piccoli. Non ha nulla di buono da offrire a Dio. ร carico soltanto di peccati.
La legge dice che, per salvarsi, costui deve restituire tutto ciรฒ che ha rubato, piรน il 20% di interessi e abbandonare immediatamente la sua infame professione. Le condizioni sono tanto difficili da attuare che i rabbini affermano concordi che per i pubblicani la salvezza รจ praticamente impossibile.
Adesso che abbiamo chiarito chi sono i due personaggi da che parte stiamo? Spero si sia un poโ affievolita la simpatia per il pubblicano e che sia stata ridimensionata anche lโavversione nei confronti del fariseo.
Se questa รจ la nostra nuova disposizione dโanimo, proviamo a concludere la parabola in modo sensato e logico.
Gesรน dovrebbe esprimersi piรน o meno cosรฌ: il fariseo sia un poโ piรน umile; il suo disprezzo per gli altri indispone un poโ, ma, per il resto, รจ un modello da imitare. Con le sue opere, con la sua rettitudine ha meritato la giustificazione. A lui spetta di diritto il paradiso.
Quanto al pubblicano: il suo pentimento โ certo โ lo colloca sulla buona strada, ma non bastano gli occhi bassi e un atto di dolore cosรฌ generico per essere a posto con Dio e con gli uomini. Ci vuole altro: restituisca ai poveri i soldi che ha rubato e adempia le prescrizioni della legge, perchรฉ i castighi di Dio incombono su di lui e cadranno di sicuro, terribili e repentini.
Se concordiamo con questa conclusione della parabola, allora abbiamo la disposizione giusta per ricevere la lezione di Gesรน: โIo vi dico: il pubblicano tornรฒ a casa sua giustificato a differenza dellโaltroโ.
Con questa sentenza non possiamo essere dโaccordo. Come si puรฒ condannare chi si รจ comportato bene e dichiarare giusto un peccatore? I nostri criteri di giustizia vengono stravolti.
Vediamo di chiarire.
Il rovesciamento del giudizio non riguarda il comportamento morale dei due.
Gesรน non dice che il pubblicano era buono e il fariseo cattivo e bugiardo. Non dice che lโuno era fondamentalmente virtuoso, mentre lโaltro era un peccatore che riusciva a mantenere nascoste le sue colpe. Dice solo che il primo โfu giustificatoโ, cioรจ, fu reso giusto da Dio, mentre il secondo se ne tornรฒ a casa sua come prima, con tutte le sue innegabili opere buone, ma senza che Dio sia riuscito a renderlo giusto. Questo รจ il punto.
Qual รจ lโerrore del fariseo?
Egli sbaglia perchรฉ si colloca davanti al Signore nel modo scorretto: va al tempio portando con sรฉ un carico di buone opere che si รจ accumulato con rigorose penitenze e attraverso lโosservanza scrupolosa di tutti i comandamenti. ร convinto che questo basti a meritargli la giustificazione. ร come se dicesse al Signore: guarda che vita meravigliosa ti presento! Diโ la veritร : ti ho stupito! Non te lโaspettavi di avere un adoratore cosรฌ fedele, dichiara che sono โgiustoโ!.
Si noti: il fariseo non chiede a Dio di essere reso giusto. Da Dio pretende solo che dichiari, che riconosca โ come fa un notaio ineccepibile โ la giustizia che egli ha saputo costruirsi con le sue mani. Non capisce che tutte le sue opere buone, messe insieme, non gli conferiscono alcun diritto alla salvezza. Chi fa il bene non merita assolutamente nulla, deve solo ringraziare il Signore che lo ha guidato sulla strada della felicitร .
Non sono le opere buone che rendono giusti. Esse sono il segno che il Signore ci ha resi giusti. Le opere buone sono come i frutti che rivelano che lโalbero รจ pieno di vita. Ma non sono i frutti che fanno vivere lโalbero.
Davanti a Dio lโuomo si trova sempre a mani vuote. Non puรฒ esibire nulla di suo, non ha nulla che lo renda degno della compiacenza divina.
Chi ragiona come il fariseo non รจ cattivo, รจ solo ingenuo.
Si comporta come il figlio che pensa di โmeritareโ lโereditร del padre perchรฉ รจ uno studente modello, non si droga, non commette sciocchezze. Se agisce in modo corretto sta solo facendo il proprio bene e deve ringraziare il padre che lo ha educato.
Lโereditร appartiene al padre e puรฒ soltanto essere ricevuta in dono, non guadagnata.
Il pubblicano non รจ un modello di vita virtuosa. ร il povero che sa di poter offrire a Dio soltanto il suo cuore โspezzato e abbattutoโ che โ come recita il Salmo โ il Signore non disprezza (Sal 51,19). ร lโaffamato che viene ricolmato di beni, mentre il ricco รจ rimandato a mani vuote (Lc 1,53). Egli non corre nemmeno il pericolo di illudersi che le buone azioni gli conferiscano il diritto di avanzare pretese, perchรฉ non ne ha.
Il fariseo non deve rinunciare alla sua vita irreprensibile, ma alla falsa immagine di Dio che ha in mente: un contabile che prende nota delle opere buone e cattive degli uomini, un distributore di premi e castighi. Da questa immagine deformata di Dio derivano tutti gli altri guai, primo fra tutti il bisogno di creare una barriera divisoria fra giusti e peccatori. Il suo stesso nome significa separato.
Chi pensa di poter accumulare meriti davanti a Dio finisce inevitabilmente per disprezzare gli altri, non vuole avere piรน nulla a che vedere con gli empi. Chi si sente giusto รจ convinto di poter addirittura coinvolgere Dio in questa separazione, vorrebbe iscriverlo nel suo gruppo, nel club dei giusti, vorrebbe farlo diventare un fariseo. Dio non ci sta. Se proprio deve scegliereโฆ si mette con i peccatori.
Lโultima frase: โChi si esalta sarร umiliato e chi si umilia sarร esaltatoโ (v.14) sembra un invito a considerare effimeri i trionfi in questo mondo e a coltivare la speranza che nella vita futura le posizioni verranno capovolte. Nel contesto in cui รจ collocata, lโaffermazione di Gesรน รจ rivolta a chi confida nei propri meriti, al fariseo che si esalta per le proprie buone azioni e le considera un motivo di vanto di fronte a Dio. Costui, se non vuole trovarsi a mani vuote (essere umiliato), deve accettare di farsi piccolo, povero fra i poveri, debitore fra i debitori. Quando avrร assunto questo atteggiamento sarร nella condizione di poter essere riempito di doni dal Signore, come รจ accaduto a Maria, la povera, umile serva nella quale lโOnnipotente ha operato meraviglie (Lc 1,48-49).
A questo punto diventa importante il versetto introduttorio (v.9) che chiarisce a chi รจ diretta la parabola.
I destinatari sono โalcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altriโ. Costoro non sono i farisei del tempo di Gesรน, ma i cristiani delle comunitร di Luca. ร in costoro che si รจ insinuata la pericolosa mentalitร farisaica. La parabola รจ diretta ai cristiani di ogni tempo perchรฉ lโidea di poter โmeritareโ davanti a Dio รจ profondamente radicata nellโuomo. Nessuno รจ completamente immune da questo โlievitoโ che inquina e corrompe la vita delle comunitร (Mc 8,16).
