Commento al Vangelo del 25 marzo 2018 – Padre Giulio Michelini

Gesù, principe della pace entra a Gerusalemme

Alla domenica delle Palme non solo si legge l’intero racconto della passione di Gesù – unica volta nell’anno liturgico, insieme a quella del Venerdì Santo –, ma viene proclamato anche il brano dell’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme.

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Questa settimana il Vangelo di Marco racconta l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme: è una festa che ha un doppio sapore, dolce e amaro, gioiosa e dolorosa. Il rito della benedizione delle palme conduce all’apertura della Settimana Santa, in cui si celebrano gli ultimi giorni di Gesù, la sua passione, morte in croce e resurrezione. Cosa significa il suo ingresso a Gerusalemme su un asinello? Gesù aveva in mente i re e i profeti dell’Antico Testamento… Insieme a padre Giulio, sul testo evangelico, il punto di vista di Marco Impagliazzo, storico, presidente della Comunità di Sant’Egidio, che, in più di 70 paesi del mondo, con una particolare attenzione alle periferie, raccoglie uomini e donne di ogni età e condizione, uniti da un legame di fraternità nell’ascolto del Vangelo e nell’impegno volontario e gratuito per i poveri e per la pace. I disegni di Stefania Pedna illustrano la lettura del testo.

Di questo racconto, spesso non vengono presi in considerazione i primi versetti, dove si narra di Gesù che comanda ai discepoli di preparargli una cavalcatura per entrare in città. Gesù dice loro: «Andate nel villaggio che vi sta di fronte, e subito entrando in esso troverete un asinello legato, sul quale nessuno è mai salito. Scioglietelo e conducetelo» (Mc 11,2). La scena si complica ulteriormente, quando Gesù presenta una possibile obiezione che potrebbero fare ai suoi discepoli: «E se qualcuno vi dirà: Perché fate questo?, risponderete: Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito» (Mc 11,3). Di fatto, proprio così accade, e alla protesta dei proprietari del puledro (così in Marco, che usa un vocabolo generico che può valere sia per il puledro d’asino sia per quello di un cavallo), rispondendo come il Maestro aveva detto, vengono lasciati andare. Il tutto prende sei versetti del racconto marciano, generalmente parco, tanto che siamo autorizzati a domandarci il senso di tale insistenza.

Gesù infatti, attraverso la questione del puledro, si sta comportando come un vero Re che entra a Gerusalemme. Egli esercita il suo diritto regale di «nuovo possessore messianico» (R. Penna) in conformità a quanto detto in un passo biblico molto noto, quello dal Primo Libro di Samuele (8,16), e che probabilmente Marco aveva in mente. Al tempo del profeta Samuele, ricordiamo, gli Ebrei non avevano ancora un re. Erano stati a loro capo diversi Giudici (Eud, Sansone, Debora, ecc.), e ultimamente Samuele stesso, ma mentre il profeta è vecchio e sta per morire, la sua gente ha paura di non aver più qualcuno che li governi. Recandosi da lui, gli dicono: «Ora stabilisci per noi un re che ci governi, come avviene per tutti i popoli». Samuele non è d’accordo, teme che un re tolga la gloria a Dio, l’unico che può essere il Signore del popolo dell’alleanza. E mette davanti vari ostacoli ed inconvenienti, che nasceranno quando il re, se verrà scelto, causerà con le sue molte pretese. Tra queste, oltre alle tasse, al servizio militare obbligatorio, ai molti obblighi, ve ne è uno che veniva chiamato nell’antichità angaréia (da cui anche l’italiano “angheria”), ovvero l’obbligo di fornire un mezzo di trasporto al re che, al bisogno, lo richiedesse. Dice precisamente il profeta Samuele: «Queste saranno le pretese del re che regnerà su di voi:… Vi sequestrerà gli schiavi e le schiave, i vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori» (1Sam 8,16).

Sembra proprio quello che fa Gesù, il quale però non compie nessuna angheria: promette anzi di restituire subito l’asino, dopo l’ingresso in città. Gesù è il legittimo re d’Israele, ma non usa violenza e non si appropria di nulla. È lui solo che, contrariamente alle norme rabbiniche comunemente accettate al tempo, decide di entrare in città “a cavallo”, mentre in occasione del pellegrinaggio pasquale ci si poteva arrivare solo a piedi.

Quanto stiamo dicendo emerge soprattutto dal resoconto del Quarto Vangelo. Anche se il racconto è il più breve di tutti (Gv 12,12-15), è Giovanni a parlare di una grande folla osannante (negli altri vangeli abbiamo la presenza solo dei pellegrini che accompagnano Gesù), con le palme (nei sinottici si parla solo di rami d’ulivo) e che acclama Gesù come il “re di Israele”. Anche la citazione che accompagna il racconto di Giovanni, tratta dal libro del profeta Zaccaria 9,9 (la stessa che usa Matteo), indica in Gesù il re che entra in città: «Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto sopra un puledro d’asina» (Gv 12,15). Cosa è successo?

Nel piano del racconto di Marco, «Gesù ha finalmente deciso di manifestarsi pubblicamente come Messia», come il re della pace: «mentre fino a questo momento ha sempre evitato ogni proclamazione messianica, ora ritiene giunto il momento di farlo. L’arrivo a Gerusalemme, centro religioso del giudaismo, è l’occasione da lui scelta per questa manifestazione. Il modo però in cui entra nella città santa deve chiarire ai pellegrini che lo seguono come si deve intendere la sua messianità. Egli non si presenta come un condottiero di guerra, ma come un principe di pace» (G. Jossa).

La rivelazione di Gesù come re e Messia avviene paradossalmente al termine della sua vita: qui e soprattutto alla domanda di Pilato: «Sei tu il re dei Giudei?» (Mc 15,2). Domanda simile sarà fatta dal sommo sacerdote Caifa: «Sei tu il Messia?» (14,61). Le risposte di Gesù, in tutti e due i casi, interpellano la nostra fede. Ma, e qui è la sfida ad essa, che Gesù sia il re del suo popolo, e anche dell’universo, lo si coglie soprattutto dalle parole di scherno dei soldati: «Salve, re dei Giudei», e dalla scritta sulla croce: «Il re dei Giudei» (15,26).

Un’ultima sottolineatura, che riguarda l’uso delle fonti rabbiniche per la comprensione del Nuovo Testamento. Michel Remaud richiama infatti una tradizione giudaica riguardante una particolare asina, quella di Abramo. Così recita una testimonianza antica (che non era ancora fissata in questa forma, ma magari si stava già formando ai tempi di Gesù): «Abramo si alzò di buon mattino, prese con sé Ismaele, Eleazaro e Isacco suo figlio, e sellò il suo asino. Quest’asino è il figlio dell’asina che era stata creata al crepuscolo. È l’asino che cavalcò Mosè quando scese in Egitto (cf. Es 4,20), ed è l’asino che cavalcherà il Figlio di David, come è detto: “Esulta, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina”» (Pirqe de-Rabbi Eliezer). Questa tradizione popolare ebraica è originata dall’interpretazione del racconto della “legatura” di Isacco di Gen 22, e dal fatto che dell’asina di Abramo non si ha più traccia alla fine di quella storia: si credeva, appunto, che fosse rimasta nei dintorni del monte Moria (ovvero il monte del tempio di Gerusalemme nella tradizione giudaica – già secondo 2Cr 3,1) ad attendere il Messia. Il significato teologico dell’identificazione tra l’asina di Abramo e di Mosè e quella del Messia è importante: l’asino nelle fonti rabbiniche non è soltanto un simbolo messianico, ma un animale umile e indispensabile per Israele, un segno vivo della continuità del disegno divino, che partiva da Abramo e si compie ora in Gesù. Non si deve sottovalutare questa credenza, soprattutto per una ragione. Essa infatti è stata custodita e trasmessa nella tradizione giudaica anche dopo che i cristiani l’hanno così palesemente riferita al loro Messia. Se non fosse stata antica e già conosciuta al tempo in cui i vangeli vengono composti, non sarebbe stata certo creata, in quanto dava modo alla Chiesa di vedervi riflesso l’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme. Matteo dunque poteva essere al corrente di questo midrash, e ciò spiegherebbe anche perché l’evangelista non riporta l’informazione – che si trova invece in Marco e in Luca – circa il fatto che su quell’asina/o nessuno era ancora salito (cf. Mc 11,2; Lc 19,30): l’asina del Messia secondo la tradizione giudaica, che Matteo forse conosceva, era già stata la cavalcatura di qualcuno, Abramo e Mosè!

Fonte

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

DOMENICA DELLE PALME – ANNO B

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Mc 14, 1 – 15, 47
Dal Vangelo secondo Marco

– Cercavano il modo di impadronirsi di lui per ucciderlo
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

– Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

– Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

– Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

– Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

– Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

– Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:
“Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”.
Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

– Cominciò a sentire paura e angoscia
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

– Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta
E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

– Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?
Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi a? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva a. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

– Non conosco quest’uomo di cui parlate
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

– Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei? ». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi a? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più a, tanto che Pilato rimase stupito. A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

– Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

– Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

– Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.

– Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

– Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa.

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

– Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro
Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 25 – 31 Marzo 2018
  • Settimana Santa
  • Colore Rosso
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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