Commento al Vangelo del 24 settembre 2017 – p. Raniero Cantalamessa

Andate anche voi nella mia vigna

Il brano evangelico di questa Domenica è la parabola degli operai mandati a lavorare nella vigna in ore diverse del giorno, che, a sera, ricevono tutti la stessa paga di un denaro. Questa parabola ha creato sempre grosse difficoltà ai lettori del Vangelo. È accettabile il modo di fare del padrone che dà la stessa paga a chi ha lavorato un’ora e a chi ha lavorato un’intera giornata? Non viola, esso, il principio della giusta ricompensa? I sindacati insorgerebbero in coro oggi, se qualcuno facesse come quel padrone.
La difficoltà nasce da un equivoco. Si considera il problema della ricompensa in astratto e in generale, oppure in riferimento alla ricompensa eterna in cielo. Vista così, la cosa contraddirebbe in effetti il principio secondo cui Dio “rende a ciascuno secondo le sue opere” (Romani 2, 6). Ma Gesù si riferisce qui a una situazione concreta, a un caso ben preciso. L’unico denaro che viene dato a tutti è il regno dei cieli che Gesù ha portato sulla terra; è la possibilità di entrare a far parte della salvezza messianica. La parabola comincia dicendo:

“Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba…”.

È il regno dei cieli dunque il tema centrale e lo sfondo di tutta la parabola. Il problema è, ancora una volta, quello della posizione di ebrei e pagani, o di giusti e peccatori, nei confronti della salvezza annunciata da Gesù. Anche se i pagani (rispettivamente, i peccatori, i pubblicani, le prostitute ecc.) solo davanti alla predicazione di Gesù si sono decisi per Dio, mentre prima erano lontani (“oziosi”), non per questo occuperanno nel regno una posizione diversa, di serie b. Anch’essi siederanno alla stessa mensa e godranno della pienezza dei beni messianici.
Anzi, poiché essi si mostrano più pronti ad accogliere il Vangelo, che non i cosiddetti “giusti” (i farisei e gli scribi), ecco che si realizza quello che Gesù dice a conclusione della parabola odierna:

“Gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”.

Una volta conosciuto il regno, cioè una volta abbracciata la fede, allora sì che c’è posto per le diversificazioni. Non è più identica la sorte di chi serve Dio per tutta la vita, facendo fruttare al massimo i suoi talenti, rispetto a chi dà a Dio solo i rimasugli della vita, con una confessione rimediata, in qualche modo, all’ultimo momento. Se Gesù ci avesse descritto anche quello che avvenne il giorno dopo, quando ormai gli operai conoscevano la strada per la vigna, è certo che la conclusione sarebbe stata ben diversa. Il padrone non avrebbe dato a chi si fosse presentato alle cinque di sera la stessa ricompensa che a quelli che avevano “portato il peso della giornata e il caldo”.

Ma chiarito questo punto, che è quello centrale, è legittimo mettere in luce un altro insegnamento, pure presente nella parabola, che è questo: Dio chiama tutti e chiama a tutte le ore. C’è una universale chiamata alla vigna del Signore, anche per i laici! Il problema, insomma, della chiamata, più che quello della ricompensa. Questo è il modo con cui la nostra parabola viene utilizzata nell’esortazione di Giovanni Paolo II su “vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo” (Christifideles laici). “I fedeli laici appartengono a quel popolo di Dio che è raffigurato dagli operai della vigna…Andate anche voi nella mia vigna. La chiamata non riguarda soltanto i pastori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ma si estende a tutti. Anche i fedeli laici sono personalmente chiamati dal Signore” (nr.1-2).
Ma che significa per un laico (un lavoratore, un imprenditore, un uomo di cultura, o di politica) andare nella vigna del Signore? Forse lasciare il proprio lavoro e mettersi a servizio diretto della Chiesa e dell’evangelizzazione? A volte può voler dire anche questo. Ma non è la regola. “La vocazione dei fedeli laici -continua quello stesso documento- si esprime in modo peculiare nel loro inserimento nelle realtà temporali e nella loro partecipazione alle attività terrene” (nr. 17). La vigna in cui il laico cristiano è chiamato a lavorare è dunque il mondo stesso. Egli deve santificarsi proprio nell’ordinaria vita professionale e sociale.

C’è stato un laico cristiano che ha incarnato in modo esemplare questa vocazione e ha contribuito non poco a imporla all’attenzione della Chiesa negli anni dopo il concilio: il Professor Giuseppe Lazzati, prima deputato al Parlamento e poi rettore dell’Università Cattolica di Milano. Essere pienamente inseriti nel mondo, in modo però da ordinare tutte le cose secondo Dio, era il suo motto e la sua passione.

Proprio a proposito di “realtà terrene” vorrei attirare l’attenzione su un aspetto che è forse marginale nella parabola, ma quanto mai sentito e vitale nel momento che stiamo attraversando: il problema della disoccupazione. Il padrone della parabola uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori. (A quel tempo non c’erano contratti annuali o pluriennali; l’assunzione e la retribuzione avvenivano giorno per giorno). Uscì di nuovo verso le nove del mattino e ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati. Uscito di nuovo verso le cinque della sera e visti altri operai, domandò loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: “Nessuno ci ha presi a giornata”. Tutta la parabola, come si vede, è ispirata, anche nel linguaggio, dal mondo e dai problemi del lavoro. “Nessuno ci ha presi a giornata!”: questa risposta sconsolata potrebbe essere data oggi da milioni di disoccupati.

Ora tutto questo dimostra con certezza almeno una cosa: che Gesù non era insensibile a questo problema. Se egli descrive così bene la scena è perché tante volte il suo sguardo si era posato con compassione su quei crocchi di uomini seduti per terra, o appoggiati a qualche muricciolo, con un piede contro la parete, in attesa di essere “ingaggiati”. Le situazioni che Gesù descrive nelle sue parabole non le ha apprese dai libri, ma dalla vita.
Abbiamo spiegato cosa significa sul piano simbolico e spirituale il fatto che il padrone dà la stessa paga a tutti gli operai, indipendentemente dal tempo che hanno lavorato. Questo agire ha qualcosa da dirci anche sul piano umano. Quel padrone sa che gli operai dell’ultima ora hanno le stesse necessità degli altri, hanno anche loro bambini da sfamare, come ce l’hanno quelli della prima ora. Dando a tutti la stessa paga, il padrone mostra di non tener conto tanto del merito, quanto del bisogno. Mostra, come dice lui stesso, di essere non solo giusto, ma anche “buono”, generoso, umano.

Conosciamo tutti cosa significa essere disoccupato per uno che ha famiglia o per un giovane che vuole sposarsi e non può perché manca il lavoro e con esso la garanzia minima di potere mantenere dignitosamente la famiglia. Non è un problema solo economico, ma prima ancora umano. La persona disoccupata si sente inutile, come se la società potesse fare a meno di lui e lui fosse “di troppo” al mondo.

Un lavoro sicuro è diventato oggi uno dei beni più preziosi al mondo. Se manca lavoro per tanti, uno dei motivi (non l’unico certo, non il principale, ma certo rilevante) è che alcuni ne hanno troppo. Accumulano diversi lavori, tutti, in diversi modi, retribuiti. san Francesco d’Assisi, che viveva di elemosine, si preoccupava di non accettarne più del necessario, perché, diceva, “non voglio diventare ladro di elemosine”. Come si può diventare ladri di elemosine sottraendole ad altri poveri, così si può diventare “ladri di lavoro”, sottraendolo ad altri che resteranno, così, disoccupati.

Parlavo sopra del laico cristiano impegnato nelle realtà terrene. Una delle testimonianze migliori che un imprenditore cristiano può dare al Vangelo è oggi proprio quella di creare lavoro. Un giorno un ricco industriale andò a consigliarsi da una monaca di clausura. Era deciso a fare delle sue ricchezze quello che il Signore gli avesse chiesto, compreso vendere tutto e darlo ai poveri. La suora chiese un po’ di tempo per pregarci sopra e quando il ricco tornò per la risposta, gli chiese: “Hai denaro da parte, in questo momento?”. Le rispose: -Sì-. “Allora va’, apri una nuova fabbrica e da’ lavoro ad altri operai!”. E così fece.ene che queste mie poche parole non cambieranno niente della situazione drammatica dei milioni di disoccupati che ci sono attualmente, specie tra i giovani. Ma almeno che servano a farli sentire meno soli e dimenticati nella loro attesa. Il mio augurio e la mia preghiera è che quanto prima anch’essi possano sentire le parole che udirono quegli operai in piazza: “Andate anche voi nella mia, vigna e quello che è giusto ve lo darò”. Andate nella mia fabbrica, nella mia ditta, nel mio cantiere…

Nel frattempo però non dimentichiamo che siamo chiamati tutti a lavorare nella vigna del Signore, per la ricompensa eterna.

padre Raniero Cantalamessa

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XXV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 20, 1-16
Dal Vangelo secondo  Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 24 – 30 Settembre 2017
  • Tempo Ordinario XXV
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 1

Fonte: LaSacraBibbia.net

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