Commento al Vangelo del 22 Dicembre 2019 – p. Ermes Ronchi

San Giuseppe uomo giusto con gli stessi sogni di Dio

Padre Ermes Ronchi commenta il brano del Vangelo di domenica 22 Dicembre 2019.

padre Ermes Ronchi
padre Ermes Ronchi

Tra i custodi dell’attesa è il momento di Giuseppe, uomo dei sogni e delle mani callose, l’ultimo patriarca dell’antico Israele, sigillo di una storia gravida di contraddizioni e di promesse: la sua casa e i suoi sogni narrano una storia d’amore, i suoi dubbi e il cuore ferito raccontano un’umanissima storia di attese e di crisi. Prima che andassero a vivere insieme, Maria si trovò incinta… Allora Giuseppe pensò di ripudiarla in segreto. Di nascosto.

È l’unico modo che ha trovato per salvare Maria dal rischio della lapidazione, perché la ama, lei gli ha occupato la vita, il cuore, perfino i sogni. Da chi ha imparato Gesù ad opporsi alla legge antica, a mettere la persona prima delle regole, se non sentendo raccontare da Giuseppe la storia di quell’amore che lo ha fatto nascere (l’amore è sempre un po’ fuorilegge…), la storia di un escamotage pensato per sottrarre la madre alla lapidazione? Come ha imparato Gesù a scegliere il termine di casa “abbà”, quella sua parola da bambini, così identitaria ed esclusiva, se non davanti a quell’uomo dagli occhi e dal cuore profondi?

Chiamando Giuseppe “abbà”, papà, ha imparato che cosa evochi quel nome dolce e fortissimo, come sia rivelazione del volto d’amore di Dio. Giuseppe che non parla mai, di cui il vangelo non ricorda neppure una parola, uomo silenzioso e coraggioso, concreto e libero, sognatore: le sorti del mondo sono affidate ai suoi sogni. Perché l’uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio. Ci vuole coraggio per sognare, non solo fantasia. Significa non accontentarsi del mondo così com’è. La materia di cui sono fatti i sogni è la speranza (Shakespeare). Il Vangelo riporta ben quattro sogni di Giuseppe, sogni di parole.

E ogni volta si tratta di un annunzio parziale, incompleto (prendi il bambino e sua madre e fuggi…) ogni volta una profezia breve, troppo breve, senza un orizzonte chiaro, senza la data del ritorno. Eppure sufficiente per stringere a sé la madre e il bambino, per mettersi in viaggio verso l’Egitto e poi per riprendere la strada di casa. È la via imperfetta dei giusti e perfino dei profeti, anzi di ogni credente: Guidami Tu, Luce gentile, / attraverso il buio che mi circonda,/ sii Tu a condurmi! /La notte è oscura/ e sono lontano da casa,/ sii Tu a condurmi!/ Sostieni i miei piedi vacillanti: /io non chiedo di vedere/ ciò che mi attende all’orizzonte,/ un passo solo mi sarà sufficiente (cardinale John Henry Newman).

Anche noi avremo tanta luce quanta ne basta a un solo passo, e poi la luce si rinnoverà, come i sogni di Giuseppe. Avremo tanto coraggio quanto ne serve ad affrontare la prima notte. Poi il coraggio si rinnoverà, come gli angeli del giusto Giuseppe.


AMARE
VOCE DEL VERBO MORIRE
VOCE DEL VERBO VIVERE

Tra i testimoni che ci conducono al Natale appare Giuseppe, uomo che sa sognare, il mite che parla amando.
Giuseppe, mani callose e cuore ferito, ascolta i sogni che lo abitano: il giusto vive gli stessi sogni di Dio.

Secondo il vangelo di Matteo l’angelo si rivolge a lui, per Luca, invece, si manifesta a Maria: l’annuncio fatto alla coppia dimostra che Dio si muove dentro ogni famiglia, nel dialogo, nel dramma, dove si gioca la buona battaglia della vita. Qualcosa però strazia il cuore di Giuseppe e manda in frantumi i suoi progetti di vita. Maria si trovò incinta, dice Matteo. Giuseppe non si dà pace, continua a pensarla e a sognarla di notte, è innamorato.
Decide di lasciarla per rispetto e non per sospetto, questo è l’unico modo che ha per salvarla. Ma è insoddisfatto della decisione presa perché lui la ama davvero. Un tormento, un conflitto emotivo e spirituale: da un lato l’obbligo di denuncia e dall’altro l’amore, ricambiato. A metà tra la legge di Dio toglierai di mezzo a te il peccatore (cfr Deut 22,22) e l’amore per quella donna.

Mentre stava pensando queste cose ecco in sogno un angelo.. non temere.. Dio che parla attraverso l’umile via dei sogni. Dio che interviene sempre a favore della vita!
Come Israele nel deserto, Giuseppe è messo alla prova per vedere cosa aveva nel cuore. E nel cuore scopre di “avere” quella donna, di amarla senza volerla possedere, radice segreta della loro verginità. Ogni amore vero deve varcare la stessa soglia, dal possedere al dono di sé: dare, in perdita, sempre, senza contare. Amare, voce del verbo morire, voce del verbo vivere.

Giuseppe è l’uomo di fede che, tentato di sottrarsi al mistero, preferisce Maria ad una discendenza propria, antepone l’amore alla generazione; trova spazio nel cuore per un bambino non suo.
Giuseppe fece come gli aveva detto l’angelo e prese con sé la sua sposa: basta che la corazza della legge venga appena scalfita dall’amore che lo Spirito irrompe e agisce! Da chi imparerà Gesù a scavalcare la legge del sabato?
Il coraggio dell’amore! Ecco la profezia di Giuseppe! Per questo suo coraggio Dio avrà un figlio tra noi.

Maria e Giuseppe: poveri di tutto Dio non ha voluto che fossero poveri d’amore, perché sarebbero stati poveri di Lui.
Gesù salverà e allargherà la vita, come dice la radice del suo nome che in ebraico significa allargare, dilatare. Salverà dal peccato che è atrofia del vivere e rende piccoli la persona e il cuore, senza spazio per nulla e per nessuno.
Dio viene e crea spazio in me per le creature, i sogni, il cielo. In fondo, religione equivale a dilatazione (G. Vannucci).

Allora l’augurio di Natale che vorrei fare a ciascuno di voi, e a me per primo, è che Dio renda il nostro cuore spazioso, come se adottassimo ‘Gesù’ quale secondo nome.

Fonte

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