Commento al Vangelo del 22 Dicembre 2019 – Lucia Piemontese

Siamo alla IV domenica di Avvento e la liturgia della Parola di questa domenica nell’anno A ci presenta l’annunzio della nascita di Gesù a Giuseppe dal Vangelo di Matteo, un parallelo dell’annunciazione a Maria narrata dal Vangelo di Luca. Anche Giuseppe riceve tramite un angelo la chiamata ad una paternità tutta speciale verso Gesù, che è allo stesso tempo figlio di Davide e figlio dell’Altissimo. Dalla narrazione Giuseppe emerge come una figura di uomo davvero intensa e bellissima, come d’altronde lo è la coppia dei due giovani sposi di Nazaret, chiamati insieme a collaborare alla salvezza di Dio per l’umanità.

Il Vangelo spinge a parlare di Giuseppe, ma oggi vogliamo porre attenzione ai “nomi” con i quali l’evangelista si riferisce al Signore: Cristo, generato di Spirito Santo, Gesù, Emmanuele. Essi rivelano la sua identità e la sua missione, quello che Lui è e fa per noi.

Matteo inizia il Vangelo così: Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo. Subito dopo la genealogia, il brano odierno ci racconta il momento iniziale: Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo. In questo nome, che dopo la Pasqua è diventato un unico nome proprio, è racchiuso il mistero e il senso del progetto di Dio.

Cristo è la forma greca che traduce l’ebraico Messia e significa “unto”, indica colui che ha ricevuto l’unzione per una consacrazione regale o sacerdotale. Nei testi biblici si riferisce particolarmente all’Unto di Jhwh, personaggio promesso da Dio e atteso dal popolo di Israele come il liberatore, l’instauratore dei tempi nuovi e definitivi caratterizzati dalla pace, dalla gioia, dalla salvezza. I primi discepoli lo hanno riconosciuto in Gesù di Nazaret, che da allora la Chiesa annuncia come Signore e Messia.

Il Cristo/Messia promesso e atteso è dunque in una relazione diretta con Dio. Ma come sarà in relazione con il mondo? Come apparirà? Ecco allora che l’evangelista ci presenta l’opera divina dello Spirito Santo nella maternità verginale di Maria. Siamo di fronte alla meravigliosa bellezza e grandezza del mistero dell’Incarnazione: Gesù Cristo è generato per opera dello Spirito Santo e prende carne da Maria, è il Figlio unigenito del Padre e viene formato nel grembo di una donna. Viene dall’Alto ma appartiene anche ad una storia umana che l’evangelista ha sottolineato con la lunga genealogia degli antenati. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo: solo con uno sguardo contemplativo e l’intuizione della fede possiamo cogliere l’inaudito e sommo amore che vibra nel mistero del Verbo incarnato.

Veniamo al nome Gesù, comune all’epoca. A Giuseppe viene consegnato il nome del nascituro, perché glielo imponga assumendone così la paternità legale. Il nome Gesù viene interpretato come “Dio salva”. Salvare il popolo è l’opera di Dio, come afferma la profezia gioiosa di Sofonia: Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore (Sof 3,17) e quindi viene suggerito che nel bambino sarà presente Dio stesso con la sua azione salvifica. Il nome viene ulteriormente spiegato, in modo da chiarire in che modo Gesù salverà il popolo: non un liberatore politico o militare ma il liberatore dalla schiavitù dal peccato e dunque dalla morte.

Come sigillo della narrazione, l’evangelista introduce il riferimento alla profezia di Isaia circa la vergine che concepirà un figlio (cf Is 7,14). Il profeta parlava al re Achaz in un momento critico per il regno e annunciava la nascita di un figlio importante. Il bambino doveva essere chiamato Emmanuele che significa “Dio con noi” e in tal modo la sua nascita diventava segno che Dio non avrebbe abbandonato il popolo. Matteo riconosce nella nascita di Gesù Cristo il compimento di questa profezia. Legando a Gesù la figura dell’Emmanuele, l’evangelista ci indica che c’è la presenza di Dio in Gesù e la presenza di Gesù con il popolo. Questo messaggio è particolarmente importante, al punto da essere ripetuto anche alla fine del primo Vangelo (cf Mt 28,20).

Ecco allora che a pochissimi giorni dal Natale siamo chiamati dalla Parola a fissare gli occhi sul mistero dell’Incarnazione. Tutto ciò che il Signore è, lo è per noi. Per noi è Cristo, Emmanuele e Salvatore. Quando, come gli Israeliti nel deserto, ci chiediamo: «Dio sta con noi o no? (cf. Es 17,7), Dio mi è vicino o no? » il Vangelo ci assicura che la nascita di Gesù Cristo è il segno che Dio è con noi, sta al nostro fianco, è presente nei nostri luoghi, accompagna sempre le nostre esistenze, specialmente nelle fasi difficili e accidentate. Dio ha voluto essere così tanto con noi da farsi uomo, assumere la nostra fragilità e debolezza, vivere le nostre fatiche, i dolori e le gioie. E se ci chiediamo in che modo è con noi, la risposta sta nel nome di Gesù: liberarci e salvarci dal peccato, che rende la nostra vita un vuoto a perdere.

Che comprensione, che intuizione abbiamo di Colui che viene? Riconosciamo che Lui è la fedeltà di Dio verso l’umanità, che in Lui viene adempiuta la promessa di bene e benedizione che Dio ha fatto alla vita di ciascuno di noi e di ogni essere umano?

Riempiamo di desiderio la nostra attesa e prepariamoci a celebrare il mistero di Dio che si fa uomo, che ha voluto abbracciare la nostra carne per colmarla di vita vera, divina ed eterna. Quanta riconoscenza e lode e gioia sgorgherà dal nostro cuore?

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