Commento al Vangelo del 19 settembre 2017 – Monastero di Bose

Gesù è l’uomo che cammina e in questo suo camminare con i discepoli e la folla ha degli incontri che lo coinvolgono, lo commuovono e lo portano a fermarsi e ad agire. Come l’incontro a Naim con una madre rimasta vedova, che porta alla tomba il suo unico figlio. Gesù incontra il corteo funebre che accompagna questa vedova con il figlio ormai morto.

“Gesù fu preso da grande compassione e le disse: ”Non piangere” (v. 13).

Le lacrime di questa madre toccano il cuore di Gesù. Le lacrime dicono il dolore e la sofferenza profonda di questa donna. Le lacrime esprimono ciò che le parole non possono dire e sono più eloquenti di ogni parola.

“Tu non dovrai più piangere; a un grido di supplica ti farò grazia, appena udrò ti darò risposta” (Is 30,19).

“ll Signore Dio eliminerà la morte per sempre, asciugherà le lacrime su ogni volto” (Is 25,8).

Le lacrime sono questa preghiera muta che sale al cielo. Sono il grido silenzioso che il Signore ascolta e accoglie.

“Il Signore sente i miei singhiozzi
il Signore ascolta la mia supplica
il Signore accoglie la mia preghiera” (Sal  6,9-10).

“Ascolta la mia preghiera Signore
porgi l’orecchio al mio grido
non restare sordo al mio pianto” (Sal  39,13).

“Hai raccolto le mie lacrime in un vaso
nel giorno in cui io ti invocherò
io saprò che Dio mi è vicino” (Sal  56,9-10).

Gesù nel suo commuoversi di fronte alle lacrime della vedova ci svela proprio il volto di questo Dio compassionevole e ricco di misericordia che vede le lacrime, le raccoglie nelle sue mani, si fa vicino e accresce la forza al cuore di coloro che gridano a lui (cf. Sal 138,3).

Gesù risuscita questo figlio e come per Lazzaro compie un gesto profetico, un’anticipazione di quello che sarà per ogni umano: ciascuno di noi è destinato alla vita nel regno che il Signore Dio ha preparato per noi. Gesù è venuto ad annunciare con la sua vita e con i segni che compie che la vita è più forte della morte. Quello che incontriamo, che viviamo che contiene morte, tutti i segni che intaccano la vita (malattia, sofferenza, prevaricazioni, …), tutto è destinato a un cambiamento di vita. La nostra vita non può che finire ancora nella vita, in cui ci sarà un compimento di bene, in cui la zizzania sarà bruciata e il buon grano, fosse anche solo un chicco, che è in noi e nell’umanità, sarà salvo, custodito e fatto fruttificare.

Il Signore ci doni di saper vedere e accogliere le lacrime di chi incontriamo e se non sappiamo porre gesti di bene, almeno possiamo esprimere fraternità, possiamo dire la nostra prossimità che allontana solitudine e sconforto e possiamo ricordare che Dio è vicino e che le nostre lacrime toccano il suo cuore grande e misericordioso.

Suor Roberta della comunità monastica di Bose

Leggi il brano del Vangelo

Lc 7, 11-17
Dal Vangelo secondo  Luca

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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