Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 26 novembre 2017.
โLontano da me maledetti nel fuoco eterno, preparato per il diavolo!โ (Mt 25,41). Sono queste le parole piรน terribili che troviamo nel vangelo e non sono le uniche sulla bocca di Gesรน. Matteo ne ricorda altre: โNon vi conosco! Allontanatevi da me operatori di iniquitร !โ (Mt 8,12). โIl Figlio dellโuomo manderร i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquitร e li getteranno nella fornace ardente dove sarร pianto e stridore di dentiโ (Mt 13,41-42.51). โLegatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebreโ (Mt 22,13). โArriverร il padrone quando il servo non se lโaspetta e nellโora che non sa, lo punirร con rigore e gli infliggerร la sorte che gli ipocriti si meritano: e lร sarร pianto e stridore di dentiโ (Mt 24,51).
Queste frasi sono ben incise nella nostra mente. Hanno ispirato schiere di artisti che hanno dipinto scene di terrore, disperazione e tormenti; hanno suggerito liriche come il Dies irae, la piรน impressionante delle descrizioni del giudizio universale; hanno offerto spunto a musicisti che hanno tradotto in suoni lโangoscia del cruciale momento in cui Cristo pronuncierร lโinappellabile sentenza.
Il giudizio di Dio รจ stato presentato e continua ancora oggi ad essere visto da molti come una drammatica resa dei conti; cosรฌ lโincontro con il Signore, lungi dallโessere desiderato ed atteso, rappresenta per tutti, anche per i giusti, una grossa incognita. Di fronte a Colui che โscopre dei difetti anche nei suoi angeliโ (Gb 4,18) chi puรฒ sentirsi al sicuro? Molti cristiani considerano giร una gran fortuna potersi prendere qualche anno di purgatorio.
ร questa la giustizia di Dio?
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Chi รจ Fernando Armellini
Ha conseguito la licenza in Teologia presso la Pontificia Universitร Urbaniana e in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma.
Ha perfezionato gli studi di storia, archeologia biblica e lingua ebraica presso lโUniversitร di Gerusalemme.
Per alcuni anni รจ stato missionario in Mozambico.
Attualmente insegna sacra Scrittura, รจ accreditato conferenziere in Italia e allโestero ed รจ autore di commenti alle Sacre Scritture.
Approfondiamo le Scritture
Prima Lettura (Ez 34,11-12.15-17)
11 Perchรฉ dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherรฒ le mie pecore e ne avrรฒ cura. 12 Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, cosรฌ io passerรฒ in rassegna le mie pecore e le radunerรฒ da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine.
15 Io stesso condurrรฒ le mie pecore al pascolo e io le farรฒ riposare. Oracolo del Signore Dio. 16 Andrรฒ in cerca della pecora perduta e ricondurrรฒ allโovile quella smarrita; fascerรฒ quella ferita e curerรฒ quella malata, avrรฒ cura della grassa e della forte; le pascerรฒ con giustizia.
17 A te, mio gregge, dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherรฒ fra pecora e pecora, fra montoni e capri.
Nel 587 a.C. Gerusalemme e il suo meraviglioso tempio furono distrutti, le mura rase al suolo, i soldati di Babilonia si abbandonarono ad ogni sorta di violenza e di barbarie; qualcuno scampรฒ al massacro rifugiandosi nel deserto, qualche altro fuggรฌ in Egitto, molti furono fatti prigionieri e deportati in terra straniera. Nel paese rimasero solo i piรน poveri: qualche vignaiolo, qualche contadino, pochi artigiani.
Passano alcuni anni ed ecco che, fra chi รจ rimasto in patria, cominciano ad emergere coloro che, piรน abili e piรน scaltri, sanno approfittare della situazione di estremo bisogno in cui versa la maggior parte del popolo e sfruttano chi รจ ridotto in miseria da disgrazie e sventure. Comperano, vendono, trafficano senza scrupoli e cosรฌ riescono ad arricchire.
ย ร in questo momento triste che รจ pronunciata la profezia che oggi ci viene proposta. Ripensando alle sventure che hanno colpito il suo popolo, Ezechiele paragona gli israeliti a un gregge allo sbando e senza pastore e pronuncia contemporaneamente un messaggio di salvezza. Non annuncia lโavvento di altri re โ che non sarebbero stati migliori dei precedenti che avevano condotto il popolo alla rovina โ ma promette che Dio si prenderร personalmente cura delle sue pecore (v. 11), le radunerร da tutti i luoghi dove sono state disperse โnei giorni di tenebra e di caligineโ (v. 12) e le ricondurrร sui pascoli dei monti dโIsraele (v. 15).
Poi rivolge una minaccia a coloro che accumulano beni calpestando i diritti dei piรน deboli. Al suo โgreggeโ, il Signore assicura: โIo giudicherรฒ fra pecora e pecora, fra montoni e capriโ (v. 17). ร la promessa di un suo pronto intervento in favore degli oppressi, dei poveri, degli sfruttati.
Seconda Lettura (1 Cor 15,20-26.28)
20 Ora, invece, Cristo รจ risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. 21 Poichรฉ se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrร anche la risurrezione dei morti; 22 e come tutti muoiono in Adamo, cosรฌ tutti riceveranno la vita in Cristo.
23 Ciascuno perรฒ nel suo ordine: prima Cristo, che รจ la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; 24 poi sarร la fine, quando egli consegnerร il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestร e potenza.
25 Bisogna infatti che egli regni finchรฉ non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. 26 Lโultimo nemico ad essere annientato sarร la morte.
28 E quando tutto gli sarร stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarร sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perchรฉ Dio sia tutto in tutti.
I rabbini ritenevano che, alla venuta del messia, avrebbe avuto inizio un primo regno โ detto โregno del messiaโ โ cui ne sarebbe succeduto un secondo, il โregno di Dioโ. Paolo โeducato alla loro scuola โ aveva assimilato questa opinione e pensava che il primo regno sarebbe durato quanto la storia dellโumanitร e si sarebbe concluso alla fine del mondo.
ร in questa prospettiva storica che si comprende la lettura di oggi. Paolo รจ convinto che, progressivamente, il messia distruggerร , durante il suo regno, tutti i nemici e questa sua vittoria sarร completa quando anche lโultimo avversario, la morte, sarร finalmente sconfitto (vv. 25-26).
I nemici di cui viene annunciato lโannientamento non sono le persone, ma le forze del male, cioรจ tutto ciรฒ che impedisce allโuomo di vivere in pienezza la propria esistenza nel mondo: la malattia, la fame, la nuditร , lโignoranza, la schiavitรน, la paura, lโodio, lโegoismo, il peccato. Quando queste realtร negative scompariranno, allora il regno del messia potrร dirsi compiuto. Per questo chiunque si impegna contro questi mali โ anche se non รจ cristiano, anche se non รจ credente โ collabora alla realizzazione del progetto del messia.
Quando questo regno si sarร instaurato nel mondo e i nemici di Cristo โ inclusa la morte โ saranno stati vinti, allora egli consegnerร al Padre il suo regno e avrร inizio il regno di Dio che durerร per tutta lโeternitร (v. 28).
Dopo questa spiegazione risultano chiari anche i primi versetti della lettura (vv. 20-24). Cristo non ha eliminato la morte biologica: lโorganismo dellโuomo, come quello di ogni vivente, si logora e finisce per consumarsi. Egli ha vinto la morte perchรฉ lโha privata del suo significato di annientamento, di distruzione totale e lโha trasformata in una nascita alla vita piena e definitiva.
Vangelo (Mt 25,31-46)
Un Dio che condanna in modo spietato รจ, per un cristiano, oltremodo imbarazzante. Non si capisce come le terribili minacce riferite nei vv. 41-46 possano essere considerate โvangeloโ, cioรจ โbuona notiziaโ, โannuncio di salvezzaโ.
Cโรจ una difficoltร ancora maggiore: come mettere dโaccordo il Dio severo che compare nel brano di oggi con il Padre di cui si parla in tutto il vangelo? Egli che โfa sorgere il sole e fa piovere sui giusti e sugli ingiustiโ, che esige dai suoi figli che non facciano distinzioni fra buoni e cattivi (Mt 5,43-48), come puรฒ, ad un certo punto, operare una separazione che a noi ordina di non fare mai? Se scaglia nel fuoco eterno i suoi nemici non puรฒ esigere da noi che li amiamo (Mt 5,44). Gesรน che รจ venuto a โcercare ciรฒ che era perdutoโ (Lc 19,10) e che si gloriava di essere โlโamico dei pubblicani e dei peccatoriโ (Lc 7,34) potrร un giorno schierarsi contro di loro?
Anche la โgiustiziaโ di questo Dio non soddisfa: potrร il peccato dellโuomo (creatura fragile, limitata, finita) essere punito con un castigo infinito, โeternoโ? Non cโรจ alcuna proporzione fra la colpa e la pena. Se poi lโuomo โ comโรจ certo โ rimane libero per tutta lโeternitร , perchรฉ mai coloro che hanno agito male dovrebbero ostinarsi nel loro errore? Che cosa li renderร cosรฌ testardi, forse lโincontro con Dio?
Sono alcuni degli interrogativi che, di fronte a questo brano di vangelo, molti si pongono. Sono interrogativi seri, ma potrebbero avere origine da una interpretazione non corretta del testo.
Il dubbio sorge non appena si considera il contesto in cui la descrizione del โgiudizioโ รจ collocata. Basta leggere il seguito. Dopo la scena grandiosa in cui il Figlio dellโuomo fa sfoggio โ per cosรฌ dire โ di tutto il suo potere, ecco cosa accade: โFra due giorni โ dice Gesรน โ รจ Pasqua e il Figlio dellโuomo sarร consegnato per essere crocifissoโ (Mt 26,2). Cโรจ da rimanere allibiti: dalla celebrazione del trionfo si passa alla piรน ignobile delle sconfitte. Sembrano due situazioni opposte, inconciliabili, invece si tratta di due momenti gloriosi di una medesima vittoria, quella dellโamore. Il Cristo che โgiudicaโ รจ lo stesso che si consegna nelle mani di coloro che ama ed รจ proprio come โvittima per amoreโ che diviene giudice: egli รจ โlโuomo riuscitoโ secondo Dio, lโuomo autentico, quello con cui tutti si devono confrontare per stabilire โ giร fin dโora โ se stanno costruendo la vita o se pongono le basi per un fallimento. Riprenderemo lโargomento, prima esaminiamo il testo.
In Palestina, quando giunge la sera, i pastori sono soliti separare le pecore dai capri. Questi, piรน sensibili al freddo, hanno bisogno di essere collocati al riparo, mentre le pecore, coperte di lana come sono, amano il fresco della notte e stanno volentieri allโaperto. Gesรน si serve di questa immagine, presa dalla vita di tutti i giorni, per trasmettere il suo messaggio.
Per coglierlo รจ necessario anzitutto fare attenzione al genere letterario. Una lettura affrettata, superficiale, forse anche un poโ ingenua del brano espone al rischio di ricavarne conclusioni teologiche che, ad uno studio piรน attento e accurato, si rivelano infondate, anzi, fuorvianti.
Il linguaggio รจ quello tipico dei predicatori del tempo che, per scuotere i loro ascoltatori, erano soliti ricorrere ad immagini impressionanti: castighi tremendi, fuoco inestinguibile, pene eterne. Si diceva, per esempio: โSi affligga la stirpe umana, ma le bestie si rallegrino: per esse le cose vanno molto meglio che per noi; poichรฉ non hanno da attendere alcun giudizioโ. Ma facciamo attenzione: quando i rabbini parlavano di โfuoco della Geennaโ, non si riferivano allโinferno, ma al fuoco che ardeva perennemente nella valle che sta attorno a Gerusalemme e che serviva da immondezzaio della cittร . Lโaggettivo โeternoโ, poi, non aveva i connotati filosofici che ha assunto da noi oggi, ma era usato in unโaccezione popolare piuttosto generica: significava semplicemente โlungoโ, โindefinitoโ.
Questo brano รจ considerato generalmente una parabola, ma non รจ esatto; appartiene al genere letterario detto scena di giudizio che si ritrova sia nella Bibbia (Dn 7) che nella letteratura rabbinica. Lo schema secondo cui รจ strutturato รจ sempre lo stesso: cโรจ lโintronizzazione del giudice, accompagnato dagli angeli che fungono da assistenti e da guardie del corpo; poi ci sono la convocazione di tutte le genti e la separazione in due gruppi; viene pronunciata la sentenza e infine i giusti sono premiati e i malvagi puniti.
Scopo di questo genere letterario โ diciamolo subito chiaramente โ non รจ informare su ciรฒ che accadrร alla fine del mondo, ma fornire insegnamenti sul come comportarsi oggi.
Per fare un esempio, riportiamo, da unโopera rabbinica, una scena di giudizio che ha unโimpressionante analogia con il nostro testo. Eccola: โNel mondo futuro verrร chiesto a chi รจ giudicato: โQuali sono state le tue opere?โ. Se risponderร : โHo dato da mangiare a chi aveva fameโ, gli verrร detto: โQuesta รจ la porta del Signore, entra attraverso di essaโ (Sal 118,20). Se risponderร : โHo dato da bere agli assetatiโ, gli verrร detto: โQuesta รจ la porta del Signore, entra attraverso di essaโ. Se risponderร : โHo vestito gli ignudiโ, gli verrร detto: โQuesta รจ la porta del Signore, entra attraverso di essaโ. Lo stesso avverrร con chi ha allevato gli orfani, con chi ha fatto elemosine e con chiunque ha compiuto opere dโamoreโ (Midrash del Salmo 118,17).
ร chiaro che, riferendo questo dialogo, i rabbini non avevano la pretesa di svelare le parole che Dio pronuncerร alla fine del mondo, ma volevano inculcare i valori su cui puntare la vita in questo mondo.
Esaminiamo ora la struttura del brano di Matteo. ร facile da definire. Si inizia con unโintroduzione (vv. 31-33) seguita da due dialoghi (vv. 34-40; 41-46) che si sviluppano in modo identico e parallelo: il re pronuncia la sentenza (di approvazione in un caso e di condanna nellโaltro) e ne dร la giustificazione. In ambedue i casi viene sollevata unโobiezione e ogni volta il giudice risponde.
ร semplice anche stabilire il messaggio che Gesรน intende dare: gli anni della vita dellโuomo sono un bene prezioso, sono un tesoro che va investito. Non si puรฒ sbagliare perchรฉ la vita รจ una sola: egli suggerisce come impiegarla.
I rabbini dicevano: il mondo presente รจ come la terra asciutta, il mondo futuro รจ come il mare; se un uomo non prepara il cibo sulla terra asciutta, che cosa mangerร sul mare? Questo mondo รจ come la terra coltivata, il mondo futuro รจ come il deserto; se un uomo non prepara il cibo sulla terra coltivata, cosa mangerร nel deserto? Digrignerร i denti e morderร la sua carne, disperato si straccerร le vesti e si strapperร i capelli.
Piรน dei rabbini, Gesรน ritiene la vita dellโuomo importante, per questo rivela ai discepoli i valori su cui si deve puntare sicuri. Quali? Non sono difficili da scoprire perchรฉ occupano metร del racconto e sono cosรฌ importanti che Gesรน, a costo di apparire monotono, li ribadisce ben quattro volte: si tratta di sei opere di misericordia.
La lista delle persone da aiutare โ lโaffamato, lโassetato, il forestiero, lโignudo, il malato ed il carcerato (vv. 35-36.42-43) โ era nota in tutto il Medio Oriente antico (cf. Is 58,6-7). Celebre รจ quanto รจ scritto nel capitolo 125 del Libro dei morti, il testo che in Egitto, fin dal II millennio a.C., era collocato accanto al defunto. Ecco ciรฒ che costui doveva dichiarare davanti al tribunale di Osiride: โIo ho fatto ciรฒ che fa gioire gli dรจi. Ho dato il pane allโaffamato, ho dato acqua allโassetato, ho vestito chi era nudo, ho offerto un passaggio a chi non aveva una barcaโ. Unica novitร apportata da Gesรน รจ che egli si identifica con queste persone: qualunque cosa sia fatta a uno di questi piccoli รจ fatta a lui.
I valori che suggerisce non assomigliano a quelli per i quali la maggioranza degli uomini perde la testa, ma sono quelli che contano agli occhi di Dio.
Qual รจ lโideale di uomo proposto dalla nostra societร ? ร colui che detiene il potere, chi รจ ricco, chi puรฒ permettersi di soddisfare ogni capriccio, chi รจ sempre inquadrato dalle telecamere. โUomini di successoโ sono lโatleta che fa impazzire gli stadi, la star televisiva e chiunque sia riuscito a diventare un personaggio per notorietร o carriera. Due sociologi hanno provato a redigere un decalogo per chi vuole raggiungere il successo; il decimo comandamento รจ questo: โTerrai sempre presente che la tua carriera sarร finita il giorno in cui aiuterai qualcuno per pura generositร e senza calcoloโ.
Dio la pensa in modo opposto. Quando per ogni uomo si concluderร la sua storia sulla terra, quando ognuno rimarrร solo con se stesso e con Dio, un solo bene risulterร prezioso: lโamore. La vita sarร considerata riuscita o fallita a secondo dellโimpegno profuso per eliminare sei situazioni di sofferenza e di povertร : la fame, la sete, lโesilio, la nuditร , la malattia, la prigione.
Un particolare viene accuratamente sottolineato nel racconto: nessuno di coloro che ha compiuto le opere di misericordia si รจ reso conto di averle rese a Cristo. Lโamore รจ autentico solo se รจ disinteressato, se รจ esente persino da ogni forma di autocompiacimento; chi agisce in vista di una ricompensa, fossโanche quella celeste, non ama ancora in modo genuino.
E la condanna?
I rabbini erano soliti ripetere due volte i loro insegnamenti per imprimerli meglio nella mente dei discepoli. Spesso presentavano il loro messaggio prima in forma positiva, poi in forma negativa. Ricorrevano al noto artificio letterario detto โparallelismo antiteticoโ, usato anche da Gesรน (Lc 6,20-26; Mt 7,24-27; Mc 16,16โฆ).
Il nostro brano ne รจ un esempio: la seconda parte (vv. 41-45) non aggiunge assolutamente nulla alla prima; costituisce un espediente stilistico utilizzato per ribadire il concetto giร espresso. Ciรฒ che preme a Gesรน non รจ incutere terrore agitando lo spauracchio dellโinferno, ma indicare โ con immagini forti, perchรฉ il pericolo di sprecare la vita รจ molto serio โ ciรฒ che realmente conta. Non intende annunciare ciรฒ che accadrร alla fine del mondo, ma far riflettere, aprire gli occhi, svelare il giudizio di Dio sulle scelte da fare oggi.
Un semplice esempio puรฒ aiutare a capire. In una gioielleria sono esposti due monili, uno di oro zecchino anche se un poโ consumato dallโuso, lโaltro di ottone ben lucidato. Entra un acquirente inesperto che rimane affascinato dal luccichio del monile di ottone. Per sua fortuna compare un intenditore che lo mette in guardia: attento โ gli dice โ non sprecare i tuoi soldi per quella patacca! Questo giudizio lo salva, gli impedisce di commettere un errore. Anche se lโintenditore usasse espressioni dure e minacciose, le sue parole sarebbero comunque un messaggio di salvezza.
Sostenere che la scena di giudizio descritta da Gesรน si riferisca alla condanna dei peccatori alle pene dellโinferno ci appare azzardato. Lโinferno esiste, ma non รจ un luogo creato da Dio per punire, al termine della vita, chi si sarร comportato male. ร una condizione di infelicitร e di disperazione creata dal peccato. Dallโinferno del peccato รจ perรฒ possibile uscire: si viene liberati da Cristo e dal suo giudizio di salvezza.
Ma Dio, alla fine, non castigherร i malvagi?
A noi un giudice appare giusto quando, dopo aver valutato il male commesso, punisce con equitร . Ma non รจ questa la giustizia di Dio. Egli รจ giusto non perchรฉ premia o castiga conforme ai nostri criteri e alle nostre attese โ in tal caso non avremmo speranza e saremmo tutti rovinati โ ma perchรฉ riesce a rendere giusti coloro che sono malvagi (Rm 3,21-26). La questione dunque non รจ: chi sarร considerato pecora e chi capro alla fine del mondo, ma in quali occasioni oggi siamo pecore e in quali ci comportiamo da capri. Siamo pecore quando amiamo il fratello, siamo capri quando lo trascuriamo.
E alla fine?
ร davvero difficile sostenere che il buon pastore โ cui nessuno riuscirร a strappare di mano alcuna pecora (Gv 10,28) โ dopo averci lasciato saltare come capretti un poโ a destra e un poโ a sinistra, non trovi comunque il modo di farci diventare tuttiโฆ suoi agnelli.
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
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XXXIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Nostro Signore Gesรน Cristo Re dell’Universo
- Colore liturgico: Verde
- Ez 34, 11-12.15-17; Sal. 22; 1 Cor 15, 20-26.28; Mt 25, 31-46
Mt 25, 31-46
Dal Vangelo secondoย Matteo
31Quando il Figlio dellโuomo verrร nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederร sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerร gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrร le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirร a quelli che saranno alla sua destra: โVenite, benedetti del Padre mio, ricevete in ereditร il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perchรฉ ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmiโ. 37Allora i giusti gli risponderanno: โSignore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?โ. 40E il re risponderร loro: โIn veritร io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli piรน piccoli, lโavete fatto a meโ. 41Poi dirร anche a quelli che saranno alla sinistra: โVia, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perchรฉ ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitatoโ. 44Anchโessi allora risponderanno: โSignore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?โ. 45Allora egli risponderร loro: โIn veritร io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi piรน piccoli, non lโavete fatto a meโ. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eternaยป.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 26 Novembre – 02 Dicembre 2017
- Tempo Ordinario XXXIV
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo A
- Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
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