Commento al Vangelo del 19 marzo 2017 – mons. Vincenzo Paglia

19514745932_eaeae50df7_oIl Vangelo ci presenta Gesù, stanco. Ma non per il cammino che aveva fatto. La sua stanchezza – potremmo dire – nasceva dal continuo correre dietro di noi per trarci fuori dai guai in cui ci cacciamo, per difenderci dai pericoli ai quali andiamo incontro, per liberarci dai peccati nei quali cadiamo. Aveva anche fame, ma non di pane.

I discepoli, dopo aver portato il cibo, gli dicono: “Rabbì, mangia”, ma egli risponde: “Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete… Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”. I discepoli, come al solito, non capiscono.

La fame di Gesù era portare a compimento l’opera del Padre. Gesù aveva sete, ma non tanto di acqua. Quando chiede a quella donna: “Dammi da bere”, Gesù ha sete di salvare quella donna; potremmo dire che ha sete del suo affetto, come del nostro. In genere fuggiamo da questa richiesta di amore e di compagnia così forte e radicale, perché senza dubbio l’amore del Signore è un amore esigente, e scegliamo i nostri piccoli amori, le nostre piccole rivincite. E opponiamo a lui la stessa resistenza che gli oppose quella donna samaritana: “Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”. In realtà quella richiesta di Gesù superava già un muro. Egli parlava con una donna, per di più samaritana. Un proverbio rabbinico insegnava: “Chi mangia pane dei samaritani è come uno che mangia carne di cane”.

La donna è scossa dalla richiesta di Gesù, ma non comprende l’energia di amore che è nascosta dietro quelle parole: “Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva”. Dio amava quella donna quando era ancora lontana; ma lei non se n’era accorta. La sua vita, segnata dalle delusioni e dai tradimenti, forse non le dava più speranza alcuna. Era la storia dei cinque mariti. Ormai non credeva molto negli altri e non aveva neppure tanta fiducia in sé.

Come poteva averla in uno straniero? Non aveva capito che era Dio a parlarle in quel giudeo stanco e assetato e senza neppure uno strumento per prendere l’acqua. “Da dove prendi dunque quest’acqua viva?”, gli chiede rassegnata e scettica. Per lei, abituata alla durezza della vita, la parola non contava più, non cambiava l’esistenza, non dava la vita. Quella donna è molto simile a noi. La sua vita era piena di tradimenti e problemi. Era diventata una donna dura, costretta a difendersi e a rispondere in maniera aggressiva (“Come mai tu chiedi da bere a me?”). Aggressiva per non ammettere le delusioni ed il fallimento. Lo faceva con tutti; anche con quell’estraneo che gli parlava con semplicità ed in maniera diretta. Era una poveretta, con una vita complicata, che doveva percorrere un lungo itinerario per andare a prendere l’acqua. Era una donna forte della sua esperienza, che pensava di conoscere già la vita. I suoi giudizi erano rapidi.

Che poteva fare quell’uomo senza mezzi, debole e che non aveva nulla per prendere l’acqua? Lei non credeva più a niente, solo alla sua brocca, alla sua fatica, a quello che vedeva e toccava con le sue mani. Il Vangelo è un sogno fuori dalla realtà! Per lei scettica, materialista, abituata alla durezza della vita, le parole non contavano più. Ma era anche furba. Quando Gesù le parlò di un’acqua diversa, per cui non avrebbe più avuto sete e non sarebbe stato più necessario camminare fino al pozzo, cercò subito la sua convenienza. Voleva prendersi qualcosa del Vangelo senza cambiare nulla. Desiderava cogliere quest’opportunità, ma restare quella di sempre. L’incontro con Gesù è personale. Tocca il cuore. Gesù l’aiutò ad essere se stessa. “Io non ho marito”, disse. Non raccontò tutto di sé. Gesù non l’aggredì, non la umiliò in una descrizione imbarazzante del suo peccato, della sua storia di tanti amori cercati e traditi. Le spiegò, con sensibilità, tutta la sua vita. La verità è Gesù. Proprio questo colpì la donna: essere capita, conosciuta così com’era ed essere amata! Non è una legge o un giudizio che cambia i cuori, ma il lungo e insistente incontro con quell’uomo che parlava con libertà e amore. Lasciamoci dire da lui tutto quello che abbiamo fatto! E diventeremo una fonte, nell’aridità della vita. Parleremo a tanti con la meraviglia di quella donna di Samaria di qualcuno che ci ha parlato con amore!

La Chiesa, diceva Papa Giovanni, è come la fontana in un villaggio: è per tutti, e tutti possono avvicinarsi per prendere l’acqua dell’amore e della consolazione. Sia così anche per i nostri cuori, possessivi e peccatori, ma conosciuti, amati e perdonati dal Signore, uomo assetato che cammina e chiede amore. Il Signore c’insegni ad essere fonte d’amore, servendo chi ha sete. Così troviamo l’amore che non finisce e che toglie la nostra sete.

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III Domenica del Tempo di Quaresima

Gv 4, 5-42
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».

Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.

Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 19 – 25 Marzo 2017
  • Tempo di Quaresima III, Colore viola
  • Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 3

Fonte: LaSacraBibbia.net

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