Commento al Vangelo del 19 Maggi 2019 – don Walter Magni

Fratelli, sorelle,

siamo ancora una volta invitati a praticare l’amore secondo il cuore di Dio. Questo ci ripete ancora la Parola di Dio della V di Pasqua (19 maggio 2019). Colpisce tanta insistenza sul tema dell’amore in questo tempo di Pasqua, mentre celebriamo il trionfo della resurrezione di Gesù sulla morte. Quasi a convincerci di questa grande verità: solo l’amore spiega la profondità della Pasqua; è per amore che Gesù torna a mostrarsi vivo ai Suoi, portandosi incisi nel corpo i segni della crocifissione.

Come Gesù

Gesù dice propriamente così: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Questo come dice un termine di paragone, una prospettiva, una mèta. Come fosse l’unico esercizio in grado ci portarci dritti al cuore del mistero di Dio. Un come che non dà scampo. Come se Gesù t’avesse raggiunto, affascinato e conquistato. Convincendoti che non c’è più spazio per i tuoi calcoli e le tue misure d’amore senza prospettiva. L’unica misura, il riferimento che conta ora è Lui, solo Lui e merita imparare quali sono le regole di un gioco fatto più di sconfinamento, di sbilanciamento che di calcolo. Se Lo segui, non ti possiedi più. Sei perso a te stesso ed è una grazia non riuscire a tornare sui propri passi. Un come che confonde le tue vecchie ragioni. Oltre gli alibi degli anni che passano e le scuse per poterti fermare a riprendere fiato. Gesù è un amore che incalza, spronandoti continuamente verso un oltre e un altrove che hanno il sapore di Dio.

Ci aveva proprio detto così: “Siate perfetti com’è perfetto il Padre” (Mt 5,48); “Siate misericordiosi, come il Padre vostro” (Lc 6,36). Un amore che punta alla grandezza del cuore di un padre, a quello sconfinato di una madre. Fin quando te lo trovi accanto fatto di carne, come uno di noi, dimostrandoci che anche questa nostra carne può amare come Lui, ripetendo il Suo gesto: “Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 15,15). Gesù rende accessibile, possibile, praticabile l’amore di Dio. Alla Sua scuola nessuna eccedenza è preclusa: “avendo amato i suoi li amò sino alla fine” (Gv 13,1).

Novità di un comandamento

In che senso però Gesù ci comanda l’amore? Afferma infatti: “Vi do un comandamento nuovo”, chiarendo comunque che si tratta di un comandamento nuovo. Non si tratta – sia chiaro di un nuovo comandamento che si aggiunge a tutti quelli che già la Legge di Mosè aveva proclamato. Stando all’evangelista Giovanni, Gesù sente piuttosto d’essere il compimento, a conclusione dell’alleanza antica, fatta di tanti comandi e di una infinità di precetti. Infatti: “La legge fu data per mezzo di Mosè, (ma) la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù” (Gv 1,17).

La novità del Suo messaggio, la rivoluzione del Suo comandamento comporta un ribaltamento dello schema antico dove uno comanda e un altro obbedisce in modo servile. Non esiste più alcuna sottomissione tra i Suoi discepoli. Non è più sopportabile alcuna forma di obbedienza servile. Proprio domenica scorsa Gesù ci ripeteva con forza proprio queste parole: “non vi chiamo più servi, ma amici (…) questo vi comando: amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,15-17). Qui sta la novità del Suo comandamento. Come una bellezza e una verità che si svela definitivamente come un amico che parla a un amico, come un fratello a un fratello, un amante all’amata. Non si può comandare l’amore se il rapporto è servile ed esterno, senz’anima, senza relazione. L’amore – ce lo ha detto Gesù, lo si può comandare solo dentro una relazione profonda, familiare e amicale. Come fosse un’intesa profonda, capace di attingere ad un orizzonte più grande, che ti precede e di sprona, ti induce ad andare per quella stessa strada.

Così anche noi

E adesso tocca a noi: “Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Come Lui, così anche noi. Un così che, mentre dice un’appartenenza, subito ti responsabilizza: “così amatevi anche voi gli uni gli altri”. Pochi versi della poesia di un prete amico recitano: “Dio non è nella rigidità, / Dio non è nel trattenersi, / Dio non è nel chiudersi. / È nello sbilanciarsi, che è / lo sbilanciarsi dell’amore” (A. Casati). L’amore è tale solo se si sbilancia, se si compromette. E mentre ancora vorremmo capire, individuando con qualche ragionamento il perché di un modo nuovo di vivere che pure ci prende, meglio sarebbe semplicemente cominciare.

Accettando di provare lo sbilanciamento che ci abita dopo averLo incontrato. La nostra vita spesso procede vuota e triste, perché ci manca la musica dell’amore. E dov’è finita anche la nostra gioia? Ho trovato scritto da qualche parte che spesso noi mettiamo un gomitolo di lana in una gabbia e stiamo ad aspettare che si metta a cantare come un uccellino. La gioia che scaturisce dall’amore che Gesù ci chiede è più facile di quanto pensiamo. Sta seduta alla nostra porta anche quando non la degniamo di uno sguardo. Quello che non possiamo pretendere è che la gioia propria dell’amore che Gesù ci ha insegnato dipenda da ciò che non accadrà mai: cioè che un gomitolo di lana diventi un uccellino. La gioia che ci regala Gesù è certamente un dono, ma chiede il realismo maturo di chi accetta di cominciare. Lasciandosi coinvolgere dalle movenze di una danza irresistibile se solo ti lasci prendere per mano.

don Walter Magni

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