Commento al Vangelo del 17 aprile 2016 – mons. Vincenzo Paglia

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19514745932_eaeae50df7_o[ads2] In quel giorno di sabato, nella sinagoga di Antiochia di Pisidia, antica cittร  situata nel cuore dellโ€™Asia Minore (lโ€™attuale Turchia), avvenne un fatto che non appartiene solo alle origini della storia della comunitร  cristiana: รจ lโ€™uscita della Chiesa dallโ€™ebraismo.

Cโ€™erano in quella sinagoga donne pie di alto rango e uomini abituati a incontrarsi tra di loro; era un gruppo ben formato e amalgamato, tutti credenti nellโ€™unico Dio; cosa, ovviamente, bella e singolare in una terra di increduli e di pagani. In quella riunione di gente religiosa e credente entrarono Paolo e Barnaba e con loro โ€œquasi tutta la cittร โ€, desiderosa di ascoltare lโ€™annuncio evangelico. โ€œQuando videro quella moltitudineโ€, scrive lโ€™autore degli Atti degli apostoli (13,14.43-52), i giudei furono presi da gelosia e cominciarono a contraddire le parole di Paolo, bestemmiando.

Questa vicenda, apparentemente lontana, si ripete in veritร  lungo le generazioni, anche se con modalitร  diverse. Infatti, i credenti della sinagoga di Antiochia sono quei credenti di ogni ora, di ogni generazione, per i quali la parola evangelica รจ qualcosa di giร  posseduto, di giร  conosciuto, al punto che non solo non sentono piรน il bisogno di ascoltare ma, qualora lo fanno, non ascoltano con il cuore e con la disponibilitร  a cambiare. Quando la Parola li strappa dalla sapienza della loro legge o della concentrazione su loro stessi; oppure quando il Vangelo rompe i confini del gruppo, del clan, della razza, della nazione, costoro reagiscono contraddicendo. La vicenda accaduta ad Antiochia รจ unโ€™ammonizione per ogni singolo credente, per ogni comunitร  ecclesiale, e perchรฉ no, anche per quella mentalitร  individualista che sottolinea il proprio particolare, che sempre piรน si sta affermando. Credere di conoscere giร  il Signore e di possederlo, bloccando cosรฌ la continua chiamata alla conversione del cuore che ogni giorno ci invita a superare i nostri confini, รจ contraddire il Vangelo, e al fondo, bestemmiarlo. La vita alla sequela di Gesรน e al suo Vangelo non รจ la sicurezza di unโ€™appartenenza e neppure la tranquilla acquisizione di una predilezione antica. Cโ€™รจ una fatica nellโ€™ascolto e unโ€™urgenza di cambiamento del nostro cuore nella sequela. Nel Vangelo Gesรน dice: โ€œLe mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguonoโ€ (Gv 10,27-30). Essere fedeli al Signore vuol dire ascoltare la sua voce e seguirlo ogni giorno, ovunque Egli ci conduce. รˆ lโ€™esatto contrario dello stare seduti pigramente e orgogliosamente nella sinagoga di Antiochia. A chi lo ascolta e a chi lo segue (lโ€™unico modo per seguirlo รจ ascoltarlo mentre parla e cammina per le vie del mondo) promette la vita eterna: nessuno dei suoi andrร  perduto, dice Gesรน con la sicurezza di chi sa di avere un potere piรน forte persino della morte. E aggiunge: โ€œNessuno le rapirร  dalla mia manoโ€. Si tratta di un pastore buono, forte e geloso delle sue pecore. La vita di quelli che lo ascoltano รจ nelle mani di Dio; mani che non dimenticano e che sanno sostenere sempre.

Lโ€™Apocalisse (7,9.14-17) apre davanti ai nostri occhi la visione di โ€œuna moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti allโ€™ Agnello, avvolti in vesti candideโ€ (v. 9). รˆ lโ€™immagine della fine della storia, ma anche del fine di essa: quella moltitudine รจ ciรฒ verso cui ci conduce il Buon Pastore. Ed รจ proprio questa visione che i credenti e gli uomini di buona volontร  sono chiamati a realizzare giร  oggi, in particolare in questo momento storico, nel quale assistiamo a un mondo in cui i singoli e le nazioni (compresi i gruppi etnici) sono tesi piรน che alla comunione, alla rivendicazione dei propri diritti. Tuttavia, quello che resta spesso sottaciuto รจ proprio questa visione dellโ€™unitร  del genere umano che รจ, al fine, โ€œla missione storicaโ€ di Gesรน. Lโ€™Apocalisse rappresenta il contrario di quello che accadde ai giudei di Antiochia di Pisidia; la predicazione ruppe i confini angusti di quelle persone religiose e si proiettรฒ verso il vasto mondo degli uomini. Il Vangelo allarga il cuore di ogni credente, perchรฉ scardina radicalmente la radice amara dellโ€™individualismo egoista e violento. Nel cuore di ogni singolo membro di quella โ€œmoltitudineโ€ di cui parla lโ€™Apocalisse (ne fanno parte anche coloro che, senza saperlo, sono animati dallo spirito di Dio), si coglie il respiro universale che sorregge il cuore stesso del Buon Pastore. In questa domenica la Chiesa invita a pregare per i sacerdoti e per il loro compito pastorale. E una preghiera che ci coinvolge ben sapendo che tutti, ma loro in particolare, debbono vivere il respiro di quella caritร  universale caratteristica del Vangelo cristiano.

mons. Vincenzo Paglia

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IV Domenica del Tempo di Pasqua

Gv 10, 27-30
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesรน disse: ยซLe mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperร  dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, รจ piรน grande di tutti e nessuno puรฒ strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa solaยป.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 17 – 23 Aprile 2016
  • Tempo di Pasqua IV, Colore bianco
  • Lezionario: Ciclo C, Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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